Autostrade, «sicurezza ignorata in nome del profitto». Arrestati gli ex vertici per le manutenzioni fantasma

Autostrade, «sicurezza ignorata in nome del profitto». Arrestati gli ex vertici per le manutenzioni fantasma
Autostrade, «sicurezza ignorata in nome del profitto». Arrestati gli ex vertici per le manutenzioni fantasma
di Michela Allegri
Giovedì 12 Novembre 2020, 00:44 - Ultimo agg. 19:21
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Materiali scadenti e scarsa manutenzione per abbattere le spese e massimizzare i profitti. Il tutto a discapito della sicurezza. Viadotti, gallerie, pannelli fonoassorbenti: per anni la rete autostradale è stata «insicura». È il quadro «desolante» - per usare le parole del gip - che emerge dall’inchiesta della procura di Genova che ha portato agli arresti domiciliari l’ex amministratore delegato di Autostrade e di Atlantia, Giovanni Castellucci, e altri due ex manager, Michele Donferri Mitelli e Paolo Berti, rispettivamente ex responsabile manutenzioni e direttore centrale dell’azienda. Il gip ha anche disposto l’interdizione per un anno per altri tre dirigenti indagati, Stefano Marigliani, già direttore del primo tronco di Autostrade ora trasferito a Milano, Paolo Strazzullo, ex responsabile delle ristrutturazioni pianificate sul Morandi (mai eseguite per l’accusa) ora distaccato a Roma, e Massimo Meliani di Spea. Le accuse: attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in pubbliche forniture. 

 Al centro dell’inchiesta - è uno dei fascicoli scaturiti dalla maxi-indagine sul crollo del Morandi avvenuto nell’agosto di due anni fa - ci sono le barriere fonoassorbenti utilizzate in alcuni tratti di autostrada («60 chilometri su 3.000, peraltro con barriere già messe in sicurezza», specifica Aspi in una nota).

Secondo l’accusa, gli indagati sapevano delle problematiche e avrebbero cercato di insabbiarle per risparmiare sulle manutenzioni. Erano consapevoli che i materiali erano difettosi e del potenziale pericolo per la sicurezza stradale, con rischio di cedimento nelle giornate di forte vento: le barriere «non erano in grado di sopportare l’azione del vento ed erano perciò a rischio ribaltamento e in diverse occasioni si erano concretamente ribaltate sulla strada», si legge negli atti. 

 

Il gip usa parole pesanti e descrive «una politica imprenditoriale volta alla massimizzazione dei profitti derivanti dalla concessione con lo Stato mediante la riduzione e il ritardo delle spese necessarie, a scapito della sicurezza pubblica». Di più: «L’elevata redditività di Aspi - aggiunge il giudice - e la conseguente distribuzione di ingenti dividendi tra gli azionisti, derivava in parte dalla spregiudicata linea imprenditoriale improntata alla sistematica riduzione delle manutenzioni». A svolgere le indagini, la Guardia di finanza coordinata dal procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio e dai pm Massimo Terrile e Walter Cotugno. Tra gli indagati figura anche l’attuale ad Roberto Tomasi, la cui posizione appare però marginale e potrebbe essere archiviata.

Analizzando la documentazione acquisita dopo il crollo del viadotto, gli investigatori hanno scoperto che nel 2016 e nel 2017 si erano verificati due distacchi delle barriere lungo le autostrade liguri. Cedimenti nascosti con piccoli escamotage, come «l’abbassamento delle ribaltine». Un sistema che, sottolinea il gip, oltre a non avere risolto nulla, avrebbe anche esposto «a un elevatissimo rischio» la sicurezza della circolazione. Le barriere erano state progettate male e costruite con materiale non a norma e di scarsa qualità, che non aveva nemmeno la certificazione CE.

Se Castellucci «era perfettamente al corrente della situazione di problematicità delle barriere e costantemente informato sulle sue decisioni per la gestione delle stesse», sottolinea il gip, a gestire il sistema sarebbe stato Donferri: puntava al massimo risparmio per distribuire utili anche ai nuovi soci tedeschi e cinesi. Dopo il suo licenziamento avrebbe pure cercato di trafugare atti utili alle indagini e convinto Berti a «seguire la linea aziendale», evitando di accusare l’ex top manager in tribunale.

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Castellucci non è più amministratore delegato di Aspi da settembre 2019, quando, a un anno dal crollo del Ponte Morandi, ha lasciato la guida della holding Atlantia concordando una buonuscita da 13 milioni, poi congelata. Motivandone l’arresto, il gip sottolinea il suo profondo legame con il gruppo societario, anche dopo la sua formale uscita, e la capacità di «influire sulle decisioni dell’azienda». I suoi legali, gli avvocati Carlo Longari, che si occupa dell’inchiesta sulle barriere, Massimiliano Foschini e Giovanni Paolo Accinni, che invece seguono gli aspetti relativi al crollo del Morandi, in una nota esprimono «stupore e preoccupazione per un provvedimento che non si giustifica in sé e che non si vorrebbe veder finire a condizionare una vicenda, quella del crollo del Morandi, che con quella odierna non ha nulla a che vedere. Si tratta di due vicende completamente distinte. L’ingegner Castellucci è fuori da Autostrade da quasi due anni e da più di un anno non ha più avuto rapporti con il gruppo. Nel rispetto della legge - conclude la nota - si seguiterà a garantire la massima collaborazione alla magistratura». 
 

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