Contrada risarcito per ingiusta detenzione: 670mila euro. «Danni irreparabili, soldi non mi interessano»

Contrada risarcito per ingiusta detenzione: 670mila euro. Lui: «Danni irreparabili, soldi non mi interessano»
Contrada risarcito per ingiusta detenzione: 670mila euro. Lui: «Danni irreparabili, soldi non mi interessano»
Martedì 7 Aprile 2020, 12:09 - Ultimo agg. 13:39
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Bruno Contrada è stato risarcito per ingiusta detenzione con la cifra di  670mila euro. «Danni irreparabili, i soldi non mi interessano», ha commentato l'ex numero due del Sisde. La Corte d'Appello di Palermo, infatti, ha accolto la richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione presentata da Bruno Contrada, condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. A Contrada, difeso dall'avvocato Stefano Giordano, sono stati liquidati 670mila euro. La condanna dell'ex poliziotto venne giudicata illegittima dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e dalla Cassazione.

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Contrada: «Soldi non mi interessano, i danni sono irreparabili». «I soldi non mi interessano. Dieci euro al giorno mi bastano». Lo dice il dirigente generale della polizia di Stato in pensione Bruno Contrada dopo aver saputo della decisione della corte d'appello di Palermo che gli riconosce 670mila euro per ingiusta detenzione. «Aspetto di leggere le motivazioni, il ragionamento e le argomentazioni della Corte - spiega -. Non ci sono soldi per pagare le sofferenze che la mia famiglia ha subito. Mio figlio che era poliziotto è gravemente malato: un giovane che ha visto il padre, dirigente generale della polizia di Stato la stessa di cui lui indossava la divisa che per lui era un mito, arrestato e accusato di cose gravissime. Mia moglie che si è ammalata di cuore subito dopo il mio arresto. Ci può essere risarcimento? Spione, agente segreto, sempre appellativi per gettarmi fango addosso. Io sono un dirigente generale della Ps applicato ai servizi di sicurezza che da vicecommissario ha scalato tutti i gradi della polizia di Stato».

Arrestato a fine 1992. Contrada, 88 anni e mezzo, ancora lucidissimo e con una grande memoria, è stato arrestato nel Natale 1992 e ha trascorso 4 anni e mezzo in carcere e 3 anni e mezzo ai domiciliari. Due anni gli sono stati condonati per buona condotta. «Il denaro - dice - non può risarcire i danni che ho subito in 28 anni. Quando nel 2017 la Cassazione ha recepito la sentenza della corte europea per i diritti dell'uomo, confortata dalla decisione della grande Camera di Strasburgo dove 17 giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso dell'Italia ho provato un momento di gratificazione. L'Europa riconosceva la mia sventura umana e giudiziaria. Ma io provavo sofferenza solo a leggere i documenti di quella causa che cominciavano 'Bruno Contrada contro l'Italia». «Ho vissuto - continua - fin da piccolo col valore altissimo della Patria, l'Italia, e dello Stato. Solo per questo avrei diritto a un risarcimento solo perchè hanno distrutto le certezze e i valori in cui ho creduto una vita». «Per me - prosegue - indossare la divisa da ufficiale dei bersaglieri a 22 anni, e poi quella della Polizia di Stato fino a diventare dirigente generale, era tutto. Anche in carcere applicavo quei valori comportandomi bene e rendendomi utile con i consigli e l'esempio per i compagni di detenzione».


Il legale di Contrada: «Sentenza della Corte coraggiosa e libera». «Riteniamo che la pronuncia della Corte d'appello sia perfettamente in linea con la decisione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e ne dia la giusta esecuzione: al di là del quantum liquidato, i giudici, con un provvedimento libero e coraggioso, hanno statuito che Bruno Contrada non andava né processato, né tanto meno condannato e che, dunque, non avrebbe dovuto scontare neppure un solo giorno di detenzione, disattendendo le obiezioni della Procura Generale e dell'Avvocatura dello Stato».

Lo dice l'avvocato Stefano Giordano, legale di Bruno Contrada commentando la sentenza della corte d'appello di Palermo che ha risarcito il suo cliente, ex numero due del Sisde condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, per l'ingiusta detenzione subita. «Ci riserviamo ora - aggiunge - di esaminare attentamente il provvedimento, per valutare eventuali spazi per l'impugnazione avanti la Corte di Cassazione».

 

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