Setta della dieta: adepta schiavizzata e portata a pesare 35 chili

Setta della dieta: adepta schiavizzata e portata a pesare 35 chili
Mercoledì 14 Marzo 2018, 08:06 - Ultimo agg. 16 Marzo, 09:08
4 Minuti di Lettura

Una «psico-setta», che operava tra le Marche e l'Emilia-Romagna nel campo dell'alimentazione macrobiotica, è stata smantellata dalla polizia di Ancona al termine di una lunga e articolata attività d'indagine coordinata dalla procura distrettuale antimafia di Ancona. Le indagini, condotte dai poliziotti delle squadre mobili di Ancona e Forlì e supportate dalla squadra anti sette del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, hanno avuto inizio nel 2013 grazie alla denuncia di una ragazza, in passato vittima della setta, che ha raccontato ai poliziotti di aver creduto ai racconti sui benefici «miracolosi» della dieta elaborata dal capo della setta che, a suo dire, sarebbe stata in grado di guarire malattie incurabili per la medicina ufficiale.
 

 

Come fa sapere la polizia, al capo dell'associazione, un noto imprenditore del settore macrobiotico e ad alcuni membri, anch'essi indagati, sono stati contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, maltrattamenti, lesioni aggravate ed evasione fiscale.

Le indagini della Polizia hanno accertato che il rigido stile di vita imposto dal maestro, attraverso le diete MA.PI, (dal nome del maestro) in numero di 5 (gradualmente sempre più ristrette e severe) e le lunghe "conferenze" da lui tenute, durante le quali si parlava per ore della forza salvifica della sua dottrina alimentare, erano volte a plasmare un asservimento totale delle vittime.

Tutta la loro vita era gestita dal maestro, che si avvaleva dei suoi collaboratori prescelti, facenti parte della "segreteria", che attraverso i cd "capizona" e "capicentri", dislocati in varie parti d´Italia, all´interno dei "Punti Macrobiotici", riusciva a manovrare a suo piacimento il mondo macrobiotico. Gli adepti venivano convinti ad abbandonare il loro lavoro e in genere ad abiurare la precedente vita e a "lavorare" per l´associazione quale ringraziamento per il messaggio salvifico ricevuto; di fatto si trattava di sfruttamento, costretti a lavorare per molte ore e, nella migliore delle ipotesi, sottopagati.


Infatti, come ricostruito dalla polizia, approfittando dello status psicologico in cui versavano le vittime prescelte, attraverso il rigido controllo dell'alimentazione e la negazione del mondo esterno, soprattutto medico, manipolavano gli «adepti» arrivando gradualmente a gestirne l'intera vita e a pretendere da loro donazioni di denaro. Agli indagati vengono altresì contestati reati di natura finanziaria per aver evaso il pagamento di imposte per centinaia di migliaia di euro.

Una vittima della setta macrobiotica smantellata oggi dalla Polizia tra le Marche e l'Emilia Romagna era arrivata a pesare 35 chili dopo essersi sottoposta al ferreo regime alimentare imposto dalle diete Ma.Pi. Secondo quanto si è appreso, la ragazza quando ha deciso di intraprendere la dieta non aveva problemi di peso ma è stata comunque sottoposta ad una dieta da fame giungendo ad essere sottopeso.

Mario Pianesi dominava il settore dell'alimentazione macrobiotica in Italia, secondo gli investigatori, sfruttando «il lavoro degli adepti impiegati nei numerosi Centri riferibili all'associazione Un Punto Macrobiotico (Upm) sparsi sul territorio nazionale - si legge in un comunicato - che, di fatto, organizzavano un circuito di ristorazione a costo zero».
Il guru della «psico-setta a scopo economico» aveva creato alcune società a lui riconducibili. Pianesi «pretendeva dagli 'adeptì donazioni in denaro, a suo dire, ad esempio alla realizzazione di una grande clinica dove praticare cure alternative alla medicina ufficiale: chi non riusciva a pagare subiva una sorta di processo di fronte al guru e ad altri adepti e doveva fare autocritica». Gli adepti venivano costretti a lasciare la loro attività e a lavorare di fatto gratis per l'associazione di Pianesi. L'esame dei conti bancari, spiegano gli investigatori, «ha confermato come le ingenti somme venissero, alla fine, convogliate sui conti personali e dei familiari dei principali indagati».

© RIPRODUZIONE RISERVATA