Coronavirus, l'indice dei contagi sotto 1: il nuovo fronte è dentro casa

Coronavirus, l'indice dei contagi sotto 1: il nuovo fronte è dentro casa
di Mauro Evangelisti
Sabato 18 Aprile 2020, 08:18 - Ultimo agg. 19:20
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Il contagio rallenta, anche più di quanto dicano i numeri letti in modo superficiale. La domanda che tutti fanno è: siamo tutti (o quasi) chiusi in casa, ma come mai anche ieri sono stati conteggiati 3.500 nuovi casi positivi di cui un migliaio nella sola Lombardia? Il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore della sanità, ieri ha precisato che l'R con zero, l'indice che misura la velocità del contagio, è sceso sotto a 1. Il rallentamento c'è ed è corroborato dai numeri. «Siamo attorno allo 0,8».

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L'OBIETTIVO
Questo era l'obiettivo: il numero che dice quante persone ogni positivo in media infetta, deve essere sempre più vicino a zero. Ci sono due problemi: il primo è che tutto sta avvenendo con un lockdown severo, cosa succederà quando riapriremo? Soprattutto: se vi sono regioni del nord che continuano a registrare numeri altissimi (in Piemonte ieri quasi 700 positivi) nonostante le chiusure, cosa altro si può fare per arginare i contagi? In altri termini: c'è il centro-sud, che sta ben al di sotto dell'1 e, sia pure con molta prudenza e gradualità, può pensare di avvicinarsi alla fase due. Ma cosa si può fare per rintuzzare verso il basso l'R con zero anche nelle regioni dove la circolazione del virus è stata massiccia e continua a essere significativa?

LA CASA
Il professor Gianni Rezza, direttore di Malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità, indica alcuni nodi: «Chiaramente l'isolamento domiciliare comporta un rischio maggiore di trasmissione intra-familiare, specie se non ci sono le condizioni adatte e se non si rispettano le regole». Chiaro, no?

L'ISOLAMENTO
In Italia ci sono 79mila pazienti positivi isolati soprattutto a casa perché le loro condizioni di salute lo consentono (per fortuna); non sempre è facile usare le precauzioni necessarie e dunque c'è il rischio che i conviventi, per quanto si faccia attenzione, siano contagiati. Per questo il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, ieri ha confermato che si stanno cercando strutture ricettive dove possono restare in quarantena, lontani dalla famiglia, quei pazienti positivi che nelle loro abitazioni non hanno un totale isolamento, perché ad esempio c'è un solo bagno o una sola camera da letto. Nel Lazio ci sono già 2.000 stanze in hotel disponibili per l'isolamento, 700 sono state occupate. Ma anche in altre regioni si guarda verso questa soluzione, ad esempio in Emilia-Romagna, racconta al Corriere di Forlì, la direttrice del Dipartimento di Sanità Pubblica dell'Ausl, Raffaella Angelini: «Per proteggere le persone ancora non contagiate suggeriamo sin dall'inizio l'allontanamento da casa e l'inserimento in strutture extradomiciliari, di chi risulta positivo al tampone».

ZONE ROSSE
Per abbassare ulteriormente l'R con zero, si guarda a un'altra tipologia di luoghi in cui la moltiplicazione del contagio sembra inarrestabile e questo vale al nord (in misura maggiore), ma anche al centro-sud: le rsa e le residenze per gli anziani. Il 40,2 per cento dei deceduti nelle Rsa dall'inizio di febbraio era positivo al Covid-19 o aveva sintomi compatibili con la malattia, dice il report dell'Iss. E la situazione non è migliorata, le rsa, dice Rezza, sono amplificatori ma anche indicatori del contagio. Qui è urgente cambiare la politica dei tamponi.

LA RISALITA
Ultimo tassello: se si vuole evitare che l'R con zero torni a salire, bisogna, in tutta Italia e ancora di più nella fase due, essere chirurgici e tempestivi con le zone rosse.
Ogni qual volta si manifesta un focolaio, bisogna chiudere e isolare, esattamente come si fa con un incendio. «Sono un appassionato di zone rosse» sottolinea Rezza per elogiarne l'efficacia.

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