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Baby alpinista precipita per 100 metri sul Gran Sasso, si sveglia dopo 2 mesi di coma: «È stato un miracolo»

Baby alpinista precipita per 100 metri sul Gran Sasso, si sveglia dopo 2 mesi di coma: «È stato un miracolo»
Baby alpinista precipita per 100 metri sul Gran Sasso, si sveglia dopo 2 mesi di coma: «È stato un miracolo»
di Stefano Dascoli​
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 21 Gennaio 2021, 07:26 - Ultimo agg. : 11:07
4 Minuti di Lettura

Anche l’Abruzzo ha il suo piccolo Alex Zanardi. Ha solo 16 anni, è nato a Roma, e fino a quel drammatico 1 novembre anche gli alpinisti di fama nazionale si stropicciavano gli occhi, quasi increduli nel vederlo aggredire con maestria le pareti più aspre e difficili. Un autentico fenomeno della montagna che ha raggiunto l’altro giorno la vetta più impervia: superare il coma e regalarsi la speranza di una vita normale. Paolo (nome di fantasia) è in un letto della Neurochirurgia dell’ospedale di Teramo. Il primario, Danilo Lucantoni, lo ha strappato alla morte con un intervento chirurgico nell’immediatezza dell’incidente in quota e l’altro giorno lo ha visto riaprire gli occhi dopo oltre due mesi di buio. A suggellare il miglioramento il passaggio dalla Rianimazione al reparto, in terapia sub-intensiva. «Una ripresa insperata», dice a chiare lettere il chirurgo: «Quando era arrivato aveva un gravissimo trauma cranico e un edema cerebrale». Un mezzo miracolo.

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Certo, la strada per la ripresa è ancora lunga e difficile; passerà, a giorni, per un nuovo intervento chirurgico di ricostruzione della scatola cranica e per una lunga e complessa riabilitazione. Ma almeno è stata imboccata: non era affatto scontato, anzi. La luce si è accesa quasi all’improvviso. Prima gli occhi, che ora riescono anche a seguire gli stimoli esterni. Poi un leggero movimento delle mani. Infine la respirazione, tornata autonoma. Il coma che si fa via via più superficiale. Probabilmente, però, la grandiosità di questa storia sta tutta in un verbo: «Capisce». Paolo è riuscito a ritrovare il suo piccolo spazio nel mondo. Lucantoni spiega che la cosa più importante è stata «il recupero della coscienza»: «Non ha ancora un rapporto diretto con la realtà – aggiunge Lucantoni – ma recepisce gli ordini semplici, comincia a comprendere, esegue movimenti elementari. La prima fase di una ripresa insperata: fino a un mese fa non c’era nulla di tutto questo».

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LA PARTENZA Si parte da qui, insomma. Come se fosse il primo gradino di una delle tante ferrate che ha affrontato. Ipotizzare un recupero pieno e totale è prematuro e forse non corretto, ma sicuramente la base c’è, si può sperare in una nuova normalità. «Ci sono buone prospettive – dice il neurochirurgo -: adesso la fisioterapia nei centri attrezzati può fare molto per il recupero neuromotorio». Paolo è arrivato in questo ospedale in fin di vita. Era domenica e aveva deciso di godersi la prima neve sul Gran Sasso con Enzo, l’amico che è quasi un fratello: un 27enne di Magliano dei Marsi, come lui, già vice capostazione di Avezzano del Soccorso alpino, uno dei soccorritori di Rigopiano quando, nel 2017, una valanga travolse il resort causando la morte di 29 persone. Loro, giovani ma già espertissimi, erano stati traditi dal distacco della cosiddetta “neve ventata”, ovvero quella trasportata dalle folate che si adagia sullo strato di ghiaccio, senza aderirvi completamente. Il “vetrato”, un’insidia di quelle giornate pre-invernali.

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RIFUGIO FRANCHETTI Una tragedia che aveva preso forma in pochi istanti all’altezza del punto che si trova sopra al Rifugio Franchetti e sotto il ghiacciaio del Calderone, sul versante settentrionale del Corno Grande, nel territorio di Pietracamela, a quota 2.700 metri. I due avevano perso aderenza, ma rimanendo in cordata, sospesi nel vuoto. A quel punto una delle funi, che era rimasta incastrata in uno spuntone di roccia tagliente, si era tranciata, facendoli precipitare per oltre 100 metri. Poi i soccorsi, disperati, fino al “Mazzini” di Teramo. E i giorni della preghiera: Enzo che ce la fa, Paolo che lotta tra la vita e la morte. Solo, peraltro: le norme Covid non permettono a nessuno di poterlo avvicinare. Oggi le cose sono cambiate. E nel piccolo paese di Magliano il sindaco, Pasqualino De Cristofano, è già pronto a festeggiare il suo ritorno: «Quel ragazzo è amato da tutti, ogni giorno ricevo telefonate di gente che si informa sulla sua salute. Sua madre, che vive a Roma, ha condiviso con me tutti i momenti». E ora anche lei è pronta a riabbracciarlo.

 

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© RIPRODUZIONE RISERVATA
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