Coronavirus Italia, le vittime sono meno di 200: mai così da un mese e mezzo

Coronavirus Italia, le vittime sono meno di 200: mai così da un mese e mezzo
di Claudia Guasco
Lunedì 4 Maggio 2020, 07:39 - Ultimo agg. 12:37
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A poche ore dalla Fase 2, arriva un segnale incoraggiante: per la prima volta tutti i dati nazionali dell'epidemia si allineano in un'unica direzione e registrano un calo. A cominciare dal numero più atteso, quello delle vittime, che dopo settimane mostra una flessione rilevante. La strada è ancora lunga, avvertono gli epidemiologi, il virus non è stato sconfitto, ma l'ultimo bollettino della protezione civile permette comunque di affrontare con minore ansia le prime riaperture.

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«RISCHIO DI FOCOLAI»
Ieri le vittime sono state 174 rispetto alle 474 di sabato, e si tratta bilancio più basso dal 14 marzo. I guariti superano quota 80 mila a raggiungono 81.654, con un aumento di 1.740 dalle 1.665 precedenti. Diminuiscono anche i pazienti ricoverati e in isolamento domiciliare. In terapia intensiva si trovano ora 1.501 persone, 38 in meno, e sono ancora in ospedale con sintomi 17.242 degenti, con 115 dimessi, mentre gli isolati sono 81.436 (-372). I contagiati totali sono 210.717, con 1.389 nuovi positivi a fronte dei 1.900 di sabato. La maggioranza si concentra in Lombardia (+526 ieri), seguita da Piemonte (+251) ed Emilia-Romagna (+166). Umbria e Molise le regioni più avanti nella lotta al virus, senza casi di positività nelle ultime ventiquattr'ore, la Calabria che sabato era a zero ora ne ha due, in Lazio sono 53 in tutto. «È necessaria anche nella Fase 2 grande attenzione e molta prudenza perché il virus è ancora tra di noi. Soprattutto ai focolai epidemici in circostanze particolari, penso alle persone a rischio come gli anziani o a chi ha più patologie. Occorre tutelare questi soggetti con un monitoraggio stretto del tasso di contagi e una sorveglianza particolare», avverte Sylvie Briand, direttore del dipartimento per la gestione dei rischi infettivi dell'Oms. Aggiungendo che «il caldo e la vita all'aria aperta potrebbero limitare il contagio». Una teoria parzialmente condivisa dagli esperti: non è tanto l'innalzamento della temperatura quando le minori occasioni di stare in ambienti chiusi, spiegano, a ridurre i contagi. «I virus respiratori diminuiscono la loro incidenza e il loro impatto durante la stagione estiva perché naturalmente succede quello che ora stiamo causando in maniera invece artificiale, ovvero il distanziamento sociale. D'estate non si va più al cinema, a teatro, a scuola, chiudono gli uffici e si vive più all'aria aperta», sottolinea Gianni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità. Precisando che sugli effetti del caldo nella lotta al Covid-19 «non ci sono evidenze». Come rimarca il professor Massimo Galli, primario di malattie infettive al Sacco di Milano, «le prossime tre settimane saranno decisive. Lo diciamo da sempre, ma queste lo sono davvero per farci capire come andranno veramente le cose, nell'auspicio che vadano il meglio possibile, ma con la sensazione che in certe situazioni ci sono ancora dei margini di rischio che potevano essere dimensionati diversamente, se non ridimensionati».

FALLE SUL TERRITORIO
Per Galli stiamo passando da «un intervento drastico di chiusura, pesante nelle sue conseguenze e valido nei suoi effetti favorevoli, ad aprire con mascherina, guanti e distanza e, a mio avviso, una forte speranza nello stellone».

Lo scenario è diverso da una regione all'altra ed è «clamorosamente mancato l'intervento sul territorio, con qualche eccezione come il Veneto. L'emergenza non è finita, dobbiamo trovare il modo per gestire la riapertura e la convivenza con questo virus».

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