I «miracoli» di Ariano Irpino ancora immuni dopo un anno e protetti da un super-Dna

I «miracoli» di Ariano Irpino ancora immuni dopo un anno e protetti da un super-Dna
di Ettore Mautone
Mercoledì 11 Agosto 2021, 23:55 - Ultimo agg. 13 Agosto, 09:37
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I guariti dal Covid di Ariano Irpino (asintomatici, sintomatici o ospedalizzati) a distanza di oltre un anno dall’inione risultano ancora immuni dal virus con alti titoli di anticorpi protettivi circolanti. Uno scudo che perdura intatto più di quanto non accada per i primi vaccinati. In questi ultimi, nei pochi studi disponibili, si osserva invece un progressivo indebolimento della protezione immunitaria tanto da far pensare alla necessità di una terza dose soprattutto per le fasce di popolazione più suscettibili ed esposte. 

Era il 27 aprile del 2020 quando nel Comune irpino, diventato zona rossa, la Regione, tramite l’Istituto Zooprofilattico, il Cotugno e il Ceinge condusse un monitoraggio a tappeto sottoponendo tutti i residenti al tampone molecolare. A distanza di oltre un anno in 750 cittadini di quell’area i riscontri rivelano che la protezione resta ed è superiore a quella sviluppata con le vaccinazioni (prima e seconda dose). Il passo successivo è stato uno studio condotto con semplici prelievi di sangue per identificare gli anticorpi nelle categorie più esposte (forze dell’ordine, supermercati, farmacie, ospedali). Uno screening a tappeto su 13.444 residenti, quasi l’intera popolazione residente nell’area. Test per valutare gli anticorpi di fase acuta (poi monitorati a distanza di un anno con quelli di guarigione) e la suscettibilità genetica all’infezione. Furono così individuate 751 persone positive agli anticorpi e 250 altre protette geneticamente che non si sono mai ammalate. Studio che ora torna utile per verificare l’immunità a distanza di tempo visto che gli studi non hanno ancora ben chiarito né la durevolezza dell’immunità sviluppata naturalmente con la malattia né la durata (solo ipotizzata) dello scudo vaccinale.

«Bisogna considerare - avverte Luigi Atripaldi, primario di Microbiologia del Monaldi-Cotugno - che gli anticorpi non sono l’unico metro con cui misurare l’immunità soprattutto nei guariti.

Fondamentale è anche l’immunità cellulare, ossia quella che interviene con elementi killer che uccidono direttamente il virus e le cellule in cui si annida. Al pari dell’immunità basata su anticorpi anche questo secondo esercito sviluppa una memoria di cui non abbiamo traccia nei normali dosaggi di anticorpi fatti di routine». «Esistono particolari metodiche, oggi raffinate con kit di ultima generazione che, sempre sulla base di un prelievo di sangue - spiega Corrado Perriconi, ematologo - consentono di misurare anche questa seconda immunità, tipizzando i vari tipi di cellule che compongono l’esercito che ci difende da virus e altri microbi conferendoci immunità». 

«Di sicuro le varianti del virus - conclude Massimo Zollo, ordinario di Genetica della Federico II e ricercatore del Ceinge di Napoli coinvolto nello studio su Ariano - in particolare la Delta, puntano a minare l’efficacia dei vaccini e ciò vale anche per la protezione immunitaria sviluppata da chi è guarito dalla malattia. La natura del virus è adattarsi e mutare acquisendo nuove capacità di infettare e sopravvivere». Dunque anche i vaccini dovranno essere aggiornati. Una terza dose? «Potrebbe essere necessaria ma costruita su misura delle nuove varianti come si fa con l’influenza» sottolinea Alessandro Perrella, infettivologo del Cardarelli. «Esiste anche un’altra strada da percorrere parallelamente a quella dei vaccini - dice Zollo - lo sviluppo di terapie tese a ridurre l’espressione dei recettori nelle cellule del naso, del tratto faringeo o dei polmoni. La nostra scoperta in tale direzione pubblicata di recente su Science Signaling ha avuto molta risonanza». C’è poi l’aspetto che riguarda le persone geneticamente protette dall’infezione: gli asintomatici di Ariano o quelli che non hanno mai sviluppato malattia anche se a contatto con i malati hanno un Dna che produce proteine che ostacolano l’ingresso del virus o gli rendono la vita difficile.

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