Green pass, Zaia: «Controlli alle frontiere e chiusure solo per non vaccinati»

Il presidente del Veneto: «Ho proposto al governo il test obbligatorio all’ingresso»

Zaia: «Ora tornino i controlli Covid alle nostre frontiere»
Zaia: «Ora tornino i controlli Covid alle nostre frontiere»
di Francesco Malfetano
Martedì 23 Novembre 2021, 01:00 - Ultimo agg. 24 Novembre, 09:14
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I capisaldi sono due: il primo è non chiudere più, il secondo dare una risposta a chi si è vaccinato». Il governatore del Veneto Luca Zaia, a riunione con il governo appena conclusa, è quello di sempre: consapevole «che non è il momento di far polemiche», ma anche «concreto» e quindi convinto che sul fronte delle restrizioni anti-Covid sia necessario agire prima che sia troppo tardi. 

Presidente Zaia, com’è andato l’incontro con il governo?
«Direi molto bene.

C’è stato un confronto sereno. Tutte le Regioni hanno portato la loro preoccupazione e tutte hanno rimarcato che i non vaccinati, nonostante siano minoritari nella nostra comunità, hanno un impatto notevolissimo a livello sanitario. Il governo ha preso nota delle nostre posizioni e a breve interverrà con un provvedimento».


La situazione d’altronde impone una stretta. I dati iniziano a diventare preoccupanti.
«Che ci sia una recrudescenza del virus è sotto gli occhi di tutti. Ma dobbiamo sottolineare che per fortuna questa ondata propone uno scenario diverso dagli altri. E lo fa perché ci sono i vaccinati, altrimenti saremmo di nuovo in piena emergenza. Le parlo del Veneto perché conosco meglio i numeri: oggi abbiamo avuto un migliaio di contagiati e 450 ricoverati, di cui 71 in terapia intensiva. L’80% di questi sono non vaccinati. Per cui la nostra valutazione, mia e dei miei colleghi governatori, è che il vaccino funziona, riesce a limitare l’impatto sul sistema sanitario. Ma come mostrano le situazioni attorno a noi le cose possono peggiorare rapidamente. Se dovessero farlo, però, non possiamo permetterci di chiudere di nuovo». 


D’accordo. Ma come si fa?
«Lo strumento ormai lo conosciamo, sono le zone a colori. Hanno dimostrato di funzionare e non avrebbe senso accantonarle. Vanno solo adattate alla situazione attuale».


Quindi prevedendo le eventuali restrizioni solo per le persone non vaccinate?
«Certo. Vede noi oggi siamo tutti in zona bianca ma a rischio di passare in zona gialla nelle prossime settimane. Cosa accadrebbe a quel punto?».

 


Tornerebbero le restrizioni. L’obbligo di mascherina all’aperto ad esempio, ma anche i limiti alle capienze di cinema e teatri. Oppure la chiusura delle discoteche e la possibilità di sedere solo in 4 nei ristoranti al chiuso. 
«Tutte limitazioni giuste che oggi però, grazie al vaccino, non è necessario che siano imposte a tutti. Già in giallo avrebbero un impatto forte sulle attività e i cittadini. Ricordiamo poi che se si va in arancione si chiudono anche i confini comunali. Le zone rosse non voglio neppure nominarle invece».


Per cui la vostra proposta al governo è chiusure solo per i No vax fin dalla zona gialla oppure già in zona bianca? 
«No, non parliamo di colori. Le Regioni chiedono di applicare in maniera differenziata le restrizioni tra vaccinati e non vaccinati. L’importante, appunto, è che sia chiaro che ci sono due capisaldi e il primo è non chiudere più». 


Lei guarda con preoccupazione della situazione di alcuni Paesi attorno a noi. Non sarebbero opportuni più controlli su chi arriva dall’estero?
«Dal punto di vista sanitario si è rovesciata la situazione a nostro favore. Io quindi tornerei alle vecchie pratiche dei tamponi agli aeroporti e dei controlli per chi arriva dai Paesi più in difficoltà. Anche la Germania li fa, non vedo quale possa essere il problema. Lì c’è una frontiera sanitaria, e ho chiesto al governo che venga imposta di nuovo anche qui». 


Parlando di controlli, ma non se ne fanno meno sui Green pass?
«Nelle imprese, almeno in Veneto, si fanno. Nei ristoranti la tensione è un po’ calata. Magari servirebbe un richiamo per capire di nuovo che bisogna fare lavoro di squadra. Però non sono di quelli che crede che il mondo possa andare avanti a multe». 


Tra le proposte sul tavolo c’è pure quella di ridurre la durata dei tamponi da 48 a 24 ore. Che ne pensa?
«Deciderà il Cts, io mi rimetto alla comunità scientifica. Per onestà devo ricordare che io qualche mese fa ero tra quelli che chiedevano l’estensione a 72 ore e allora ci fu spiegato che la situazione epidemiologica non lo avrebbe permesso. Anche questa volta saranno l’andamento dei contagi e le ospedalizzazioni a decidere».


Lei ha appena pubblicato un libro dal titolo “Ragioniamoci sopra”. Il titolo ha qualcosa di definitivo. I ragionamenti di solito, specie per un politico pragmatico come lei, si fanno prima di iniziare qualcosa o a posteriori. Quale delle due?
«Nessuna. Rimarrà deluso chi penserà di trovare un manifesto politico all’interno di questo libro. E non è neanche la celebrazione della fine del Covid. Ho messo per iscritto sulla quarta di copertina entrambe le cose un mese fa, in tempi non sospetti, prima di mandare il testo in stampa». 


Eppure qualche divisione nella Lega è venuta fuori. E spesso lei è dato come protagonista nel cosiddetto “fronte dei governatori”. 
«Io penso che il dibattito sia assolutamente normale in un partito. Specie in uno grande come il nostro, che di certo non fa le riunioni in cabine telefoniche. E poi vorrei ricordare che la Lega è un insieme di leghe regionali che hanno storie diverse ed estrazioni politiche diverse. Il confronto è il sale delle democrazia. Ma la Lega è un partito granitico, non ci sono correnti».

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