Bersani operato, Renzi pronto a partire per Parma. E nel Pd torna lo spirito della ditta. I precedenti di Berlinguer e Natta nel cuore della sinistra

Pier Luigi Bersani
Pier Luigi Bersani
di Renato Pezzini
Lunedì 6 Gennaio 2014, 05:26 - Ultimo agg. 13:13
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Improvvisano una specie di servizio d'ordine per proteggere la quiete dell'ex segretario, e non ci sono distinguo fra bersaniani e renziani, fra vincitori e vinti, fra la nomenklatura di un tempo e le nuove leve. Per un giorno il Pd mette da parte le divisioni e ritrova la pace. Cancella i livori e riscopre la solidarietà di partito. Magari durerà poco, magari fra qualche giorno tutto sarà di nuovo come prima e i democratici torneranno a scannarsi. Ma oggi è così.Il primo a farsi vivo è Matteo Renzi. Glielo impone il ruolo, lo esige il protocollo, lo suggeriscre un certo spirito cavalleresco. Però non si accontenta di battere il record di velocità con tweete: «Un abbraccio fortissimo». Appena dopo l'ora di pranzo chiama Vasco Errani, il presidente della Reigone Emilia che sta già al capezzale di Bersani: «Parto da Firenze e vengo». Nessuno ha niente in contrario, neppure la moglie di Pierluigi. Sono i medici a dire no: «Adesso lo portiamo in sala operatoria e ci rimarremo fino a notte fonda. Niente visite».



«TUTTI CON TE»

Bersani ha guidato il partito per quasi quattro anni, ha lasciato un segno profondo, ora che è prigioniero del reparto di neorochirurgia e deve fare i conti che le ingiurie della salute tutti glielo riconoscono, anche quelli che lo hanno osteggiato, combattuto, detronizzato. Anche per questo Renzi non molla. Per il giorno dell'Epifania ha in programma di assistere alla sfilata dei Re Magi per le vie di Firenze: «Ma appena mi fate un cenno, parto» dice a Errani. Ed è una sorta di mano tesa, di gesto di distensione.«Siamo tutti con te» scrive Fassina. «Siamo tutti con te» scrive pure Marianna Madia. I due stanno su fronti opposti, il primo ha appena sbattuto la porta andandosene dal governo in polemica con Renzi, la seconda è fra i prediletti del sindaco di Firenze, ma dicono la stessa cosa, con le stesse parole. Certo, non sono parole complicate, nei momenti drammatici riesce difficile scovare formule originali, però è vero che dal diluvio di tweet, di dichiarazioni ufficiali, di post su facebook affiora un inedito affetto bipatizan per l'ex capo.Quando i medici portano Bersani in sala operatoria è ormai buio. Per il gruppo che presidia l'ospedale comincia l'attesa e ai più vecchi viene in mente quella del 1984 a Padova, quando sotto i ferri c'era Berlinguer. Quella volta andò male, stavolta i volti sono più distesi e l'ottimismo più gistificato. Altri ricordano il ricovero di Alessandro Natta a Perugia, 1988. Se la cavò, ma si dimise da segretario del Pci «incalzato» com'era dalle giovani leve guidate da Achille Occhetto. Si disse perfino che il malore era frutto delle ansie e delle tensioni che dilaniavano il partito.Ecco, nessuno vuole che si possa dire la stessa cosa anche oggi. Nessuno può insinuare il dubbio che Bersani stia pagando in qualche modo le amarezze di un anno di contrasti, di battaglie intestine, di non vittorie e di sconfitte. Forse anche per questo l'affetto è tanto unanime, tanto trasversale, tanto ostentato. «Torna presto, abbiamo bisogno di te» è il messaggio di Cuperlo. Un po' come dire che non si può continuare a guardare il partito come il luogo dello scontro fra rottamati e rottamatori. Tutti sono utili, tutti sono importanti.



AMICI ED EX AMICI

Arrivano i messaggi di chi non è mai stato con lui, come la Serracchiani. Arrivano gli auguri di chi stava con lui e adesso non ci sta più, come Alessandra Moretti e Piero Fassino.Arrivano gli abbracci di quelli che non hanno mai smesso di rimanergli al fianco come Rosy Bindi e Anna Finocchiaro, o Flavio Zanonato: «Non mollare, abbiamo bisogno di te».



Arriva la solidarietà di chi è stato in qualche modo una sua vittima, come Veltroni. Arriva la preoccupazione di chi lo ha sempre guardato con diffidenza, essendone ricambiato, come Romano Prodi.Arrivano parole buone anche dall'estero (Hollande, Di Rupo) e dagli avversari di casa nostra. Ma in qualche modo contano poco, o contano meno di questo coro democratico che per una volta canta lo stesso spartito. Come se Bersani, da un letto d'ospedale, fosse riuscito a realizzare quello che in anni di segreteria non era mai riuscito a fare: tenere unito il partito.