Catania, l’ergastolano premiato perché si comporta bene: esce e uccide due donne

Colpite entrambe con un colpo di pistola alla testa a 90 minuti di distanza. Il killer ha chiamato i carabinieri e si è suicidato. Era fratello di un boss locale

Catania, donna uccisa a colpi di pistola trovata dentro un'auto e un'altra ferita grave. L'omicida si è suicidato
Catania, donna uccisa a colpi di pistola trovata dentro un'auto e un'altra ferita grave. L'omicida si è suicidato
Sabato 11 Febbraio 2023, 11:23 - Ultimo agg. 12 Febbraio, 14:08
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Il killer ergastolano era al suo ultimo giorno di licenza premio. Il piano di morte doveva averlo programmato da tempo. Salvatore La Motta, 63 anni, ha ucciso due donne e poi si è sparato un colpo di pistola alla tempia davanti alla caserma dei carabinieri di Riposto, in provincia di Catania. 
La Motta è un cognome che conta nella mafia locale, ma il movente del femminicidio-suicidio, ancora oscuro, va cercato nelle relazioni sentimentali che legavano vittime e carnefice. Ma anche un altro uomo, fermato ieri sera con l’ipotesi di concorso in omicidio, avrebbe avuto un ruolo. Ha ssistito al primo omicidio e non sarebbe stato sul posto per caso.

Il primo omicidio

L’orrore inizia intorno alle 8.30 di ieri mattina. Qualcuno nota una donna accasciata sul volante di una Suzuki Ignis ferma sul lungomare nella zona del porto turistico.

Sembra un malore. Sembra, appunto. C’è parecchio sangue nell’abitacolo. Le hanno sparato un colpo di pistola calibro 38 al volto. Carmelina Marino aveva 48 anni e non era sposata. I carabinieri della compagnia di Giarre e del comando provinciale delimitano la scena del crimine. Le telecamere di videosorveglianza hanno ripreso il delitto. Si vede un’auto giungere sul posto, un uomo scendere, aprire lo sportello lato passeggero della Suzuki e sparare.

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Il secondo delitto

Alle 10 arriva una telefonata al 112. C’è un’altra donna per terra. Ha fatto in tempo a parcheggiare la sua Fiat Panda, in via Roma, ed è stata freddata con due colpi al viso. I soccorritori hanno tentato invano di rianimarla. La vittima si chiamava Santa Castorina, 50 anni, faceva la baby sitter e non era sposata. In macchina c’è il suo cagnolino, un barboncino. 
Due donne assassinate una dopo l’altra, in due luoghi distanti appena una manciata di minuti in auto. Sin da subito è chiaro che deve esserci un collegamento. Dalle immagini del primo delitto si risale all’identità di La Motta. I carabinieri gli danno la caccia. Intorno alle 12 si presenta in caserma. È stato il suo avvocato a chiamarlo. Il legale, Antonio Cristofero Alessi, è lì casualmente. Stanno interrogando un giovane parente di La Motta per un’altra vicenda. Sente pronunciare il cognome del suo cliente e lo avverte. «Gli ho detto di venire subito, lo stavamo aspettando», spiega il legale. 

Il suicidio

Motta è armato. «Mi voglio costituire», dice. I militari, tenendolo sotto tiro, hanno cercato di convincerlo a lasciare l’arma – racconta il comandante del reparto Operativo dei carabinieri del comando provinciale di Catania, il tenente colonnello Claudio Papagno – a non fare alcun tipo di gesto insensato. «Ma, purtroppo, è stato inutile - dice il militare - perché l’uomo si è puntato la pistola alla testa e ha fatto fuoco». Impugnava una calibro 38 Smith & Wesson a tamburo.

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Il profilo

Salvatore, “Turi”, La Motta era detenuto in semilibertà. Di giorno lavorava in un caseificio a Riposto e la sera rientrava in cella ad Augusta nel Siracusano. Stava usufruendo di una licenza premio di una settimana. Dal 2000 scontava il carcere a vita per due omicidi commessi nel 1992. Trent’anni fa, infatti, aveva già premuto il grilletto. Faceva parte del gruppo di fuoco che uccise, davanti a un bar in pieno centro, Cosimo Torre e Leonardo Campo. Quest’ultimo era uno dei capi storici della criminalità organizzata di Giarre. Fu l’inizio della scalata criminale dei La Motta. Il fratello dell’assassino suicida, Benedetto, noto come ‘Benito’ o “Baffo”, di due anni più grande, è stato arrestato nel luglio 2020 con l’accusa di essere l’uomo di riferimento dei Santapaola-Ercolano a Riposto. Lo scorso marzo Benedetto La Motta è stato condannato a 30 anni: avrebbe ordinato di uccidere un ventisettenne, assassinato con sedici coltellate alla gola e al torace, una sera del 2016. Sarebbe stato un favore ad un amico che non gradiva la relazione della vittima con la sua vecchia compagna. Una storia di onore e rispetto mafioso. 
 

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Cosa ha armato la mano di Salvatore La Motta? «Ci siamo visti ieri pomeriggio – spiega il suo avvocato – era sereno, nessun segnale che facesse pensare ad una simile tragedia. Come per gli altri detenuti in semilibertà gli spettavano 45 giorni di libertà all’anno, non era la prima volta che godeva del beneficio e non è mai successo qualcosa». 
Una delle vittime aveva una relazione sentimentale con La Motta. Ma s’indaga anche sul rapporto che legava le due donne. Qualcuno potrebbe aiutare la procura di Catania a fare chiarezza. L’uomo che guidava la macchina quando La Motta è sceso nella zona del lungomare e ha ucciso la prima donna è stato fermato con l’ipotesi di concorso in omicidio. 

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