Vaccino, minacce e ultimatum contro i Ni-vax: pugno duro dei presidenti di Regione (per evitare nuove chiusure)

Vaccino, minacce e ultimatum contro i Ni-vax: pugno duro dei presidenti di Regione (per evitare nuove chiusure)
Vaccino, minacce e ultimatum contro i Ni-vax: pugno duro dei presidenti di Regione (per evitare nuove chiusure)
di Diodato Pirone
Domenica 29 Agosto 2021, 13:46 - Ultimo agg. 30 Agosto, 10:59
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Come per le guerre, non c'è alcun dubbio sul fatto che la pandemia cambierà a fondo non solo le nostre vite ma anche molti degli equilibri politici e culturali che hanno scandito la vita degli italiani negli ultimi decenni. La pressione del Covid-19 sulle persone e sul sistema politico-istituzionale è enorme e, non a caso, sta facendo emergere figure e modi di far politica del tutto inediti per l'Italia. Nei giorni scorsi ad esempio è esplosa una sorprendente aggressività di alcuni presidenti di Regione che hanno rotto tutti i tabù del politichese corretto arrivando ad attaccare larghe fasce dei propri elettori che non si sono vaccinati. Niente più blandizie, addio alle parole dolci e invece ecco spuntare vere e proprie minacce, ultimatum, persino l'ombra degli insulti, tanto che qualcuno ha parlato di sortite fasciste e di manganellatori.

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Minacce e ultimatum contro i Ni-vax


Il manganello no, ma è un fatto che i presidenti regionali hanno sfoderato le armi pesanti. Non tanto contro le piccole minoranze dei no vax quanto contro le centinaia di migliaia di ni vax, cioè gli italiani indifferenti o indecisi verso il vaccino. E questo significa mettere a rischio quote di voti. Ma ecco i fotogrammi principali di un film inedito per la nostra politica paludata. A dare fuoco alle polveri è stato il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che il 25 agosto si è rivolto così ad una platea di neoassunti in un'azienda regionale: «Basta giri di parole. Se volete lavorare dovete immunizzarvi». Passano un paio di giorni e un politico moderatissimo e sempre attento a calibrare le parole come Eugenio Giani, presidente della Toscana, spara a sorpresa la seguente frase: «Il virus circola grazie ai non vaccinati. Da ottobre chi non mostra interesse per la salute pubblica non esca più da casa, non può fare la stessa vita di chi si vaccina e tutela la comunità».
De Luca e Giani sono esponenti del centro-sinistra.

 

Il centrodestra

E dall'altra parte della barricata? Nel centro-destra si segnala la netta irritazione per il comportamento dei suoi concittadini-elettori da parte del presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, da domani alla guida dell'unica regione italiana in zona gialla. «Non si può subire ancora l'egoismo di una minoranza e neanche l'ipocrisia di qualche politico alla ricerca di facile consenso» ha sgomitato Musumeci il 27 agosto a Catania .

Il presidente della Sicilia ha varato anche qualche provvedimento puntuto come la collocazione di un paio di grossi comuni siciliani direttamente in zona arancione (con bar e ristoranti chiusi e relativa rivolta degli operatori) e altri 53 con l'obbligo di mascherina all'aperto.

La strategia


E' evidente che le provocazioni di De Luca, Giani e Musumeci sono solo la punta di un iceberg. I presidenti di Regione sono in prima linea contro il Covid da 18 mesi, sentono sul collo il fiato della variante Delta e temono nuove chiusure. De Luca deve vaccinare ancora 1,3 milioni di persone su 5,8 milioni di campani, Giani oltre 600.000 su 3,7 milioni di toscani e Musumeci addirittura 1,6 milioni su 4,9 milioni di siciliani. Con le spalle al muro di fronte ad un virus imprevedibile, i Presidenti regionali non si sentono tutelati dal governo centrale e hanno rispolverato un profilo macho e decisionista che è sempre stato presente nella politica e nell'alta burocrazia italiana ma che raramente è uscito allo scoperto. La domanda che si fanno ora molti osservatori è se queste sortite siano il preludio ad una svolta autoritaria oppure un segnale di nervosismo di élite in affanno oppure ancora una manifestazione di buon senso di amministratori consapevoli e di buona qualità.
In attesa che il boccino si fermi sulla risposta giusta, forse va fatta un'ultima riflessione sui meccanismi di governo italiani. I presidenti di Regione durano 5 anni. I governi nazionali no. Forse questa debolezza intrinseca dei nostri esecutivi obbliga i ministri a non alzare mai la voce. Ma possiamo ancora permettercelo? L'indifferenza di milioni di non vaccinati non è affare solo delle Regioni. E non è che l'inizio.

 

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