Anche gli extracomunitari presenti regolarmente in Italia con un permesso di soggiorno di breve durata hanno diritto al bonus bebè e all’assegno di maternità. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia europea. Finora invece l’Inps, in base alle attuali norme, riconosceva i sussidi agli extracomunitari regolari soggiornanti in Italia da almeno 5 anni, rigettando le domande di chi non aveva il requisito della lunga permanenza.
Ora tutto questo dovrà essere rivisto.
La sentenza della Corte europea per diventare esecutiva necessita di un’ulteriore sentenza del giudice nazionale al quale a suo tempo gli stranieri si sono rivolti. Un passaggio che si presume abbastanza a breve termine, ma che riguarderà appunto solo i nove ricorrenti assistiti nella causa contro l’Inps dall’Asgi, l’associazione italiana dei giuristi dell’immigrazione. Per applicare il principio a livello generale invece servirà l’emanazione di una norma che recepisca quanto stabilito dalla Corte europea. Non è escluso comunque che, nel frattempo il Ministero del Lavoro dia indicazioni all’Inps per iniziare ad accogliere le domande e quindi erogare il sussidio. Secondo l’Asgi «l’Inps dovrà versare le prestazioni a tutti gli stranieri che avevano fatto domanda e se l’erano vista respingere».
Di certo i giudici della Corte europea hanno stabilito che tutti i cittadini di Paesi terzi titolari di un permesso unico di lavoro in Italia «hanno il diritto di beneficiare di un assegno di natalità e di un assegno di maternità», bocciando quindi il requisito del permesso di soggiorno di lungo periodo. L’esclusione è illegittima perché in contrasto con l’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione e con la direttiva 2011/98 che riconosce il diritto alla sicurezza sociale a tutti gli stranieri con un permesso di soggiorno regolare anche di breve durata.
Il caso è arrivato alla Corte Ue su richiesta dei giudici italiani chiamati in causa da alcuni cittadini di Paesi terzi che avevano contestato il rifiuto dell’Inps. In particolare è stata la Corte Costituzionale italiana a chiedere l’intervento della Corte europea. E i giudici lussemburghesi hanno così sentenziato: gli assegni in questione «rientrano nei settori della sicurezza sociale per i quali i cittadini di Paesi terzi beneficiano del diritto alla parità di trattamento previsto da detta direttiva». Nel 2020 il bonus bebè è costato all’Inps complessivamente 624 milioni di euro, mentre per l’assegno di maternità sono stati spesi 193 milioni. Ora, con una platea allargata, i conti dovranno essere rivisti.