Coronavirus, rendere la app Immuni obbligatoria «di fatto»: il piano della task force del governo

Rendere la app obbligatoria «di fatto»: il piano della task force del governo
Rendere la app obbligatoria «di fatto»: il piano della task force del governo
di Rosario Dimito e Cristiana Mangani
Lunedì 20 Aprile 2020, 00:16 - Ultimo agg. 14:52
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La via per un ritorno alla normalità passa dal rispetto delle regole e dall’esigenza di mantenere un controllo molto netto sulla diffusione dei contagi. Per questo l’app per il tracciamento della diffusione del virus riveste un’importanza fondamentale. Lo sanno bene gli esperti della task force diretta da Vittorio Colao, così come quelli del Comitato tecnico scientifico che, in queste ore, si stanno lambiccando il cervello per convincere gli italiani a scaricare l’applicazione di Immuni che potrebbe essere determinante per definire l’espansione dell’epidemia. 

Resta fermo il principio della volontarietà, come è stato più volte ribadito. Sebbene - ha specificato il Commissario straordinario Domenico Arcuri - «affinché il dispositivo sia realmente efficace, è necessario che venga scaricato almeno dal 70% della popolazione».



E allora nel caso in cui i cittadini mostrino diffidenza verso un sistema di monitoraggio generale, le soluzioni che si stanno ipotizzando tra i tecnici, restano quelle di continuare a limitare i movimenti di tutti coloro dei quali non si conosce lo stato di salute. Insomma, la app è volontaria, ma di fatto, è possibile che si arrivi a decidere di renderla indirettamente obbligatoria, proprio per preservare chi, invece, le regole le vuole rispettare tutte. E quindi le restrizioni potranno continuare in base alle fasce d’età, per quelle categorie considerate a maggior rischio, a esempio gli ultrasettantenni o anche i minorenni: i primi per la maggiore sensibilità al virus, i secondi per l’eventualità che lo diffondano senza esserne a conoscenza.

È possibile anche che si decida di cambiare le opzioni da indicare nell’autocertificazione, dove verrà specificato se è stata scaricata l’app, oppure no. Quello che il governo si aspetta, prima di tutto, è il senso di responsabilità dei cittadini. Perché, se al secondo giorno dalla potenziale riapertura, l’indice R0 risale, non c’è alternativa che tenga: si riparte con il lockdown.

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In attesa che l’ordinanza firmata da Arcuri - con la quale è stato assegnato l’affido diretto alla società di sviluppo Bending Spoons per l’utilizzo del software - si trasformi in vero contratto, sulla questione app ha chiesto di vederci chiaro anche il Copasir, che potrebbe convocare a breve per un’audizione proprio il commissario straordinario. «Il Comitato per la sicurezza della Repubblica - ha fatto sapere il presidente Raffaele Volpi - intende approfondire la questione app “Immuni” sia per gli aspetti di architettura societaria sia per quanto riguarda le forme scelte dal commissario Arcuri per l’affidamento e la conseguente gestione dell’applicazione non escludendo l’audizione dello stesso, ritenendo che si tratti di materia afferente alla sicurezza nazionale». 

Volpi ha sottolineato anche che «il Copasir nella concreta condivisione di tutti i suoi componenti sugli obiettivi di sicurezza nazionale sta, in questo drammatico momento per il Paese, operando, anche grazie alla preziosa collaborazione delle Agenzie del comparto Intelligence, per dare il miglior contributo alla sicurezza nazionale e all’interesse nazionale». Una sicurezza che passa per la salute ma non solo, visti gli ultimi episodi di insofferenza sociale che si stanno verificando in varie parti d’Italia.


Punto di arrivo per la buona riuscita dell’applicazione sugli spostamenti è anche l’intervento collettivo e univoco delle Regioni che, in questo periodo, stanno andando ognuna per la propria strada. In molte parti d’Italia, infatti, sono già presenti sui telefoni dei cittadini delle app sanitarie inviate con sms dalle amministrazioni locali. Per questa ragione, nei prossimi giorni, il ministro Boccia, insieme con altri colleghi, terrà una videoconferenza con i presidenti per trovare un punto di accordo. Il sistema dovrà passare anche al vaglio del Parlamento, per le implicazioni che comporta in termini di libertà personale. Se si vuole che sia obbligatoria serve, infatti, una norma primaria, così come ha specificato anche il garante per la privacy Antonello Soro. 
 

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