PERUGIA - «Possibilità di abortire? Siamo oltre le 14 settimane, quindi solo se il feto è malato. Ma purtroppo sarebbe meglio». È il contenuto scioccante della chat con un’amica che Katalina Erzsebet Bradacs, la mamma del piccolo Alex accusata dell’omicidio del figlio lo scorso primo ottobre a Po’ Bandino, pubblica compulsivamente su Facebook nel luglio 2019.
Bimbo ucciso dalla madre, l'accusa: «Lei era già pericolosa, perché aveva ancora l'affido?»
Compulsivamente perché lo screenshot di questa conversazione, assieme a un’altra avuta con il papà del piccolo Norbert Juhasz, Katalina lo pubblica sotto ognuna delle foto che lui pubblica con il piccolo appena nato, nel maggio 2019. Foto tenerissime dei primi vagiti di Alex e del papà che gli dà il latte con il biberon o gli fa il bagnetto.
LE CONVERSAZIONI
Foto che Norbert pubblica fra il sette e il 15 maggio 2019, e che Katalina commenta pesantemente due mesi dopo. «Come si può chiamare quella persona che mette incinta quella donna che non ama per poi togliergli il bambino? Lo ha confessato proprio oggi. Com’é una persona così?». Cioè due mesi dopo la nascita del bimbo, secondo l’accusa di Katalina a mezzo social network, il padre avrebbe confessato di non aver mai amato la donna. Al punto che sempre la donna pubblica una chat tra i due in cui lui le chiede di andare a fare un test di paternità.
Insomma, secondo le parole e le chat pubblicate da Katalina, questo bambino sarebbe arrivato in una situazione di forti contrasti tra i due. «Non è una situazione facile - si legge ancora nella chat con l’amica -.
IL CONFRONTO
Elementi che molto probabilmente verranno discussi martedì, quando Norbert sarà a Perugia per svolgere le pratiche necessarie al rientro della salma ed essere ascoltato dal magistrato. Nel fascicolo aperto per omicidio volontario aggravato sono finiti quella foto e quelle frasi inviate da Katalina e sequestrate dalla polizia ungherese, oltre a tutti gli elementi raccolti sulla scena dell’omicidio, con gli inquirenti intenzionati a ricostruire la storia burrascosa tra i due che si incrocia con i problemi psicologici della donna di cui, secondo alcune testimonianze, soffrirebbe da diversi anni.
E mentre Katalina, difesa dall’avvocato Enrico Renzoni, dal carcere di Capanne continua a professare la sua estraneità all’omicidio dicendo di aver lasciato solo Alex per qualche minuto sul prato all’esterno dell’edificio ex Enel per recuperare un giocattolo del piccolo e poi di averlo ritrovato morto al suo ritorno, di questa terribile storia resta soprattutto quella copertina con gli animaletti piena del sangue di un piccolo innocente.