Rifiuta due lavori, ragazza di 22 anni perde l'assegno di mantenimento del padre. Cassazione: «È solo colpa sua»

Rifiuta due lavori, ragazza di 22 anni perde l'assegno di mantenimento del padre. Cassazione: «È solo colpa sua»
Martedì 24 Maggio 2022, 18:57 - Ultimo agg. 19:27
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L'assegno di mantenimento non può essere una paghetta a vita, soprattutto se sei disoccupata e per giunta rifiuti due lavori con contratto a tempo indeterminato. Questa è la storia di un padre e due figli, e dei relativi assegni di mantenimento su cui sono stati chiamati a esprimersi i giudici della Cassazione.

Per due volte "Adele", figlia 22enne di una coppia divorziata di Gorizia, ragazza munita solo del diploma di maturità, non amante degli studi e priva di aspirazioni professionali, ha detto "no" a un contratto di lavoro a tempo indeterminato. La prima chance, come segretaria nello studio legale del padre, la ha rifiutata dicendo che voleva fare la cameriera. Al posto fisso come cameriera, che tanto voleva, Adele però ha detto ancora "no". Ora la Cassazione ha respinto il suo reclamo per riavere dal padre - avvocato che si è difeso da solo anche davanti alla Suprema Corte - l'assegno mensile di 300 euro: per gli ermellini la mancata indipendenza economica è «esclusivamente sua colpa».

Ad avviso della Cassazione, il ricorso di Adele - che ha fatto presente la sua «giovane età» e il suo «percorso professionale ancora in itinere» - è «manifestamente infondato». Ritengono i supremi giudici, che in maniera esaustiva, il Tribunale di Gorizia nel 2018, e poi la Corte di Appello di Trieste nel 2020, abbiano «spiegato le ragioni che deponevano per la revoca dell'assegno» rimarcando come «il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica di Adele dovesse imputarsi esclusivamente a sua colpa, per aver ingiustificatamente rifiutato plurime offerte di lavoro, nonostante difettasse ogni prova di sue particolari inclinazioni o attitudini o di sue ben precise aspirazioni professionali che l'avessero determinata a compiere, ed a seguire con costanza, una diversa e coerente scelta progettuale alternativa».

A far andare il padre su tutte le furie, dopo il doppio "no" ai posti di lavoro stabili e senza scadenza, - al quale si deve aggiungere un periodo di prova di venti giorni come banconista, andato male - era stata l'intenzione di Adele di iscriversi a un corso di grafologia, idea abbandonata per un corso biennale per ottici a Bologna con frequenza ridottissima di un giorno a settimana.

Corso al quale alla fine la ragazza si era iscritta in causa d'appello, viste le brutte, dopo che il Tribunale - al quale con fratello e mamma si era rivolta per chiedere contributi più elevati - aveva estinto il suo diritto al sostegno economico.

Leggete bene cosa scrive la Cassazione: «Deve escludersi che l'assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata, dovendo il relativo obbligo di corresponsione - sottolinea la Cassazione nel verdetto 16771 - venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all'acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all'andamento dell'occupazione o del mercato del lavoro».

È rimasto fortunatamente in piedi, invece, il diritto di Carlo Andrea, il fratello diciottenne di Adele, - i nomi sono di fantasia - di ricevere i suoi 300 euro al mese dal padre che voleva toglierli anche a lui «per lo scarso rendimento scolastico per il quale si era ritirato dal quarto anno per non essere bocciato, per le sue ripetute assenze, le note disciplinari, i suoi comportamenti inadeguati e ingiustificati».

La Cassazione ha condiviso con la Corte di Appello che «non si poteva tenere conto della condotta morale» del ragazzo, come insisteva il padre censore, e che l'assegno tocca di diritto al figlio che alla fine è stato ammesso all'ultimo anno del liceo e quindi c'è la «possibilità che completi gli studi». E poi non è colpa sua se non è ancora indipendente: «è appena diventato maggiorenne» e «non c'è prova che il lavoro offertogli dal padre e rifiutato sia conforme alle sue attitudini e aspirazioni».

In nessuna considerazione - per tentare di aumentare almeno l'assegno di Carlo Andrea - è stata tenuta la circostanza del «venir meno di ogni e qualsivoglia rapporto tra il padre e i due figli», dal momento che, secondo i giudici di merito, l'uomo nonostante le «criticità» non aveva «fatto venir meno il suo interesse» per i due figli non allineatì con le sue aspettative.

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