Coronavirus, tanti anziani che vivono in famiglia: ecco perché l'Italia ha il record di letalità

Coronavirus, tanti anziani che vivono in famiglia: ecco perché l'Italia ha il record di letalità
Coronavirus, tanti anziani che vivono in famiglia: ecco perché l'Italia ha il record di letalità
di Luca Cifoni
Martedì 17 Marzo 2020, 08:16 - Ultimo agg. 11:00
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È una delle domande di queste drammatiche giornate, forse quella che si pone con più urgenza: perché in Italia ci sono così tanti decessi per coronavirus, più di quanti se ne attenderebbero pur in presenza di un numero elevatissimo di contagiati? La letalità apparente (rapporto tra deceduti e persone positive al test) con i dati di ieri arriva al 7,7%, un valore che non trova riscontro negli altri Paesi. I morti italiani sono circa il 30% di quelli globali, come evidenzia anche un report dello Spallanzani. Come mai? Epidemiologi e statistici hanno risposto da una parte esponendo l'ipotesi - assai fondata - che i malati effettivi siano almeno il doppio di quelli registrati ufficialmente; dall'altra ricordando che i decessi riguardano in larga parte persone molto anziane afflitte da varie altre patologie.

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L'età media dei morti è intorno agli 80 anni e circa due terzi dei casi confermati riguardano persone con più di 60 anni. Il fattore età potrebbe essere parzialmente rilevante nel confronto con Paesi con una struttura più giovane, come l'Iran la Cina o in misura minore la Corea del Sud. Ma non spiega nulla se si vanno a guardare i numeri bassissimi delle morti in Germania, dove l'età mediana della popolazione è analoga alla nostra.

La discussione sul tema si è concentrata sui diversi criteri adottati nei due Paesi per contabilizzare i decessi. Da noi è stato precisato fin dall'inizio che i numeri si riferiscono a pazienti morti dopo essere stati trovati positivi al coronavirus, ma non necessariamente per questa causa: le autorità sanitarie si riservano valutazioni dopo aver approfondito i singoli casi. In Germania la procedura è meno chiara ma verosimilmente porta a includere nel conteggio solo i decessi il cui collegamento con il Covid-19 è dimostrato al di là di ogni dubbio.

Il fatto che la mortalità italiana si inserisca in un contesto di fragilità dei parenti anziani è confermato anche dalla rilevazione sui decessi degli ultrasessantacinquenni - effettuata normalmente per valutare l'andamento della normale influenza: fino a fine febbraio (quando però l'epidemia non si era ancora scatenata con la violenza attuale) i decessi erano un po' inferiori a quelli attesi in base agli andamenti degli anni scorsi.

LE TENDENZE
Ma forse c'è dell'altro. Tornando al confronto tra Italia e Germania, la popolazione vecchia potrebbe incidere in modo diverso. Gli anziani italiani per tradizione e organizzazione sociale vivono in contatto più stretto con il resto della popolazione, ed anche con la fascia giovane, rispetto a quanto avviene nel Nord Europa. Una situazione confermata dall'esperienza empirica di molti italiani ma evidenziata anche - seppur in modo meno diretto - dalle statistiche. Come quelle di Eurostat che segnalano come da noi i due terzi dei giovani tra i 18 e i 34 anni vivano ancora con i genitori, contro il 40% dei coetanei tedeschi.

Il fenomeno persiste pur se con minore intensità a età maggiori: per il nostro Paese i ricercatori tedeschi Christina Bayer e Moritz Kuhn hanno calcolato per il nostro Paese una percentuale superiore al 20 per cento nella fascia 30-49. Guardando le cose da un altro lato, sempre Eurostat ci fa sapere che in Italia il 17,4 per cento degli anziani vive in coppia insieme ad altre persone: in Germania la percentuale non arriva al 3. Simile a quella italiana è la struttura di altri Paesi mediterranei come la Spagna che si sta avviando anch'essa su un percorso di alta mortalità apparente. E non è solo un fatto di convivenza in senso stretto, ma anche di vicinato (generazioni diverse che abitano nello stesso quartiere se non nello stesso immobile) e in generale di rapporti tra genitori anziani e figli più frequenti rispetto ad altre aree dell'Europa. Questo modello culturale e sociale potrebbe ora essere messo a dura prova non solo dalla malattia in sé, ma delle eventuali contromisure di medio-periodo, se comprenderanno forme di isolamento o di limitazione della mobilità per le persone anziane.
 

 
 

 

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