Ana Bettz, inchiesta «Petrol mafie»: chiesti 14 anni per la cantante e ereditiera del petroliere Sergio Di Cesare

Ana Betz, inchiesta «Petrol mafie», chiesti 14 anni di carcere per la cantante
Ana Betz, inchiesta «Petrol mafie», chiesti 14 anni di carcere per la cantante
di Erika Chielli
Lunedì 5 Settembre 2022, 22:45 - Ultimo agg. 7 Settembre, 08:36
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Anna Bettozzi si è fatta accompagnare dalla mamma, ma per non cadere dai vertiginosi tacchi a spillo mentre scendeva le scale del tribunale ha chiesto l’aiuto del suo avvocato. Sguardo sereno, portamento sicuro e labbra tinte di rosa, a completare il look total black un paio di occhiali da sole e due borse di Louis Vuitton. Si è presenta così in aula l’imprenditrice e cantante, in arte Ana Bettz, che nell’aprile del 2021 era finita in carcere nel filone romano dell’inchiesta “Petrol Mafie” e per la quale ora l’accusa ha chiesto 14 anni di reclusione. 


Lo Scico della Guardia di Finanza ha ricostruito un complesso meccanismo di frode fiscale nel settore degli oli minerali, che aveva portato all’emissione di 70 misure cautelari e al sequestro di beni per oltre un miliardo di euro. Al centro delle indagini condotte dalle Procure di Roma, Catanzaro, Napoli e Reggio Calabria è finita la “Max Petroli” (ora “Made Petrol Spa”) - società petrolifera che la Bettz ha ereditato dal defunto marito Salvatore Di Cesare – che secondo gli inquirenti riciclava il denaro di camorra e ndrangheta. I pm hanno formulato le richieste di condanna anche per gli altri imputati che hanno scelto il rito abbreviato, tra cui il nipote Filippo Bettozzi e la figlia Virginia Di Cesare, per i quali sono stati sollecitati rispettivamente 9 e 10 anni di reclusione.


I FATTI
Aveva ereditato una società sull’orlo del precipizio, ma nel 2018, in soli 36 mesi “l’imprenditrice prodigio” Anna Bettozzi era riuscita a far lievitare i conti della “Max Petroli”, creatura del suo defunto marito, passando da 9 a 370 milioni. Un’impresa mastodontica che l’ex cantante della scuderia di Lele Mora ha ricondotto spesso ai suoi rapporti con gli ambienti politici. Eppure la rifiorita e nuova “Made Petrol Spa”, affidata alla direzione della figlia Virginia Di Cesare, ha destato i sospetti delle Fiamme Gialle che indagavano già sui rapporti tra mafia e settore degli oli minerali. Fondamentali le intercettazioni telefoniche in cui la Bettz si vantava con la sorella di «avere dietro la camorra». Così, secondo gli inquirenti, l’imprenditrice riciclava i soldi di Antonio Moccia, boss dell’omonimo clan camorristico.


Tra queste attività vi è la pubblicità del 2019 in cui è stato testimonial l’attore Gabriel Garko pagato a sua insaputa - secondo la Procura di Roma - proprio attingendo alle liquidità donate dai boss. In un’intercettazione telefonica emergono, infatti, i dubbi dell’attore su alcuni dettagli del contratto: «Si era parlato del contratto in un certo modo - dice Garko al telefono con la Bettozzi - poi a me è arrivato un contratto fatto in un altro». La Bettz risponde: «100 in nero e 100 fatturato, sul contratto va messo solo il fatturato. Io ho creato un impero, tu ti fidi di me». Nel 2019, mentre doveva trovarsi ai domiciliari, è stata fermata con 300 mila euro in contanti a bordo della sua Rolls Royce mentre varcava la frontiera di Ventimiglia e, lo stesso giorno, nell’hotel dove alloggiava è stato trovato un milione e 400mila euro.
L’UDIENZA
Nell’udienza di ieri mattina a piazzale Clodio gli avvocati del collegio difensivo, Cesare Placanica, Gianluca Tognozzi, Pierpaolo Dell’Anno e Antonio Ingroia, hanno sostenuto: «l’inesistenza di ogni minima collusione con la criminalità organizzata confidando che l’effettiva comprensione dei meccanismi fiscali possa determinare l’esclusione degli altri profili di colpa». L’esito del processo a carico della Bettozzi, che ha proclamato la sua innocenza fin dall’inizio, è previsto per la fine di ottobre.
 

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