Cori razzisti e ricatti al club,
la retata degli ultrà juventini

Cori razzisti e ricatti al club, la retata degli ultrà juventini
di Mary Liguori
Lunedì 16 Settembre 2019, 22:56 - Ultimo agg. 17 Settembre, 10:29
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Dall’invocare calamità naturali che radessero Napoli al suolo al chiedere ai partenopei di lavarsi col sapone. Dall’apostrofare con versi scimmieschi il baluardo della difesa azzurra, Kalidou Koulibaly, fino a evocare scenari di distruzione di remota memoria che vanno dal colera al terremoto. I pochi, ma tuonanti, secondi di cori dalla Curva Sud dell’Allianz Stadium di Torino sono costati alla Juventus 10mila euro e un turno di squalifica per il settore. «Speravamo due giornate, ma ci accontentiamo».
 
La strategia attuata in occasione di Juve-Napoli del 29 settembre 2018 è emblematica: prima del match, inscenano il funerale della Curva con tanto di bara «Curva b rip» e tifosi vestiti a lutto; nel secondo tempo minuti di silenzio si alternano con cori razzisti contro i napoletani. Ché, è bene dirlo, sono solo un mezzo per colpire il club «reo» di avere interrotto il flusso di biglietti verso i gruppi organizzati. Si canta perché il club venga sanzionato. «Allora, due cori contro il Napoli, uno contro la Fiorentina, comunque attaccate i napoletani», le indicazioni dei capiultrà ai lanciacori. Dalle pressioni in curva dipendono le concessioni del club in fatto di biglietti gratis da rivendere al doppio.

«A Berna ho visto un biglietto rivenduto a 1800 euro», dirà il manager della Juve ai pm. E che fosse un business redditizio lo si era capito quando Andrea Puntuorno, leader dei Bravi Ragazzi e del bagarinaggio juventino, a Report, dichiarò: «Con i soldi dei biglietti mi sono aperto due panetterie». «The last banner» è l’atto II di «Alto Piemonte», l’inchiesta che ha svelato questi e altri strani rapporti tra il tifo bianconero e certi dirigenti, ma anche le ingerenze del clan Dominello allo Stadium, tali da far sbottare Rosy Bindi, all’epoca presidente della commissione parlamentare antimafia, che rivolgendosi ad Andrea Agnelli affermò: «Come poteva credere, la Juventus, che un ragazzo potesse da solo tenere a bada tutti gli ultrà della curva? Un ragazzo che nelle intercettazioni parlava di Rosarno, di amici influenti e di altri capi ultrà che avevano paura di lui? Agnelli sarà ascoltato». E il presidente, sebbene da un punto di vista penale non ebbe conseguenze, subì dalle suddette vicende il provvedimento di sospensione del giudice sportivo. Forse anche per questo, prima della stagione 2017/2018, il club cerca di tagliare i ponti con certi ambienti. Ne è incaricato Alberto Pairetto, addetto ai rapporti con le tifoserie. È il figlio di Pierluigi Pairetto, ex arbitro di serie A, ex designatore coinvolto in Calciopoli e condannato al processo di Napoli. 

È lui a trattare con i capiultrà che poi denuncia. L’operazione della Digos di Torino, diretta da Carlo Ambra, ha colpito leader, luogotenenti, affiliati. In testa alla lista degli arrestati c’è Geraldo Mocciola, «presidente» dei Drughi; poi ci sono Salvatore Cava, Domenico Scarano, Umberto Toia di Tradizione, e Luca Pavarino, il «lanciacori», con Sergio Genre. Domiciliari per Giuseppe Franzo, Christiba Fasoli del Nucleo 1985, Fabio Trinchero e Roberto Drago, dei Vickings.  Rispondono di associazione a delinquere finalizzata all’estorsione, all’autoriciclaggio e alla violenza privata. Il registra delle vendette a mezzo megafono è il daspato Dino Mocciola, che scala la gerarchia del tifo organizzato quando, nel 2005, lascia il carcere dopo un arresto per l’omicidio di un carabiniere. È lui che, ergendosi a capo dei Drughi e a guida degli altri cartelli, organizza la regia del silenzio: «nessuno deve sostenere la squadra se non ci danno i biglietti», e dei cori razzisti finalizzati a colpire la società. È un braccio di ferro che Mocciola dirige dall’esterno dello stadium, ispirando il megafono di Pavarino. Ma cosa vogliono gli ultrà? Venticinque biglietti gratis a partita per ogni gruppo, un borsone di materiale sportivo e inviti agli eventi organizzati dal club. Il 7 giugno 2018 Mocciola e i suoi colonnelli incontrano Pairetto, non può dar loro tutto quello che chiedono. «Non scherzate.. ve la facciamo pagare... non con cose violente... tipo gambizzazioni...». Lo avverte Trinchero. 

Pairetto cede per paura. «Non avevo di fronte tifosi, ma pericolosi delinquenti», dirà ai pm.

Ma per ottenere quei ticket che gli ultrà vendono a prezzi maggiorati, i tifosi comuni devono anche affiliarsi ai Drughi: 120 euro l’anno. Così il gruppo è diventato il più potente d’Italia. Mocciola, dunque, mette in atto le vendette col lancio di fumogeni allo stadio di Berna in occasione della partita contro i Young Boys «Ti creiamo problemi laggiù, veniamo pure senza biglietti». Berna e gli striscioni a Manchester costeranno 2500 euro di multa. «La Juve è stata costretta ad aderire alle richieste degli ultrà, consapevole delle possibili conseguenze negative con squalifiche e sanzioni». È quanto dichiarato, per la seconda volta in pochi anni davanti ai pm di Torino, dal presidente Andrea Agnelli sottolineando che la denuncia di Pairetto è il «punto di rottura con i gruppi ultras». E infatti per il questore di Torino, Giuseppe De Matteis, la prossima partita, Juve-Verona, è a rischio per eventuali  reazioni.

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