Teramo, bara aperta ma il padre non c'è: per 33 anni ha pregato sul corpo di un perfetto sconosciuto

Bara aperta ma il padre non c'è. Per 33 anni ha pregato sul corpo di un perfetto sconosciuto
Bara aperta ma il padre non c'è. Per 33 anni ha pregato sul corpo di un perfetto sconosciuto
di Alessandro Misson
Mercoledì 28 Settembre 2022, 08:23 - Ultimo agg. 12:49
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Per 33 anni ha pregato sulla tomba del padre, ma in quella tomba c’era un perfetto sconosciuto. Nonostante la foto e la targa sulla lapide siano ancora lì a testimoniare il trapasso dell’amato genitore, a distanza di così tanti anni non si sa ancora che fine abbia fatto la sua salma; né chi sia l’uomo molto più giovane di lui che riposa al suo posto; nemmeno come sia stato possibile un così grave scambio di salme.

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L’esecrabile caso è avvenuto al cimitero comunale di Pineto nel 1986, ma è stato scoperto di recente dalla figlia, 61enne di Piacenza da sempre residente a Silvi.

I fatti sono emersi dopo un fortuito e complesso iter giudiziario portato avanti dai suoi legali, gli avvocati Monica Passamonti e Antonietta Ciarrocchi.

Lo scambio di salme

Nella primavera del 2017 il Comune stila un elenco di salme destinate al trasferimento all’ossario. C'è grave carenza di spazio e considerate le sepolture più che trentennali, Pineto ha bisogno di liberare terreno dove realizzare nuove tombe. La signora nota l’annuncio, contatta gli uffici cimiteriali e poi quelli comunali per acquistare un nuovo loculo e fissare l'appuntamento per l’esumazione del padre. Come suo diritto e come previsto dalla legge, chiede di assistere alle operazioni, ma a settembre si reca al cimitero e trova la lapide del padre rotta e la tomba violata. Infuriata dal fatto che tutto sia già avvenuto a sua insaputa, contatta il servizio cimiteriale per lamentarsi e capire i motivi dell'incidente.

L’addetto del consorzio cimiteriale l'avvisa che le spoglie del padre, non ancora mineralizzate all’interno di una tomba cementata assai resistente, dovevano attendere ancora prima del trasferimento all’ossario. Per accelerare il processo biologico, il corpo è stato trattato con un acido, lo “Zyklon”, per poi essere riposto nella stessa tomba. Infastidita dal mancato avviso e dai tentativi di contattare gli uffici e il sindaco per una spiegazione, la figlia dà mandato ai legali e registra telefonate e conversazioni.

L’inchiesta penale per l’ipotesi di vilipendio di cadavere è del pm Enrica Medori: l’ipotesi è che sia stato utilizzato un acido non consentito dalla legge per accelerare la consunzione delle spoglie. Vengono nominati dei periti: un anatomopatologo per riesumare il corpo, un antropologo forense per analizzarlo, un chimico per accertare la natura dei prodotti impiegati. L’inchiesta accerta che l'acido in realtà era consentito dalla legge, certamente non lo “Zyklon” nominato dall’addetto cimiteriale. Più difficile è stato spiegare alla signora, di fronte al magistrato che sensibilità l’ha convocata nel suo ufficio, che la salma trovata in quella tomba in realtà non è quella del padre morto a 64 anni. Bensì quella di un uomo sconosciuto dall’età apparente di 37-48 anni: sulla bara nessun nome, tra le ossa emergono delle protesi dentarie che il padre non ha mai impiantato, per tentare un accertamento sarebbe stata necessaria un’analisi genetica.

Dove si trova il corpo?

«Ma allora dov’è mio padre?» ha chiesto sgomenta la donna al magistrato. La risposta non c’è. A 4 anni dai fatti la signora si batte contro il Comune affinché sia rimossa la foto e la targa col nome del genitore dalla tomba dove riposa ancorai quell’uomo che nessuno conosce. L’inchiesta è stata archiviata: il pm ha presunto che lo scambio di salma sia avvenuto tra la sepoltura e l’apposizione della lapide definitiva, nel 1986. Impossibile risalire al responsabile: l’anziano custode che avrebbe dovuto sovrintendere le operazioni è stato sì sentito, ma nel frattempo è deceduto. Alla figlia non rimane altro che intentare causa civile. Ieri, di fronte al giudice Mariangela Mastro, i legali hanno avanzato una richiesta di risarcimento danni di centinaia di migliaia di euro. Il giudice ha concesso un mese per addivenire ad un accordo transattivo, o la causa andrà avanti con la prossima udienza fissata al 30 novembre. 

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