Numerose le operazioni alle quali Girolamo Bruzzese ha collaborato e altrettante le testimonianze rese nei processi che ne sono scaturiti e che hanno anche anche squarciato il velo sui rapporti tra la cosca e la politica. Dopo la sua decisione di collaborare con la magistratura reggina, tutti i suoi familiari, compreso Marcello, aderirono al programma di protezione. I Bruzzese non erano considerati una cosca, ma erano ritenuti un famiglia legata ai Crea. Tant'è che quando furono inseriti nel programma, di fatto sparirono dalla geografia mafiosa. L'unico che disse di no fu il suocero Giuseppe Femia. Una scelta che l'uomo pagò con la vita. Infatti fu assassinato pochi mesi dopo, nel febbraio del 2004. Marcello non era considerato, dagli investigatori reggini, un elemento di spessore. Anzi. Solo piccole cose, adesso datate nel tempo.
Ma anche lui era finito nel mirino dei killer.
Nella notte tra il 17 ed il 18 luglio 1995, infatti, un commando iniziò a sparare contro di lui, suo padre Domenico ed il cognato Antonio Madafferi. Marcello, pur se gravemente ferito, si salvò. Il padre e Madafferi invece no. Rimasero uccisi sotto il piombo dei sicari. Poche ore dopo quel duplice omicidio, nella stessa zona, nelle campagne di Rizziconi, fu trovato il cadavere di Francesco Ascone, padre dell'uomo poi accusato dell'agguato precedente. E fu proprio per quell'omicidio che Girolamo Bruzzese è stato condannato.