Messina, blitz contro “cosa nostra”: trenta arresti

Messina, blitz contro “cosa nostra”: trenta arresti
Giovedì 6 Luglio 2017, 07:59 - Ultimo agg. 7 Luglio, 08:03
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Ci sono anche un funzionario del Comune di Messina, accusato di corruzione, imprenditori e un avvocato, indagato per riciclaggio tra i trenta sarrestati dell'operazione dei carabinieri del Ros e del comando provinciale sulla scoperta di una cellula operativa in città del clan Santapaola di Catania. Secondo la Dda della Procura di Messina sarebbero «tutti connessi a un disegno di gestione di interessi economici illeciti contrassegnati da riservatezza e reciproca affidabilità».
 


Il blitz è scattato nelle province di Messina, Catania, Siracusa, Milano e Torino, con il coordinamento del procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dei sostituti Liliana Todaro, Maria Pellegrino e Antonio Carchietti per associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, estorsione, corruzione, trasferimento fraudolento di valori, turbata libertà degli incanti, esercizio abusivo dell'attività di giochi e scommesse, riciclaggio, reati in materia di armi. Per 10 degli indagati il Gip ha disposto la misura degli arresti domiciliari. È la prima volta che si scopre, a Messina, una cellula di Cosa nostra del clan Santapola di Catania. Sarebbe stata gestita da persone appartenenti alla famiglia di Francesco e Vincenzo Romeo, il cognato ed il nipote del boss Nitto Santapaola, perché rispettivamente marito e figlio della sorella Concetta Santapaola.

Il ruolo di capo, secondo le indagini del Ros, era rivestito da Vincenzo Romeo, sotto la supervisione del padre, Francesco, e con la collaborazione dei fratelli, Pasquale e Benedetto e Gianluca. Accertati i cospicui interessi dell'organizzazione nella gestione di centri scommesse e nella distribuzione di macchinette video-poker in provincia di Messina attraverso diverse società. Dal complesso delle acquisizioni è emersa anche ancora, l'influenza di Vincenzo Romeo sulla Primal s.r.l., società titolare di una concessione con diritti su 24 sale e 71 'corner'. Proprio Romeo in alcune intercettazioni ambientali agli atti dell'inchiesta della Dda della Procura di Messina, spiega di aver preso parte a Roma ad un incontro con i finanziatori di questa società e che nell'occasione sarebbero stati presenti numerosi rappresentanti di diverse «famiglie» della Sacra Corona Unita e della 'Ndrangheta.

Vincenzo Romeo sarebbe intervenuto con esponenti della cosca dei Barbaro di Platì (RC) per definire la «messa a posto» delle società messinesi «Demoter S.p.a.», riconducibile a Carlo Borrella ex presidente dell'associazione degli imprenditori edili di Messina e «Cubo S.p.a.», che, secondo l'accusa, essendo state finanziate dall'organizzazione mafiosa, si erano avvicendate nei lavori di realizzazione e parziale adeguamento della «Strada statale 112 Bovalino - Platì - Zillastro - Bagnara».


Un clan che si nasconde, che preferisce il basso profilo, che non vuole atti criminali eclatanti, anzi è lontano da bande armate e santini bagnati col sangue degli affiliati e bruciati, ma che diventa imprenditore.

È la logica operativa della cellula della cosca Santapaola di Catania attiva Messina, dove aveva fin'ora agito in maniera indiretta, con alleanze locali. Che opera nel solco della linea avviata da Cosa nostra catanese: collocata all'interno dell'economia reale e delle relazioni socioeconomiche, con agganci in ogni settore della società che conta. Una entità capace di teorizzare, come emerge nelle intercettazioni, l'abbandono delle forme criminali violente e del rituale mafioso per gestire società di servizi, controllare in modo diretto appalti su scala nazionale, gestire il gioco illegale e le scommesse della massima serie calcistica, operare attraverso la corruzione e il clientelismo il controllo sull'attività di enti pubblici, attivare informatori in tutti gli uffici pubblici. È quello che emerge dalle indagini dei carabinieri dei Ros coordinate dalla Dda della Procura di Messina.

È una struttura criminale moderna che ha sostituito i manager ai padrini e che opera per il profitto col «concorso esterno» delle squadre che sparano, più difficile da scardinare perché nascosta e infiltrata.
Una cellula di Cosa nostra che rovescia il tradizionale rapporto dei ruoli tra società bene e società violenta rispetto per conseguimento degli scopi associativi della famiglia mafiosa. Che resta forte e riconosciuta negli ambienti criminali tanto che le bande di Messina ogni qualvolta si imbattono negli interessi dell'associazione si fermano, obbedendo. Singolare inoltre la sostituzione del pizzo con altre forme di intervento economico, grazie anche a società che forniscono servizi alle imprese (come le cooperative nel settore dalle forniture alimentari) o gestiscono in subappalto la fornitura di prodotti parasanitari per conto delle Asl.


 
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