Un bambino di 10 anni ucciso con un colpo di coltello alla gola. Accusato dell’omicidio è il padre, trovato semi-incosciente nella stessa abitazione dopo essersi chiuso dentro e aver aperto il gas. L’uomo è stato arrestato in serata in ospedale, dove era stato ricoverato in gravi condizioni.
La tragedia ieri pomeriggio a Cura di Vetralla, a pochi chilometri da Viterbo. Tutto è avvenuto in una abitazione di una palazzina a due piani, nella quale il bambino viveva con la madre. Una casa alla quale l’uomo non doveva avvicinarsi: il giudice del Tribunale aveva emesso nei mesi scorsi il divieto nei suoi confronti dopo le denunce della compagna, che si era rivolta ai carabinieri per i maltrattamenti e le violenze subite.
LA RICOSTRUZIONE
Sono da poco passate le 15,30 quando al 112 arriva una chiamata per presunto sequestro di persona e fuga di gas. A chiamare è Mariola Rapaj, albanese di 32 anni. E’ appena rientrata a casa e ha subito pensato che qualcosa di brutto fosse accaduto. La porta non si apre e si sente un fortissimo odore di gas. In stradone Luzi, dove la donna vive con il figlio Matias di 10 anni, accorrono carabinieri e vigili del fuoco. Questi ultimi riescono a forzare la porta, con i respiratori entrano e trovano il bambino a terra con la gola tagliata: per lui non c’è nulla da fare. In un’altra stanza c’è Mirko Tomkow, 44 anni, polacco da anni in Italia e sposato con Mariola. E’ stordito dal gas, i sanitari del 118 lo soccorrono e, con l’eliambulanza, lo trasferiscono all’ospedale di Viterbo.
Ma in quella casa i soccorsi si rendono necessari anche per la donna, che si sente male alla vista del figlio morto.
Molti gli interrogativi che iniziano a prendere forma nelle ore successive al fatto. Tomkow era arrivato da Roma ieri mattina, dove si trovava ricoverato in un Covid hotel perché risultato positivo al virus a metà ottobre. Vi era arrivato con un trasferimento proprio dall’ospedale viterbese di Belcolle, una settimana fa. La notizia secondo cui si sarebbe allontanato dalla struttura capitolina ieri mattina, volontariamente, non è stata confermata dagli inquirenti. La versione “ufficiale” è che sia stato dimesso dopo tre settimane perché negativo al tampone.
Tomkow prende il bus Cotral e scende a Cura. Qui alcune mamme lo hanno visto all’orario di uscita dalla scuola elementare, quella frequentata dal figlio: cammina avanti e indietro, non si capisce cosa dice, è abbastanza alterato. Non avrebbe trovato lì Matias, tornato a casa con un parente della mamma (la sorella è sposata con un italiano) al quale si era rivolta perché era fuori per lavoro. Quando lei torna a casa, nel primo pomeriggio, scopre quanto è accaduto. Il 44enne aveva un divieto di avvicinamento alla famiglia. Misura che non voleva accettare e per la quale accusava lei. In Italia da molti anni, aveva lavorato a lungo come gommista ma l’azienda poi aveva chiuso ed era disoccupato da tempo. Taciturno e non molto propenso alla socializzazione, a Cura non era molto conosciuto. Ma erano in molti a saperlo che bevesse. E quando tornava a casa ubriaco alzava le mani sulla moglie.
La donna, finita in ospedale per le botte, aveva raccontato dei maltrattamenti in famiglia. In ospedale, visto quanto accaduto a Marjola, era stato attivato il “codice rosso” per il trattamento delle violenze familiari. Conseguentemente a questo percorso, era arrivata la misura del divieto di avvicinamento e di frequentazione dei luoghi abituali di moglie e figlio. Una protezione che non è servita e sulla quale dovranno concentrarsi le indagini dei carabinieri. Sul luogo della tragedia il comandante provinciale dell’Arma, colonnello Andrea Antonazzo. A coordinare il lavoro il sostituto procuratore Stefano D’Arma. Per oggi il sindaco Sandrino Aquilani ha proclamato il lutto cittadino.