Tensione Francia-Italia, dall’energia al debito: tutti i dossier a rischio (anche per l’Eliseo)

I commissari Gentiloni e Breton in prima linea per un nuovo “Recovery”

Tensione Francia-Italia, dall’energia al debito: tutti i dossier a rischio (anche per l’Eliseo)
Tensione Francia-Italia, dall’energia al debito: tutti i dossier a rischio (anche per l’Eliseo)
di Gabriele Rosana
Venerdì 11 Novembre 2022, 00:17
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Tetto al prezzo del gas, eurobond contro il caro-bollette e riforma soft del Patto di stabilità. L’asse tra Italia e Francia in Europa si muove tutto attorno all’agenda economica Ue: dossier delicati e di non facile definizione su cui Roma e Parigi si consultano a livello tanto tecnico quanto politico, nello spirito del Trattato del Quirinale che tra appena due settimane compirà un anno, e fanno quadrato. E, spesso congiuntamente, vanno in pressing per vincere le resistenze di Berlino e della stessa Commissione Ue. Insomma, se il dossier migrazione mette sotto stress le relazioni bilaterali, dall’altra parte c’è una serie di temi su cui invece il fronte comune ha finora retto, e che è nell’interesse anche di Parigi non far traballare. In un momento in cui, oltretutto, dopo la tregua armata della pandemia, torna a farsi sentire a Bruxelles la contrapposizione tra i blocchi di falchi e colombe, con la Germania determinata a non indietreggiare di un passo sul no a misure improntate a maggiore solidarietà fiscale chieste da Italia e Francia. 

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ENERGIA

Dopo alcune cautele, due mesi fa la Francia ha rotto gli indugi e si è associata alla pattuglia sempre più nutrita di Paesi Ue che hanno chiesto alla Commissione inizialmente un “price cap” su tutte le importazioni di gas, ipotesi che ha visto l’Italia in prima linea, e quindi, nel tentativo di trovare un compromesso e convincere l’esecutivo Ue, un tetto dinamico e temporaneo al prezzo del metano scambiato sulla piazza di riferimento di Amsterdam, il Ttf. È l’ipotesi che adesso la Commissione potrebbe ulteriormente ammorbidire, in una riunione attesa oggi, ma Roma e Parigi si trovano dalla stessa parte della barricata: pronte a bloccare tutto il pacchetto energia, acquisti congiunti e nuovo benchmark per il gas compresi, finché non ci sarà l’intesa sul “price cap” dinamico.

In Francia, del resto, prende corpo il timore di blackout prolungati questo inverno, se famiglie e imprese non si affretteranno a tagliare i consumi. 

DEBITO COMUNE

Strettamente connessa agli interventi contro il caro-bollette (tra cui gli aiuti di Stato alle imprese energivore) è l’idea di ripetere, pur se in maniera selettiva, l’esperienza del debito comune garantito a Ventisette, per finanziare un piano di sostegni su scala europea in grado di alleviare i costi energetici. Si tratta dello Sure bis, un nuovo schema modellato sulla “cassa integrazione Ue” adottata all’inizio dell’emergenza Covid-19, e attraverso cui erogare prestiti agevolati agli Stati membri. L’iniziativa darebbe margini di azione contro i rincari pure a quei Paesi che non hanno sufficienti spazi di manovra fiscale, a differenza della Germania (che ha invece messo a punto un piano federale su più anni dal valore di 200 miliardi di euro), come hanno espressamente indicato i commissari europei Paolo Gentiloni e Thierry Breton in un intervento congiunto. I due esponenti dell’esecutivo Ue, cioè, con passaporto rispettivamente italiano e francese: un dettaglio non da poco e che non è passato inosservato, anche perché già a marzo erano stati Draghi e Macron a invocare per primi un “Recovery dell’energia”. 

PATTO DI STABILITÀ

Quella sulla disciplina di bilancio è la principale battaglia su cui i Ventisette si misureranno nel 2023 e che i Paesi ad alto debito come l’Italia (150% del Pil) e quelli appena sotto come la Francia (115%) monitorano da vicino. Mercoledì scorso, dopo due anni e mezzo di rinvii fra pandemia e guerra, la Commissione ha illustrato la sua proposta di riforma che chiude l’era dell’austerità: i target figli di Maastricht, che fissano il rapporto deficit/Pil al 3% e debito/ Pil al 60%, non vengono toccati, ma sono le regole sui conti pubblici a essere rimodernate in concreto, in un senso realistico e votato alla crescita caro a Roma e a Parigi. Non ci sarà più una norma unica valida per tutti (com’è stato il caso del mai davvero rispettato taglio di un ventesimo all’anno della quota di debito in eccesso); il parametro di riferimento sarà flessibile, “cucito” su misura su ogni Stato, sul modello del Pnrr e su un orizzonte di quattro anni. Nel negoziato, però, Roma e Parigi puntano a strappare maggiori concessioni sul capitolo sorveglianza di Bruxelles e sulle sanzioni per i Paesi che non rispettano gli impegni.

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