Il figlio di Barbara Corvi: «Mia madre
sciolta nell’acido, non saprò mai la verità»

Il figlio di Barbara Corvi: «Mia madre sciolta nell’acido, non saprò mai la verità»
di Nicoletta Gigli
Martedì 6 Aprile 2021, 09:26 - Ultimo agg. 16:08
3 Minuti di Lettura

AMELIA  “Mia madre dentro una cosa di acido è finita.. sì sì, senza tracce, e non ce ne saranno mai ...come non saprò mai la verità amò... cioè come il cugino mio”. Salvatore, il figlio più’ piccolo di Barbara Corvi, manifesta le sue convinzioni sulla scomparsa della mamma alla fidanzata. Le microspie piazzate a casa della coppia il 7 luglio 2020 registrano il suo sfogo. Il riferimento è a suo cugino. Anche lui si chiama Salvatore Lo Giudice, è di Reggio Calabria e nel ‘94 ha visto sparire nel nulla sua mamma, Angela Costantino. Il 9 giugno 2020 il figlio di Barbara è già stato sentito dagli investigatori guidati da Alberto Liguori, a caccia di prove per inchiodare suo padre, Roberto Lo Giudice, ora in carcere con le accuse di omicidio aggravato e occultamento i cadavere. Salvatore riferisce che durante la sua permanenza a Reggio Calabria, subito dopo la scomparsa della madre, il cugino Salvatore, figlio di Angela Costantino, anch’essa scomparsa ed uccisa per mano di mafia da componenti del clan Lo Giudice, gli disse testualmente: «Mia madre, come la tua, è morta». E lo aveva abbracciato. Salvatore aggiunge che all’epoca aveva interpretato queste parole nel senso che entrambe le donne, dato che avevano tradito, non dovevano più essere considerate membri della famiglia anche se poi aveva dato un significato diverso, ma di cui non intendeva parlare. Agli investigatori dirà testualmente: «Sono convinto che mamma sia morta il giorno stesso della sua scomparsa perché all’epoca non avrebbe fatto passare un’ora senza sentirmi o cercarmi immediatamente». Nell’ordinanza con cui il gip, Simona Tordelli, ha spedito in cella Roberto Lo Giudice, arrivato ad Amelia nel ‘90 col padre Giuseppe, poi morto in un agguato mafioso, sottoposto alla sorveglianza speciale con divieto di soggiorno a Reggio Calabria, emerge il ruolo decisivo dei tre pentiti per inchiodare lui e suo fratello Maurizio, indagato a piede libero. Il primo a parlare, due anni fa e poi a maggio 2020, è un altro fratello. Si chiama Nino Lo Giudice, è collaboratore di giustizia e incontra i due fratelli a Reggio Calabria a settembre 2010. Apprende da loro della scomparsa di Barbara e la circostanza del loro coinvolgimento viene confermata da Roberto con un cenno del capo. Un anno dopo preciserà che l’incontro con Roberto, descritto come persona non facente parte della consorteria mafiosa, avvenne a fine estate 2010 nel chiosco di frutta, dove gli confermava il coinvolgimento suo e di Maurizio nella scomparsa di Barbara. Parla anche Consolato Villani, braccio destro di Nino Lo Giudice. A Liguori dirà di aver appreso da un altro componente del clan, Giuseppe Reliquato, che “era scomparsa un’altra donna della cosca Lo Giudice facendo riferimento a Barbara Corvi e ad Angela Costantino perché io capissi, in termini di ndrangheta, che anche Barbara aveva fatto la stessa fine”. Due mesi fa vuota il sacco il terzo pentito. E’ Federico Greve, ex marito dell’attuale compagna di Roberto Lo Giudice che si è trasferita ad Amelia portando pure suo figlio. In occasione delle sue visite in Umbria per incontrarlo, Greve parla con Roberto che, lamentandosi del comportamento del ragazzo, l’avrebbe liquidato così: “Murerò tuo figlio se continua così, come ho murato mia moglie”. Per il gip “i lodevoli sforzi degli inquirenti che, imperterriti, hanno cercato la verità per dare giustizia ad una povera donna, hanno permesso di mettere insieme indizi gravi, univoci e concordanti ampiamente sufficienti per poter ritenere lo Giudice responsabile dell’uccisione della moglie, Barbara e del successivo occultamento del cadavere”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA