Il problema sono sempre i numeri. Perché in cinque anni hanno scandito il capitolo delle promesse e declinato il vizio conosciuto di non mantenerle. Se il sessanta è indicativo dei mesi di attesa da quel 24 agosto 2016 in cui alle ore 3.35 la terrà si ribaltò inghiottendo tra Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto 299 vite, 100mila abitazioni e vestì di incubi le notti di 600mila persone residenti nel cratere del sisma, i 12mila portati di nuovo a casa non sono molti. Perché ce ne sono almeno altri sessantamila in attesa di riprendere la loro abitazione. E quasi tutti con la casa danneggiata in modo grave. Un calcolo per difetto, ovviamente, che tiene conto degli abbandoni: oltre 20mila famiglie non rientreranno più nelle case perché non intendono ricostruirle. Con o senza contributo.
Il risultato di cinque anni di annunci e successive spallucce per i mancati risultati è scritto nero su bianco nel rapporto di Giovanni Legnini, l’ultimo commissario per la ricostruzione. E arriva nel giorno in cui è annunciata una nuova invasione della commozione e della solidarietà alla presenza, per la prima volta, del premier Mario Draghi.
Il commissario ci prova anche con le spiegazioni: «La semplificazione e le nuove procedure, in primis l’ordinanza 100 e l’introduzione dei Programmi straordinari di ricostruzione, hanno di fatto sbloccato una situazione di paralisi. Nell’ultimo anno sono state presentate un terzo delle richieste di contributo complessive, e approvate la metà delle domande, con la concessione di 2,7 miliardi di euro, con un’accelerazione che si è accentuata nel 2021».
Forte del vento favorevole, il commissario lancia un appello che, senza il conforto dei numeri, potrebbe sembrare impopolare: «Imprese e tecnici, venite a lavorare nel Centro Italia». Già, perché ora il problema è la scarsa disponibilità di risorse professionali in grado di garantire il ritmo di una ricostruzione che non può permettersi battute d’arresto. Ma i rischi sono anche altri: «La ricostruzione è nella fase matura, anche se sconta dei rischi dovuti alle dinamiche di mercato indotte anche dalla pandemia. Il ritmo, acquisito tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 nell’apertura di nuovi cantieri, ha subìto in primavera un rallentamento a causa dell’aumento dei prezzi dei materiali da costruzione, al quale si è fatto fronte, recentemente, innalzando la misura del contributo». Nel rapporto si evidenzia, inoltre che anche la ricostruzione pubblica, dopo anni di stasi, sta accelerando. La spesa, in questo periodo, è stata di 144 milioni di euro - nell’intero 2020 raggiunse i 62 milioni - portando il totale a 411 milioni di euro.
I numeri accendono i riflettori sui problemi e il rapporto mette in fila l’aritmetica del disastro. Sono due milioni e mezzo di tonnellate le macerie finora trascinate via dai luoghi della tragedia. I quantitativi residui da smaltire per mano pubblica, secondo una stima degli Usr, ammontano a 165mila tonnellate: il numero più alto è in Umbria (62.600), il più basso in Abruzzo (23.000). Polvere e sassi di case sbriciolate hanno sempre mostrato il limite delle promesse, soprattutto perché lasciate per quattro anni sotto le luci dell’inefficienza. È obbligatorio sperare, ma non necessariamente credere, perché la fede è sempre riservata a chi, seduto nelle file di sedie per i parenti dei morti, questa mattina ascolterà le nuove promesse da mantenere.