Cori razzisti, nelle curve spunta l'agente infiltrato

Cori razzisti, nelle curve spunta l'agente infiltrato
di Valentino Di Giacomo
Sabato 29 Dicembre 2018, 07:52 - Ultimo agg. 12:03
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«Follow the money». Non solo truce violenza quella che accade negli stadi italiani, ma cori razzisti e scontri diventano semplicemente un mezzo per avere un posto a tavola nel business milionario del pallone da parte dei gruppi ultras. Un fenomeno comune in tutta Italia e dove le ideologie politiche rappresentano solo un facile vettore per arruolare manovalanza utile allo scopo. È quanto emerge dalle recenti indagini sul tifo. L'ululato contro i calciatori di colore, la discriminazione territoriale verso i napoletani sono lo strumento dei capi-ultrà per guadagnare potere contrattuale nei confronti delle società sportive: in cambio vengono chiesti biglietti da rivendere e la possibilità di fare merchandising all'interno e all'esterno degli stadi. Una mera logica imprenditoriale. Per fermare questo potere ricattatorio, al Viminale, sono allo studio misure choc.

L'INFILTRATO
Tra le proposte sul tavolo del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, c'è soprattutto la possibilità di avvalersi di un agente infiltrato all'interno degli stadi per individuare e perseguire i soggetti responsabili dei reati. L'obiettivo sarà dare un nome e un volto a coloro che discriminano e cantano cori razzisti. Un'ipotesi per il momento, ma che consentirebbe di non sparare più nel mucchio chiudendo curve e interi stadi come avvenuto a Milano dopo gli insulti a Koulibaly: si assicurerebbero direttamente i colpevoli alla giustizia senza che a pagare possano essere i semplici appassionati che frequentano gli impianti sportivi. Soprattutto è l'idea dei tecnici dell'Interno sarebbe un modo per far mancare ai gruppi ultras la possibilità di ricattare i club. La chiusura delle curve è infatti lo spauracchio che non di rado, come è dimostrato sia avvenuto con la Juventus, induce le società sportive a scendere a patti con le frange estreme del tifo, in quel caso persino legate a cosche ndranghetiste, per evitare multe della Figc e restrizioni. L'agente undercover, già previsto anche nell'ultimo decreto anti-corruzione, è prassi in uso alla polizia per indagini su mafia, droga e terrorismo.

 

GLI 007
Quanto è avvenuto all'esterno di San Siro, con ultrà del Varese e persino del Nizza che si sono uniti alla battaglia contro i tifosi napoletani è solo l'ultimo episodio che mette in luce patti di sangue tra differenti gruppi. «Vale la legge del beduino spiega Girolamo Laquaniti, portavoce dell'Associazione nazionale dei funzionari di polizia per loro c'è la regola che il nemico del mio nemico è mio amico». Ma il reclutamento dei gruppi ultras provenienti dall'estero ha un motivo più pratico. «Per aggirare i controlli viene spiegato dall'Anfp ci si avvale anche di tifosi stranieri, più difficile identificarli se non segnalati preventivamente dai colleghi europei. È avvenuto più volte anche altrove, non solo a Milano». Non è un caso che l'ultrà del Varese investito mercoledì all'esterno di San Siro, fosse anche un esponente del gruppo neofascista «Blood & Honour» monitorato anche dall'intelligence. I legami trans-europei tra gli appartenenti alla galassia dei movimenti neofascisti, come pure il meccanismo per fare dell'ideologia un business, sono stati quindi replicati all'interno degli stadi. Un sistema illustrato nell'ultima relazione dei Servizi segreti presentata in Parlamento. «L'attività dei Blood & Honour continua ad essere rappresentata anche dall'organizzazione di concerti e manifestazioni: eventi che, attirando militanti e simpatizzanti dall'Italia e dall'estero, risultano funzionali ad accrescere coesione e senso di appartenenza nonché in termini di autofinanziamento e rappresentano un veicolo di diffusione di queste retoriche. Permangono in particolare contatti con analoghe formazioni tedesche». I legami tra i network neonazisti e le tifoserie sono riproposti su scala europea in maniera simmetrica.

LA MAPPA
Gli ultimi dati a disposizione del Viminale indicano che i gruppi ultras attivi presenti sul territorio nazionale sono 328, ma solo 151 di questi sono orientati politicamente. Di questi 40 sono di estrema destra, 45 di destra, 33 di sinistra e 21 di sinistra radicale. Lo zoccolo duro degli xenofobi del calcio sono in Triveneto, con Treviso, Vicenza e Padova da anni sotto il monitoraggio degli agenti della Digos. Di matrice di estrema destra anche gli ultras del Verona legati ai Bonhead inglesi del Chelsea. Sotto i riflettori pure le due squadre romane, netta la prevalenza dei gruppi della Lazio gemellati, tra l'altro, con i club interisti, tra cui spiccano gli Skinhead e gli Irriducibili. Anche la curva della Juve è legata a tifoserie marcatamente anti-semite come i polacchi del Legia Varsavia e gli olandesi del Den Haag. Napoli invece non ha gruppi politicizzati, dei destinatari di Daspo solo sparuti soggetti frequentano centri sociali di sinistra e pochissimi militano in gruppi di estrema destra. Ma l'affiliazione politica resta solo un modo per reclutare manovalanza e far sentire parte di un gruppo persone facilmente plasmabili. «L'obiettivo spiegano i tecnici del Viminale - è avere peso ricattatorio con i club e visibilità dai media anche grazie a scontri e manifestazioni xenofobe: essere in tv o sui giornali accresce l'importanza dei gruppi e la possibilità di essere ritenuti interlocutori all'interno del sistema-calcio». Eppure una parte di questa galassia sarà ricevuta al Viminale da Salvini, una ricerca di un dialogo viene fatto intendere - prima di passare alle maniere dure.

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