Coronavirus, boom di donazioni ma è difficile comprare mascherine e macchinari

Coronavirus, boom di donazioni ma è difficile comprare mascherine e macchinari
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 25 Marzo 2020, 08:00 - Ultimo agg. 12:27
3 Minuti di Lettura

Tra i paradossi principali dell'emergenza coronavirus, ci sono le difficoltà a trovare e riuscire ad ottenere macchinari e materiale sanitario. Trasporti e comunicazioni difficoltose, boicottaggi, truffe hanno fatto perdere in questi giorni tempo prezioso. Chi aveva fondi disponibili, anche grazie a decine e decine di donazioni private, ha incontrato ostacoli ad utilizzarli.

 



«A noi hanno bloccato per oltre dieci giorni la fornitura di mascherine già acquistate - racconta Ciro Verdoliva, direttore generale della Asl Napoli uno - La Turchia non ci ha consentito, per la chiusura delle frontiere, di poter ricevere il materiale ordinato. Situazioni che, in questi giorni, si sono ripetute in molti Paesi, come la Turchia o l'Ungheria».

Anche la Polonia ha fermato i camion diretti in Italia, fermando 23mila mascherine destinate al Lazio. Ha spiegato Luca Marciani, direttore della Fondazione Grimaldi: «È uno dei problemi principali in questo periodo, che molti donatori di fondi incontrano. La Fondazione sta utilizzando la rete di rapporti commerciali del gruppo armatoriale Grimaldi per cercare di far arrivare dalla Cina 600mila mascherine già acquistate e alcuni macchinari».
 

Il vero problema è che da tempo l'Italia non produce più mascherine e ha dovuto acquistarle all'estero, soprattutto dalla Cina. Racconta Clemente Mastella, sindaco di Benevento: «Ho promosso una raccolta privata di 120mila euro per l'acquisto di 4 ventilatori respiratori, ma abbiamo incontrato difficoltà a farli arrivare perchè bisogna trovarli all'estero e ci vorrà un mese per averli. L'Italia ha rinunciato a una serie di produzioni, che sono state avviate da paesi come la Cina o l'India a prezzi concorrenziali. Ora, anche in quelle aree i prezzi sono saliti nella logica del mercato».
 
 

C'è una sola azienda in Italia che produre i ventilatori respiratori. È la Siare in provincia di Bologna, che ha appena 35 dipendenti e finora ha lavorato soprattutto con commesse ricevute dall'estero. La Protezione civile ha disposto l'invio alla Siare di 20 esperti militari di appoggio per intensificare la produzione da destinare tutta al mercato italiano. Il risultato è stato una produzione settimanale di 350 ventilatori. Ma la richiesta è in continuo aumento e alcune aziende meridionali, raccogliendo l'invito della Regione Campania e del Politecnico di Bari, hanno deciso di riconvertirsi per produrre ventilatori. Stessa cosa per 126 ditte, anche piccole, soprattutto del settore abbigliamento, disponibili a produrre mascherine e inserite in un elenco diffuso dalla Regione Campania.
 


«Non tutto il materiale è però utilizzabile - spiega il direttore amministrativo dell'Azienda ospedaliera dei Colli, Giovanni De Masi - Abbiamo dovuto mandare indietro un consistente numero di mascherine che non erano rispondenti alle esigenze medico-sanitarie dei nostri ospedali. Abbiamo predisposto un articolato schema del fabbisogno per il Cotugno, il Cto e il Monaldi di materiale di consumo come mascherine, filtri, tute di protezione, camici sterili, gambali, guanti, occhiali, kit diagnostici per coronavirus. Materiale d'uso quotidiano che nelle grandi quantità costa e deve essere reperito con rapidità e continuità».

Si tratta di centinaia di migliaia di pezzi in totale, che hanno bisogno di produzione e rapporti commerciali continui con le aziende.
In molti casi i fondi, anche con le donazioni, ci sono. La difficoltà è sempre avere presto quello che serve. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA