Il boss alla schiava del sesso: «Devi prostituirti, sennò ti succhio il sangue»

Il boss alla schiava del sesso: «Devi prostituirti, sennò ti succhio il sangue»
Martedì 2 Aprile 2019, 09:08 - Ultimo agg. 4 Aprile, 17:20
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Dodici anni di carcere ai vertici dell’organizzazione criminale che tra il 2008 e il 2013 avrebbe sfruttato decine di prostitute nella zona sud di Pescara. Alle ragazze, tutte di nazionalità di romena, erano assegnati i marciapiedi delle strade nei pressi della Riserva Dannunziana. Dovevano sottostare alle condizioni imposte dai loro aguzzini, che pretendevano una parte dell’incasso, più una tassa da 50 euro a sera per l’occupazione del “posto di lavoro”. Se qualcuna provava a ribellarsi, veniva minacciata di morte o picchiata.

Dopo gli arresti compiuti dalla squadra mobile nel 2013, la vicenda è giunta a conclusione ieri mattina, davanti al tribunale collegiale di Pescara, con le condanne a 7 anni di carcere per Viorel Verdesan e a 5 anni e 3 mesi per Ionel Craciun. Assolti, per non aver commesso il fatto, Alin Radu e Motoi Cosmina Ionica. I quattro imputati, anch’essi tutti di nazionalità romena, erano accusati a vario titolo di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, lesioni, estorsione e minacce. Alla base dell’inchiesta, durata oltre un anno, le denunce e le rivelazioni di alcune prostitute. Una ragazza in particolare, che si è anche costituita parte civile e che adesso dovrà essere risarcita con 20 mila euro dai suoi ex sfruttatori, riferì di essere stata avviata alla prostituzione quando era ancora minorenne: a costringerla sarebbe stato Verdesan, 40 anni, considerato il capo indiscusso dell’organizzazione, nell’ambito della quale era noto con il soprannome di “Berlusconi”.

Il boss avrebbe imposto alla ragazzina di prostituirsi, minacciandola di uccidere tutti i suoi parenti in Romania. Quindi le fornì un alloggio, accompagnandola quotidianamente al lavoro e facendosi consegnare ogni sera l’intero incasso, che ammontava a circa 400 euro. Oltre alla ragazzina minorenne, “Berlusconi” e i suoi uomini avrebbero garantito protezione e sostegno logistico ad altre decine di giovani romene, che venivano fatte prostituire e che erano costrette a consegnare parte dell’incasso, insieme all’obolo da 50 euro che rappresentava una sorta di tassa d’esercizio. Se alle ragazze non stava bene, si scatenava l’inferno. «Ti ammazzo – sarebbe stato gridato ad una delle giovani vittime - ti investo con la macchina e ti succhio il sangue». Alle violenze verbali si alternavano le violenze fisiche. «Questa sera l’ammazzo – sono le parole proferite all’indirizzo di un’altra prostituta, mentre veniva schiaffeggiata - la porto nel bosco e l’ammazzo insieme alla sua famiglia». E poi giù altre minacce, particolarmente crude e volgari, di compiere atti sessuali ai danni della madre, del figlio e di altri familiari della ragazza. «Devi pagare – avrebbe detto Verdesan ad un’altra giovane prostituta, intimandole di consegnargli il danaro - non devi mangiare da sola, altrimenti rompo la testa a te e al tuo ragazzo».
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