Adelaide Andriani, la giovane dottoressa aggredita tre volte: «Basta, cambio lavoro»

L’ultimo episodio a Udine: il raptus dell’accompagnatore di un paziente

Adelaide Andriani, la giovane dottoressa aggredita tre volte: «Basta, cambio lavoro»
di Valentina Arcovio
Mercoledì 11 Gennaio 2023, 00:26 - Ultimo agg. 25 Febbraio, 16:19
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Sotto il colletto due segni rossi. Sono la prova di una brutale aggressione, l’ennesima a carico di un medico. Questa volta la vittima è Adelaide Andriani, 28 anni, specializzanda in Chirurgia generale: lo scorso sabato la giovane dottoressa è stata quasi strangolata dall’accompagnatore di un paziente all’esterno della Guardia Medica dell’ospedale Gervasutta, a Udine. I lividi dell’aggressione andranno via fra qualche settimana, ma l’accaduto ha lasciato cicatrici ben più profonde.

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Dottoressa aggredita

Tanto che il giovane medico ha dichiarato che lascerà presto la professione.

A rendere pubblico l’accaduto è stata Giada Aveni, dottoressa 30enne e collega della donna aggredita, in un lungo post diffuso sui social e corredato dalle immagini dei lividi della vittima. «Fare il medico … c’è chi dice che è una vocazione e lo è sicuramente, ma è altrettanto certo che al giorno d’oggi è una sfida, soprattutto in contesti come la guardia medica», scrive Aveni. «Non è possibile – continua – che un medico nell’esercizio delle proprie funzioni venga aggredito per aver invitato un paziente, dopo avergli prestato le cure ritenute opportune, a recarsi in pronto soccorso nel suo interesse; non è ammissibile rischiare la propria vita sul posto di lavoro perché non si è abbastanza tutelati, perché spesso il medico di continuità assistenziale viene considerato un medico di serie B». Dal racconto delle due dottoresse, il paziente era calmo nonostante la ferita alla gamba. Al contrario, l’accompagnatore si è agitato dopo aver saputo che le due dottoresse hanno consigliato al suo amico di andare in Pronto Soccorso. Ha iniziato a urlare e a insultare fino poi ad aggredire la dottoressa Andriani che non nasconde di aver temuto per la sua vita. «Mi ha messo le mani al collo e per qualche istante non sono riuscita a respirare, sentivo che l’aria non passava. Ho pensato: adesso muoio soffocata», ha raccontato ai carabinieri. Grazie alla collega Aveni è riuscita a liberarsi dalla presa del suo aggressore che è poi scappato prima dell’arrivo dei carabinieri.


Per la giovane Andriani quanto accaduto è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. In passato aveva subito altre due aggressioni nel carcere di Udine, dov’era stata chiamata sempre come medico di continuità assistenziale. Andriani, insieme ad Aveni, prestano infatti servizio come libere professioniste. Sono i cosiddetti «medici a gettone». Ora Andriani sembra decisa a cambiare professione. La collega Aveni, invece, continuerà per la sua strada. Ma non in silenzio. «Faccio appello a che questo post si diffonda - scrive sui social - perché non posso pensare che un’altra persona ancora, dopo la mia collega, rischi di essere strangolata dall’accompagnatore di un paziente o da chicchessia. Non deve esistere che una persona, un medico venga ingiuriato e minacciato fisicamente e verbalmente come è successo alla sottoscritta! Chiediamo più tutela nello svolgimento del nostro lavoro!».


IL RAPPORTO
Il problema delle aggressioni agli operatori sanitari sta diventando sempre più serio. «Gli episodi di aggressione ai medici stanno aumentando in maniera esponenziale», dice Filippo Anelli, il presidente della Fnomceo. Secondo un recente rapporto dell’Inail, ogni anno in Italia si verificano almeno 2500 episodi violenti nei confronti dei professionisti della sanità, ma per gli addetti ai lavori il dato è addirittura sottostimato. «Non è accettabile che i nostri operatori sanitari si ritrovino a dover subire insulti, aggressioni verbali o fisiche o rischiare la loro vita mentre ne stanno salvando altre», commenta Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi. Dal ministero della Salute vengono annunciati provvedimenti. «Da subito - riferisce il ministro Orazio Schillaci - ho chiesto di efficientare le attività di monitoraggio e prevenzione in capo all’Osservatorio nazionale, previsto dalla legge 113/2020 per la sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, così come intendo rendere nuovamente operativo il Comitato nazionale per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive, fermo dal luglio scorso. Il Piano nazionale della Prevenzione, inoltre - aggiunge - prevede una specifica azione centrale proprio in tema di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, con l’obiettivo di promuovere e ampliare le tutele in maniera integrata, approccio che rappresenta un punto chiave all’interno dei progetti finanziati nell’ambito del Piano nazionale complementare al Pnrr».
 

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