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Claudio Campiti, il folle piano: massacro e fuga a Malaga. «Ha fatto il tiro al bersaglio»

Aveva tre zaini con passaporto, 6mila euro e vestiti di ricambio. Il viaggio su una Ka

Claudio Campiti, il folle piano: massacro e fuga a Malaga. «Ha fatto il tiro al bersaglio»
Claudio Campiti, il folle piano: massacro e fuga a Malaga. «Ha fatto il tiro al bersaglio»
di Valeria Di Corrado e Camilla Mozzetti
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 13 Dicembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. : 13:17
5 Minuti di Lettura

Claudio Campiti «aveva un piano omicidiario organizzato nei dettagli». Aveva meditato la “strage dei consorziati” da almeno un mese, ossia da quando, l’11 novembre, aveva ricevuto la convocazione, nel quartiere romano di Fidene, dell’assemblea del consorzio “Valleverde”. In quel momento, probabilmente, nella sua mente si è palesata l’idea di una vendetta sanguinaria e plateale. D’altronde, il 57enne negli ultimi anni non aveva mai preso parte a queste riunioni, proprio perché aveva più di un contenzioso in corso con quella comunità che dal 1974 ha edificato sulle sponde del lago del Turano. «Il fatto che nutrisse risentimento nei confronti dei membri del consorzio» - secondo il pm che ne ha disposto il fermo di indiziato di delitto - trova conferma anche nelle testimonianze dei sopravvissuti alla strage: «Quando l’abbiamo bloccato, diceva: “maledetti, mi avete lasciato 6 anni senza acqua”».

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SENZA PIETÀ

Per questo, domenica mattina è partito con la sua Ford Ka da Ascrea (in provincia di Rieti) diretto verso la Capitale. È arrivato alle 8.55 al Tiro a volo nazionale di viale Tor di Quinto, ha lasciato il documento, preso una Glock calibro 45 e, senza nemmeno raggiungere la linea di tiro, si è rimesso in macchina, ha percorso circa nove chilometri e mezzo per andare all’assemblea organizzata al bar “Il posto giusto” di via Monte Giberto. È entrato nel dehor «con la precisa finalità - si legge nel decreto di fermo - di ammazzare i componenti del consiglio di amministrazione del consorzio Valleverde». Ha chiuso la porta alle sue spalle e «ha sostanzialmente fatto - spiega il pm - una sorta di “tiro al bersaglio”, colpendo uno dopo l’altro diversi soggetti seduti al tavolo, mirando in punti vitali», a una distanza di circa due metri, come se i condomini fossero sagome del poligono. «Vi ammazzo a tutti», ha urlato Campiti puntando l’arma contro il tavolo dov’era seduto il consiglio del consorzio. «Sparava frontalmente al bersaglio, ossia puntava a uno a uno i presenti», ha riferito agli inquirenti Emilio Brancadoro, che all’assemblea svolgeva il ruolo di segretario. Se non fosse stato placcato da Elisabetta Silenzi (poi morta) e Silvio Paganini avrebbe fatto una strage, uccidendo tutte e 32 le persone presenti alla riunione. 

 

COLTELLI, SOLDI E FUGA 

Nel piano diabolico di Campiti era prevista anche la fuga in auto, forse con meta Malaga (visto che seguiva su Facebook un gruppo di amanti della meta). I carabinieri, infatti, hanno trovato vicino al dehor tre zaini del 57enne: in uno c’era il suo passaporto, un notebook e 5.700 euro in contanti, che si vanno a sommare ai 535 euro che aveva in tasca. Negli altri due zaini aveva vari indumenti di ricambio. «Campiti aveva pianificato non solo la commissione di diversi omicidi - si legge nel decreto di fermo - ma anche una successiva fuga, verosimilmente all’estero». Oltre alla Glock poi in tasca aveva un secondo caricatore con 13 colpi, 155 cartucce stesso calibro, un coltello a serramanico, un pugnale da sub. Per questo la Procura di Roma contesta a Campiti l’aggravante della premeditazione e quella dei futili motivi, il triplice omicidio e il tentato omicidio dei tre sopravvissuti, oltre al reato di porto abusivo di arma e all’appropriazione indebita della Glock del poligono. La pistola, in realtà, non si è inceppata e il killer «sapeva usare benissimo le armi», come si desume dal diploma di idoneità del 2019 e dal fatto che al poligono si allenava almeno dal 2018.

I SOPRAVVISSUTI

«I rapporti si sono deteriorati sia con me che con gli altri membri del consorzio», racconta agli inquirenti Bruna Marelli, presidente di “Valleverde” dal letto del policlinico Umberto I dov’è ancora ricoverata. «Ha cominciato con insistenza a richiedere lo scioglimento del consorzio, dichiarando di non essere disposto a pagare i previsti contributi - continua la donna - infatti da almeno sette anni aveva smesso di pagare. A fronte di tale situazione io stessa feci emettere nei suoi confronti un decreto ingiuntivo di 1.700 euro che lo stesso non pagò mai. Qualche mese fa, intorno a luglio, ho fatto notificare al predetto un secondo decreto ingiuntivo che anche questa volta non ha pagato». Campiti lamentava il mancato allaccio dell’acqua: «Ci offrimmo di fare una colletta per pagare i lavori di allaccio al fine di aiutarlo ma lo stesso rifiutò - prosegue la Marelli - tuttavia sono a conoscenza che ricevette dei soldi dal Comune di Ascrea per l’allaccio al sistema fognario e i lavori non vennero eseguiti». Per circa sei anni lasciò affisso sullo scheletro dell’abitazione uno striscione “consorzio raus”. «I rapporti erano tesi anche nei confronti degli altri condomini - conclude la presidente di “Valleverde” - in quanto Campiti li aveva denunciati numerose volte alla Procura di Rieti... I vari condomini venivano da me a lamentarsi per i suoi comportamenti anche se io non ho mai assistito direttamente ad atteggiamenti strani».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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