Autostrade, le intercettazioni che incastrano gli ex manager. «Barriere incollate col vinavil»

Autostrade, le intercettazioni che incastrano gli ex manager. «Barriere incollate col vinavil»
Autostrade, le intercettazioni che incastrano gli ex manager. «Barriere incollate col vinavil»
di Michela Allegri
Mercoledì 11 Novembre 2020, 14:30 - Ultimo agg. 20:39
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Le accuse sono pesantissime: manutenzioni non fatte e materiali scadenti usati per risparmiare montagne di soldi, nonostante i rischi per la circolazione. Nell'ordinanza a carico degli ex dirigenti di Autostrade accusati di frode nelle pubbliche forniture e attentato alla sicurezza si legge che «le barriere antirumore realizzate dalla stessa Aspi nella rete di competenza del I Tronco erano state progettate e costruite in modo errato e contrario alle norme di buona costruzione». Le barriere in questione, prosegue il gip, «non erano in grado di sopportare l'azione del vento ed erano perciò a rischio ribaltamento e in diverse occasioni si erano concretamente ribaltate sulla strada». Nonostante la consapevolezza di questi difetti, i manager avrebbero proseguito la gestione delle strade nascondendo i rischi. Tutto questo, sostengono gli inquirenti, per evitare le ingenti spese che la sostituzione immediata delle opere danneggiate avrebbe comportato. Per questa vicenda tre ex top manager di Aspi sono ai domiciliari, mentre per altri tre dirigenti in carica è stata disposta una misura interdittiva. 

 

Le indagini sono scattate dopo il crollo del viadotto Polcevera, per il quale, sottolinea il gip, sono emerse «gravi condotte legate a una politica imprenditoriale volta alla massimizzazione dei profitti mediante la riduzione e il ritardo nelle spese necessarie alla manutenzione della rete autostradale affidata in concessione e a scapito della sicurezza pubblica».

Un quadro che il giudice definisce «desolante», dal quale è emersa l'insicurezza della rete sia con riferimento alle gallerie che alle barriere di contenimento. Emblematica una conversazione intercettata: un indagato sottolinea che la resina utilizzata per gli ancoraggi è difettosa e totalmente inefficace: «E' incollato col Vinavil», dice. Nella stessa conversazione viene sottolineato che «le barriere intergautos non sono a norma di legge».

Intanto Aspi ha attivato le procedure previste dal contratto per una immediata sospensione dal servizio rispetto ai due tecnici dipendenti coinvolti – dopo avere licenziato o allontanato lo scorso anno i top manager finiti ai domiciliari – e fa sapere che l'inchiesta riguarda una specifica tipologia di barriere integrate anti-rumore, denominate Integautos, presenti su circa 60 dei 3.000 km di rete di Autostrade per l'Italia. La società era venuta a conoscenza delle attività di indagine lo scorso 10 dicembre 2019, a seguito di un provvedimento di sequestro di documentazione notificatole dalla Guardia di Finanza di Genova, come reso noto dalla società stessa nella successiva trimestrale. «La totalità di queste barriere - assicura Aspi in una nota - è già stata verificata e messa in sicurezza con opportuni interventi tecnici tra la fine del 2019 e gennaio 2020, nell'ambito del generale assessment delle infrastrutture messo in atto dalla società su tutta la rete autostradale. Per tali infrastrutture è stato parallelamente definito a inizio 2020 un piano di sostituzione di intesa con il Dicastero». La spesa totale per gli interventi di sostituzione è già stata autorizzata ed è pari a 170 milioni di euro.

Ai domiciliari ci sono l’ex amministratore delegato Giovanni Castellucci, il direttore delle operazioni Paolo Berti e Michele Donferri Mirella. Il gip sottolinea che Castellucci «era perfettamente al corrente della situazione di problematicità delle barriere e costantemente informato sulle decisioni per la gestione delle stesse, che ha pienamente avallato e sostenuto». Viene descritto come un soggetto dalla personalità «spregiudicata e incurante del rispetto delle regole, ispirata a una logica strettamente commerciale e personalistica, anche a scapito della sicurezza collettiva». In alcune intercettazioni – acquisite da un procedimento parallelo – Berti e Donferri parlano della sua capacità di condizionare i loro comportamenti anche a livello processuale. La vicenda riguarda la morte di 40 persone che erano a bordo di un bus precipitato da un viadotto, e tra gli imputati, ad Avellino, c'erano anche i vertici Aspi per la scarsa manutenzione delle barriere. Berti è stato condannato, mentre altri dirigenti - Castellucci compreso - sono stati assolti. Lui sostiene di «non avere riferito la verità... condotta che ha contribuito all'assoluzione di Castellucci» che, interessato al mantenimento della linea, secondo i pm avrebbe incaricato Donferri di tranquillizzare Berti: «Ha chiesto una mediazione con te, ti vuole rasserenare, ti aiuterà per tutta la vita, ti vuole dare questo messaggio», dice infatti Donferri a Berti dopo la sentenza. Il gip specifica che Donferri è interessato alla tenuta delle versioni, visto che è indagato con Berti e Castellucci per il crollo del ponte Morandi: «Ho capito Paolè... che tu sia stanco non è che gli puoi imputà a lui che ci sono stati 43 morti de là... 40 de là, 43 de qua... stamo tutti sulla stessa barca».

Donferri Mitelli sarebbe stato l'ideatore e artefice delle condotte illegali, come emerge dalle registrazioni effettuate da un dipendente durate le riunioni nel suo ufficio di Roma. Anche lui è stato allontanato dalla società. Dopo il suo licenziamento, all'insaputa di Aspi, ha sottratto documentazione presente in ufficio in modo da sviare le indagini, contattando persone di fiducia, come la sua segretaria. «Domani mattina portami un bel trolley grosso, cominciamo... devo cominciare a prendere l'archivio là del Polcevera, quella è roba mia», dice intercettato a un collega. E ancora: «Piano piano, un cosetto al giorno, tanto là sono statole di legno, tu fai la foto alla scatola, ti stampi la foto e la roba che ci sta dentro, un poco al giorno». La stessa richiesta viene fatta alla segretaria.

Anche a carico di Paolo Berti secondo gli inquirenti sarebbe emersa la «consapevolezza della situazione di pericolosità delle barriere e l'apporto marteriale fornito a Donferri Mirelli, di cui era diretto superiore». Il gip sottolinea che è consapevole della situazione almeno dai primi mesi del 2017, come testimoniato dalla foto inviata via whatsapp a Castellucci raffigurante il cedimento delle barriere sul viadotto Rio Rezza. Il giudice specifica che «ha deciso, insieme a Donferri, di occultare il problema e proseguire in condizioni di chiara pericolosità. Al fine di ottenere cospicui risparmi di spesa».

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