Argentario, la manovra disperata della barca a vela. Indagato anche lo skipper: «Andava a motore»

Argentario, la manovra disperata della barca a vela. Indagato anche lo skipper: «Andava a motore»
Argentario, la manovra disperata della barca a vela. Indagato anche lo skipper: «Andava a motore»
di Valeria Di Corrado, inviata a Grosseto
Mercoledì 27 Luglio 2022, 07:00
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Non sa se rivedrà la moglie viva, ieri è stato operato a una spalla e una gamba per le contusioni riportate nell’incidente in mare di sabato scorso nel canale dell’Argentario e dal suo letto di ospedale a Orbetello, Fernando Manzo, ha appreso di essere indagato per omicidio colposo aggravato, in relazione alla morte dell’amico antiquario della Capitale Andrea Coen, e danneggiamento con pericolo colposo di naufragio. Il paradosso è che, nel caso in cui dovesse essere ritrovata morta l’ex ginnasta Anna Claudia Cartoni (che avrebbe dovuto festeggiare il 31 luglio 60 anni), al 61enne romano, titolare della società Bio Impresa, potrebbe essere contestato anche l’omicidio colposo della sua consorte. «Si tratta di un atto dovuto, in considerazione della necessità di dover esperire accertamenti anche di natura irripetibile», si legge in un comunicato della Procura di Grosseto, guidata da Maria Navarro. Insieme a Manzo, il sostituto procuratore Valeria Lazzarini ha indagato per gli stessi reati l’imprenditore danese Per Horup, 58 anni, individuato come il conducente del motoscafo “Bibi Blue”, che ha speronato la barca a vela “Vahinè”.  

Nella nota diffusa dalla Procura si legge che «sono diverse le ipotesi al vaglio degli inquirenti e non è possibile ipotizzare una prima ricostruzione attendibile dei fatti. Al riguardo, si evidenzia che non risultano, allo stato, elementi circa la possibilità di utilizzo, da parte di uno dei natanti, del cosiddetto pilota automatico». L’ipotesi era emersa nei giorni scorsi, con riferimento al motoscafo, proprio perché Manzo aveva riferito subito dopo i soccorsi che l’imbarcazione che li aveva speronati sembrava non fosse governata da nessuno. L’indomani tale circostanza sarebbe stata confermata nel verbale di sommarie informazioni dalla 24enne Anna Maria Dürr, anche lei a bordo del motoscafo insieme al fidanzato 26enne Mikkel Horup (figlio del comandante Per Horup) e alla compagna di quest’ultimo, Tine Lehamann (53 anni).

La ragazza aveva in qualche modo confessato l’uso del pilota automatico - che invece è stato escluso dal perito dell’assicurazione del motoscafo - e la scarsa visibilità dovuta ai raggi del sole. «Parimenti, al momento - conclude la nota della Procura di Grosseto - non risulta che nessuno dei soggetti conducenti fosse in stato di alterazione da sostanze stupefacenti o alcoliche al momento del sinistro». 

In attesa che il pm nomini un consulente tecnico navale che faccia chiarezza sulla dinamica dello scontro, le due imbarcazioni restano sotto sequestro e i militari della Guardia Costiera di Porto Santo Stefano continuano a raccogliere elementi utili alle indagini. Quel che sembra assodato finora è che il motoscafo della famigliola danese (lungo 17 metri) procedeva a 36 nodi e la barca a vela della compagnia di amici romani (lunga 14 metri) navigava a 6 nodi: quindi a una velocità sei volte superiore. Già questo elemento fa pendere la bilancia delle responsabilità in capo all’imprenditore Per Horup. 

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La barca a vela proveniva dal Lido di Traiano ed era diretta veso l’Isola del Giglio. Il motoscafo, invece, proveniva da Giannutri ed era diretto all’Isola d’Elba. Le due imbarcazioni sono entrate in rotta di collisione nel tratto di mare a sud-ovest rispetto al promontorio dell’Argentario. Il “Bio Blue” dei danesi, pur arrivando presumibilmente da sinistra rispetto al natante dei romani, è andato a impattare con la prua contro il lato destro della poppa di “Vahinè” - come testimoniano gli evidenti danni lasciati sullo scafo - perché nel frattempo Fernando Manzo avrebbe effettuato delle virate di emergenza, facendo rigirare la barca. Lo strallo di poppa di “Vahinè” era integro; il motoscafo, quindi, non l’ha spezzato. Il fiocco di prua, invece, era avvolto. La barca a vela aveva una sola vela aperta e stava procedendo anche con il motore acceso. 

 

Secondo quanto dichiarato alla tv danese dall’altro figlio di Per Horup, Nik, ci sarebbe una responsabilità nell’incidente in capo alla barca a vela dei romani, consistente nel non aver dato la precedenza che spettava al motoscafo guidato da suo padre. Ma su questo punto, l’ex comandante della sala operativa della Capitaneria di porto di Livorno, oggi senatore del gruppo Misto, Gregorio De Falco è categorico: «Anche se procedeva a motore, quando la barca a vela ha una vela spiegata, ha la precedenza». Il parlamentare conosce bene quel tratto di mare, il 13 gennaio 2012 coordinò i soccorsi per la Costa Concordia, che si andò a schiantare contro gli scogli dell’isola del Giglio, e divenne famoso per il rimprovero al comandante Schettino: «Torni subito a bordo, c...!». «La Convenzione internazionale degli abbordi in mare prevede che l’imbarcazione che sopraggiunge debba prestare più attenzione nell’avvicinarsi allo scafo che procede a una velocità inferiore e dargli “acqua”, ossia spazio sufficiente per manovrare. Se il motoscafo ha colpito con la prua la poppa della barca a vela, c’è poco da discutere: la responsabilità è del primo. A maggior ragione se le condizioni di visibilità erano scarse, doveva navigare con più cautela». 

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