Roma, aggressione all'Umberto I: faro sul giudice che liberò il nigeriano violento

Roma, aggressione all'Umberto I: faro sul giudice che liberò il nigeriano violento
di Michela Allegri
Venerdì 7 Giugno 2019, 08:05 - Ultimo agg. 18:06
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ROMA Arrestato per resistenza a pubblico ufficiale, dopo avere scontato un cumulo di pene per lesioni e violenza sessuale. Gravato da un procedimento di espulsione. Processato per direttissima e subito liberato per ordine del giudice Maria Concetta Giannitti, ha quasi ucciso di botte un portantino del policlinico Umberto I di Roma. Poi è fuggito ed è stato di nuovo ammanettato dopo avere schiaffeggiato una donna alla stazione Termini.

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Ora, sul caso del nigeriano Alukwe Okecku, interviene il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che ha deciso di inviare una segnalazione all'Ispettorato e attende risposte per capire quali siano state le falle nelle procedure che hanno consentito allo straniero di seminare il panico tra le strade della Capitale. Il passo successivo potrebbe essere l'invio ufficiale degli ispettori negli uffici di piazzale Clodio. Un caso che ha scatenato il dibattito politico, con il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, in prima linea in una giornata calda: quella successiva allo scontro aperto con i giudici che in alcune sentenze hanno messo in dubbio zone rosse e Decreto sicurezza. «A casa! Come promesso, e grazie alle Forze dell'Ordine, l'immigrato nigeriano violento che aveva preso a calci e pugni un infermiere a Roma è già stato preso e sarà rapidamente e definitivamente espulso», ha scritto il leader della Lega su Facebook. «Ho personalmente chiamato i Carabinieri per congratularmi per l'arresto - dice invece il presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni - Tolleranza zero per questo criminale: sia espulso domattina e sconti la pena a casa sua».
 


LA POLEMICA
Ma il fronte della polemica riguarda le esternazioni di due giorni fa, quando il vicepremier ha puntato il dito contro Luciana Breggia, presidente della sezione specializzata in materia di immigrazione del Tribunale di Firenze, che non ha accolto il ricorso del ministero contro la decisione che disponeva l'iscrizione nel registro anagrafico di due cittadini stranieri, Rosaria Trizzino, che ha bocciato l'ordinanza prefettizia sulle zone rosse in città, e Matilde Betti, giudice del Tribunale di Bologna. Quei magistrati, secondo Salvini, non sarebbero super partes, perché in passato hanno espresso pubblicamente posizioni contrarie alla politica del governo, in particolare in tema di immigrazione. Dopo quelle dichiarazioni si è scatenato il putiferio, con la presidente della Corte d'Appello di Firenze, Margherita Cassano, che ha parlato di «linciaggio morale» a cui sono state «ingiustamente sottoposte» le colleghe «esposte per i gravi attacchi subiti a pericolo per l'incolumità». La Cassano ha poi chiesto al Csm l'apertura di una pratica a tutela, riaffermando «il diritto di ogni magistrato, in nome della libertà di manifestazione del pensiero costituzionalmente sancita, di partecipare alle iniziative culturali e scientifiche che costituiscono un ineliminabile momento di confronto, nella consapevolezza che il pluralismo culturale è il fondamento di ogni Stato democratico». Una richiesta avanzata anche dai consiglieri del Csm di Area. La presidente della Corte d'Appello fiorentina ha quindi sottolineato che il Viminale si sarebbe potuto costituire in giudizio nella causa del richiedente asilo per l'iscrizione all'anagrafe. Facoltà che non è stata esercitata.

LA REPLICA
A stretto è arrivata la replica del leader leghista: «Nessun linciaggio, nessuna minaccia, nessun dossier - ha detto Salvini - ho intenzione di usare tutti gli strumenti previsti dall'ordinamento per sapere se è normale e opportuno che alcuni magistrati, pubblicamente schierati contro la politica del governo, abbiano giudicato in cause che coinvolgevano il Viminale». Poi, ha aggiunto: «Proprio per rispetto del 99% dei giudici che lavora obiettivamente, è doveroso segnalare quei pochissimi che utilizzano la toga per fare politica». Tenta di smorzare la polemica il Guardasigilli: «Non mi risulta che troppi giudici facciano politica. Ma che ci sia la stragrande maggioranza di magistrati che lavorano ogni giorno e portano avanti la macchina della giustizia con passione e coraggio», ha sottolineato Bonafede. Mentre per il presidente dell'Anac, Raffaele Cantone, «i giudici che esprimono la propria opinione esercitano un diritto costituzionale».
Ma la bagarre con la magistratura si allarga, e Salvini viene criticato anche dai procuratori di Prato e Monza, irritati perché il ministro ha anticipato degli arresti e delle operazioni di polizia in corso.
Lo scontro Viminale-magistratura non è una novità, con le polemiche per l'iscrizione sul registro degli indagati del leader della Lega per i casi Diciotti - il Senato ha bocciato la richiesta di autorizzazione a procedere del Tribunale dei ministri di Catania - e Sea Watch: «Mi aspetto un'altra richiesta di processo perché ho bloccato un barcone», ha detto Salvini.
Una polemica proseguita anche per le vicende giudiziarie dei sottosegretari della Lega, da Armando Siri ad Edoardo Rixi.

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