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Assolto ma non lo sapeva, resta due anni ai domiciliari. ​Gli atti non sono mai stati notificati

Arrestato per stalking, non fu condannato perché incapace di intendere e di volere. Avrebbe dovuto essere ricoverato

di Riccardo Lo Verso
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 1 Giugno 2023, 23:47 - Ultimo agg. : 2 Giugno, 15:50
4 Minuti di Lettura

Una storia di malagiustizia e malaburocrazia in un colpo solo. Aveva 47 anni quando lo hanno arrestato. Ora che è stato scarcerato ne ha due in più. Due anni nel corso dei quali è stato dimenticato ai domiciliari.

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Letteralmente “dimenticato” visto che contestualmente alla sua assoluzione era stato disposto il ricovero in una struttura sanitaria. Nessuno, però, gli ha notificato la misura di sicurezza emessa dal tribunale di Palermo. 
L’incredibile storia avviene tra il capoluogo siciliano e Giardinello, piccolo paese della provincia. Il 25 settembre 2020 l’uomo viene arrestato per stalking. Il 19 maggio 2021 il Tribunale palermitano lo assolve, dichiarando la sua incapacità di intendere e volere. Non è imputabile. Una perizia disposta dai giudici ha stabilito che soffre di una forma di schizofrenia grave. Gli attacchi di paranoia lo mandano in tilt, non riesce a distinguere fra le buone e le cattive azioni. Non era in sé quando minacciava e perseguitava la sua ex dopo che loro relazione era naufragata. Circostanza emersa nel corso del processo e gli esperti lo hanno certificato. I giudici lo mandano assolto e dispongono la misura di sicurezza del ricovero in una residenza sanitaria. Va curato e non condannato. 


UNO DEI TANTI
Sembra uno dei tanti casi che si vedono nelle aule dei Tribunali. Ordinarie storie di sofferenza familiare e di abbandono. Sembra, appunto. Fino ad una manciata di giorni fa l’imputato incapace di intendere e volere è rimasto agli arresti domiciliari. La misura di sicurezza non è stata eseguita, neppure dopo la conferma della sentenza in appello del 20 ottobre 2021. Due gradi di giudizio non sono bastati a fare emergere l’ingiustizia. Il suo ricovero è stato dato per scontato seppure non sia avvenuto. Cosa è successo? Certamente un difetto di comunicazione fra le cancellerie del Tribunale e della Procura della Repubblica nella trasmissione dell’ordine di esecuzione. A complicare la faccenda la morte prematura del difensore di fiducia che conosceva la sua storia e i rapporti distaccati con gli altri familiari. Per molto tempo non si è provveduto a nominare un legale d’ufficio per garantire il diritto di difesa all’uomo. Risultato: l’uomo ha vissuto in una casa di campagna con i suoi fantasmi, in condizioni di degrado e in stato di arresto. Un limbo nel quale non avrebbe dovuto ritrovarsi. Qualcuno ha iniziato a chiedersi che fine avesse fatto il processo in cui era stato coinvolto. La voce correva in paese ed è giunta alla caserma dei carabinieri che si sono attivati affinché venisse nominata una difesa di ufficio. Sono stati gli avvocati Rocco Chinnici, Luigi Varotta e Francesco Foraci a mettere a posto i tasselli dell’inquietante storia con la collaborazione della Procura di Palermo. Un viaggio fra gli archivi della burocrazia in carta bollata. Alla fine è saltata fuori l’assoluzione. Si è scoperto che l’uomo a casa aveva solo la vecchia e iniziale ordinanza di custodia cautelare in carcere. Null’altro gli era stato notificato. Tutto il resto - dall’assoluzione in primo grado e in appello al trasferimento in una struttura sanitaria – è come se non fosse accaduto. 


L’IMPUTATO DIMENTICATO
A questo punto appare scontata una causa allo Stato per l’ingiusta detenzione patita dall’ex imputato dimenticato dallo stesso Stato. Ci sarà tempo per capire cosa abbia provocato il corto circuito. In Tribunale, a Palermo, si sono già attivati. Nell’immediato va affrontato il lato umano della vicenda. «Si tratta di una storia che evidenzia quanto sia importante il ruolo del difensore nel processo. Abbiamo ricostruito l’iter della posizione giuridica del soggetto con la collaborazione delle cancellerie e il pubblico ministero ha immediatamente disposto la scarcerazione perché non vi era più alcun titolo che potesse giustificare il regime coercitivo al quale era sottoposto», dicono i legali. Si sono attivati anche i servizi sociali del Comune in provincia di Palermo e si cerca di rintracciare i parenti del 49enne che di tanto in tanto se ne prendevano cura. Ora è un uomo libero che ha bisogno di assistenza in attesa di essere trasferito in Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Vi entrerà con due anni di ritardo, trascorsi agli arresti domiciliari seppure non avesse colpa alcuna. Ha scontato la sua pena da malato e innocente. 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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