Alessia Pifferi, la sorella in aula con la foto della piccola Diana: «Lei deve pagare per ciò che ha fatto»

Oggi la prima udienza del processo in cui la donna è accusata di omicidio volontario aggravato per aver lasciato morire di stenti la figlia di un anno e mezzo

Alessia Pifferi, la sorella in aula con la foto della piccola Diana sulla maglia: «Lei deve pagare per ciò che ha fatto»
​Alessia Pifferi, la sorella in aula con la foto della piccola Diana sulla maglia: «Lei deve pagare per ciò che ha fatto»
Lunedì 27 Marzo 2023, 13:28 - Ultimo agg. 28 Marzo, 00:06
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«Aveva diritto di vivere, non di pagare per sua madre». È lo sfogo di Viviana, sorella di Alessia Pifferi e zia della piccola Diana morta di stenti a 18 mesi abbandonata in casa dalla madre 37enne. Lei e la nonna della bambina si costituiranno parte civile. In tribunale, a Milano, in Corte di Assise si è celebrata la prima udienza del processo per omicidio volontario pluriaggravato alla donna. Il presidente Ilio Mannucci Pacini ha rinviato tutto all’8 maggio per permettere al nuovo avvocato della donna, Alessia Pontenani, di studiare gli atti. L’imputata rischia l’ergastolo. La zia, assistita dal legale Emanuele De Mitri del foro di Milano, si costituirà parte civile. «Mia sorella deve pagare», ha ripetuto in lacrime Viviana Pifferi. «Diana era la bimba più bella del mondo, non si meritava tutto questo, lei deve pagare per ciò che ha fatto».

 


SEI GIORNI<QA0>
Alessia Pifferi è accusata di omicidio volontario aggravato per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di quasi un anno e mezzo, abbandonandola da sola in casa per sei giorni.

Sua sorella Viviana si è presentata in aula in Corte d’Assise a Milano con una maglietta addosso con stampata la foto della nipote. Nella prossima udienza, come ha spiegato il legale Emanuele De Mitri che rappresenta madre e sorella di Alessia Pifferi, rispettivamente nonna e zia della bimba deceduta, le sue assistite si costituiranno parte civile contro la 37enne, in carcere da fine luglio scorso nell’inchiesta della Squadra mobile di Milano, coordinata dai pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro.


La Procura di Milano, intanto, ha contestato nell’imputazione di omicidio volontario anche l’aggravante della premeditazione e di aver ucciso per motivi futili e abietti. La piccola, scrivono i pm nell’imputazione, venne lasciata «priva di assistenza e assolutamente incapace, per la tenerissima età, di badare a se stessa, senza peraltro generi alimentari sufficienti e in condizioni di palese ed evidente pericolo per la sua vita, pure legate alle alte temperature del periodo».

Tutto ciò causò «nella minore una forte disidratazione» che portò alla morte. Dopo aver chiuso la porta di casa, la donna se ne era andata dal compagno, che non è il padre della bambina, in provincia di Bergamo. I legali della donna hanno provato a chiedere il rito abbreviato, ma l’istanza è stata respinta in base alle normative. La difesa potrebbe puntare su un’istanza di perizia psichiatrica per valutare un eventuale vizio di mente al momento dei fatti. Nella prossima udienza saranno trattate le questioni preliminari e la fase dell’ammissione prove. Il processo, ha spiegato il presidente della Corte, sarà trattato «tra la seconda metà di giugno e la prima metà di luglio» e si potrebbe chiudere anche prima dell’estate. Oppure a settembre. 


LA FAMIGLIA CONTRO <QA0>
Tra i familiari di Alessia, dopo la morte di Diana, c’è stato subito un profondo disprezzo. La madre di Alessia, Maria, aveva definito su Facebook la figlia «un mostro». «L’ho scritto in un momento di rabbia – aveva poi spiegato –. Comunque non voglio più saperne di lei: per me non esiste più». Parole forti, che ricalcano anche quanto detto dall’ex marito della Pifferi, Francesco, dal quale la donna si era separata nel 2017. «Come può aver fatto questo per andare da un uomo?», riferendosi al fatto che la sua ex aveva lasciato sola la figlia per raggiungere il compagno a Leffe, nella Bergamasca. 


LA LETTERA <QA0>
A settembre Alessia, dal carcere, aveva scritto una lettera per spiegare come si sentiva in quei giorni. «Sento il bisogno di avere persone vicino a me, anche se giudicano male. Non mi sento di parlare di oggi e del papà di Diana perché sono fatti così delicati che potrei parlarne solo privatamente a lui. So solo che vorrei poter tornare indietro a quel giorno per non uscire e riavere la mia bambina». La missiva si conclude con una precisazione. «Io non ho mai detto che mia figlia era un intralcio nella mia vita e vorrei proprio sapere chi lo ha detto e perché. Ho semplicemente detto che è molto più difficile fare la propria vita con un figlio piccolo, ancora di più essendo una ragazza madre».
 

 

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