Anzio e Nettuno in mano alle cosche: «Abbiamo sbancato». Ipotesi scioglimento

Anzio e Nettuno in mano alle cosche: ipotesi scioglimento. «Abbiamo sbancato»
Anzio e Nettuno in mano alle cosche: ipotesi scioglimento. «Abbiamo sbancato»
di Alessia Marani
Giovedì 17 Febbraio 2022, 22:31 - Ultimo agg. 18 Febbraio, 17:44
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Attentati incendiari, proiettili nelle buste indirizzate ai consiglieri, teste mozzate di animali come inquietanti messaggi di morte: da questi episodi i carabinieri del Nucleo Investigativo di via In Selci sono partiti per passare al setaccio i legami tra la ‘ndrina di Anzio e Nettuno e le amministrazioni locali. Adesso per i due Comuni del litorale a Sud di Roma si paventa l’ipotesi dello scioglimento. Un dejà vu per Nettuno che aveva già vissuto il commissariamento nel 2005. Gli atti delle indagini verranno vagliati in queste ore personalmente dal prefetto Matteo Piantedosi il quale se - come sembra emergere dalle informative raccolte dagli inquirenti coordinati dalla Dda - riterrà concrete le ipotesi di infiltrazioni mafiose nei gangli della macchina amministrativa provvederà all’insediamento di due distinte commissioni di indagine, una per ciascun ente, con il compito di approfondire lo status quo. Secondo quanto stabilito dall’articolo 143 sul Testo unico degli enti locali, ci saranno tre mesi di tempo, più altri tre se si riterrà necessario un supplemento di inchiesta, per poi decretare lo scioglimento. 

Per Candido De Angelis (non indagato), sindaco di Anzio per oltre tredici anni, significherebbe la debacle dopo una carriera politica costellata di successi.

Successi che, stando alle indagini dei carabinieri e della Direzione distrettuale antimafia presso la Procura di Roma, sarebbero stati ottenuti anche grazie all’apporto di membri dello Stato maggiore della ‘ndrina di Santa Caterina d’Aspromonte e di Guardavalle, ovvero autentici pezzi da novanta della malavita organizzata calabrese impiantati a due passi dalla Capitale, con pari dignità e poteri. Giuseppe Riggio e Antonio Riggio, due affiliati, intercettati dai militari l’11 giugno 2018, in piena campagna elettorale ad Anzio, parlano tra di loro. Giuseppe sta seguendo l’andamento dei voti nel seggio di Lavinio, Antonio è in Calabria. Un posto vale l’altro per loro, litorale laziale o Aspromonte, non c’è differenza. Commentano la imminente elezione di De Angelis. Antonio contatta Giuseppe: «Pare che è arrivato un messaggio che ce l’ha fatta!». E Giuseppe risponde: «Sbancau proprio», ossia «ha sbancato». Antonio replica: «Mo sono in arrivo qua al bar, che stamattina si decide anche qui». Antonio: «Dove?». Giuseppe: «A Guardavalle». 

Ieri mattina i carabinieri sono entrati nei due Comuni per effettuare le prime perquisizioni. In una stanza dell’Ufficio demanio di Anzio hanno sistemato le montagne di documenti sequestrati, quindi hanno posto i sigilli al locale. Tra le carte acquisite dai militari ci sono soprattutto le determine per l’affidamento di concessioni e appalti che riguardano i servizi comunali: rifiuti, mense, lavori pubblici, trasporti. Non ultimo le licenze commerciali e le concessioni balneari. Il sindaco De Angelis si dice certo di avere «sempre esercitato liberamente il mandato elettorale», confidando «nell’operato della magistratura». Il teorema degli inquirenti è chiaro. La succursale romana della ‘Ndrangheta funziona secondo lo stesso schema: voti in cambio di appalti tra fiumi di cocaina dal Sudamerica, i cui proventi vanno riciclati in attività “pulite”.

Succede così che la Camassambiente spa, con sede legale a Bari, nel 2016 si aggiudica l’appalto per i rifiuti ad Anzio, valore 38 milioni di euro. A fornire la lista delle persone da assumere ci pensavano direttamente i calabresi. Il responsabile comunale del procedimento nel commentare la presenza di diversi pregiudicati all’interno della società, parlando con un funzionario comunale ammette: «Li hanno messi loro... che li abbiamo messi noi? (...) Le liste ce le davano loro del personale da assumere... hai capito?». Tra i dipendenti figurava anche Salvatore Madaffari, figlio del capo della ‘ndrina Giacomo, ma al lavoro, manco a dirlo, non andava mai. L’ambiente è tra i principali settori a cui puntano gli ‘ndranghetisti.  

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La ‘ndrina si muoveva anche per allargarsi al vicino territorio di Latina. L’8 gennaio 2019, i carabinieri ascoltano una conversazione tra Davide Perronace e un uomo non meglio identificato. Quest’ultimo gli propone un affare che avrebbe in mente sfruttando la conoscenza di Angelo Ferullo (non indagato) già a capo del Latina calcio e di un altro “gancio”. Dice: «Questo ha una società che costruisce convertitori per bruciare rifiuti speciali, a impatto zero.. sta cosa se la dobbiamo fare la possiamo fare in Ghana, perché c’ho un aggancio forte al ministero dello sviluppo», salvo poi ripiegare su Ponza: «Siccome il Ghana è un paese sottosviluppato .. questa cosa però la possiamo fare anche a Ponza che non può trattare l’immondizia sul posto perché è un’isola...».

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