Coronavirus, il Centro-Sud scende in trincea: caccia a 1.500 posti in rianimazione

Coronavirus, il Centro-Sud scende in trincea: caccia a 1.500 posti in rianimazione
​Coronavirus, il Centro-Sud scende in trincea: caccia a 1.500 posti in rianimazione
di Diodato Pirone
Domenica 29 Marzo 2020, 08:50 - Ultimo agg. 18:00
4 Minuti di Lettura

Un fatto è certo: mentre noi tutti siamo chiusi in casa, in decine di ospedali del Centro-Sud si sta lavorando giorno e notte con una sola missione: scavare trincee contro il Covid 19. Il che, fuor di metafora, vuol dire una cosa sola: aumentare i posti letto per le terapie intensive per chi avrà la sfortuna di non poter più respirare autonomamente e dedicare alcuni ospedali, ospedali interi, a chi nei prossimi giorni non potrà restare a casa ma dovrà essere curato senza che diffonda ancora l'epidemia.

 



È uno sforzo immenso. Che tradotto in numeri vale fra i mille e i 1.500 nuovi posti di terapia intensiva, ovvero grosso modo il doppio del poderoso sforzo messo in campo dalla Lombardia. Questa Regione martoriata è passata infatti in poche settimane dai 724 posti di rianimazione di febbraio ai 1.600 di cui disponeva ieri, compresi quelli di ben tre ospedali da campo, secondo l'assessore alla Sanità, Giulio Gallera.



Per le Regioni del Centro e del Sud non si tratta solo di un enorme impegno economico: ogni posto di rianimazione costa all'incirca 60.000 euro e dunque la cifra impegnata nelle sole regioni meridionali oscilla fra i 60 e i 90 milioni di euro. Si tratta di reperire i macchinari, gli introvabili ventilatori che stanno andando a ruba in tutto il mondo, i medici specializzati (intensivisti, anestesisti sono ormai più preziosi dei gioielli), infermieri esperti in casi estremi, il personale di sostegno e gli addetti alla logistica. Un lavorone che si accompagna alla costruzione di una rete di processamento dei tamponi che a sua volta ha bisogno di macchinari sofisticati, di personale specializzato e soprattutto di reagenti chimici che, anch'essi, stanno scarseggiando in tutto l'Occidente. Ciò nonostante ieri la Regione Campania (che ha comprato un milione di tamponi) ha iniziato una campagna di controllo della popolazione utilizzando dei camper mobili che gireranno per tutte le città.

 
 


Ma davvero il Centro-Sud ce la farà a ridisegnare la rete ospedaliera prima del possibile attacco frontale del Covid che potrebbe arrivare proprio questa settimana? Iniziamo col capire che segnali arrivano dall'accampamento nemico. Ieri nelle nove regioni del Centro Sud escluse Umbria, Marche e Toscana sono stati registrati 757 nuovi contagiati. Si tratta del 20% di tutti i nuovi casi segnalati in Italia: non pochissimi ma neanche travolgente. Gli addetti ai lavori segnalano due elementi importanti. Il primo: il trend dei nuovi casi è stazionario essendo passato da quota 676 del 19 marzo ai 757 di ieri nonostante un aumento dei tamponi giornalieri. Inoltre la gran parte dei nuovi contagiati nel Sud si concentrano in situazioni circoscritte: ospedali, case di cura, piccoli paesi.
 

Da Roma in giù, insomma, l'epidemia resta pericolosissima ma sotto controllo rispetto alla ferocia mostrata in Lombardia. E allora perché la corsa alle terapie intensive? Anche qui le ragioni sono due. Primo: la clausura non può essere allentata perché nel Sud circolano ancora migliaia di persone positive al Covid senza saperlo fra quelle che hanno lasciato il Nord nelle scorse settimane. Secondo: tutti i modelli matematici spiegano che nel Centro-Sud il virus continuerà ad essere potenzialmente esplosivo almeno fino alla settimana prima della Pasqua.


Di qui la corsa a preparare le strutture ospedaliere per fronteggiare una possibile moltiplicazione dei casi. Nel Lazio ad esempio secondo il ministero della Salute ieri erano disponibili 831 posti di rianimazione (sui 1.000 previsti per il 5 aprile) rispetto agli iniziali 539. Ieri ne erano occupati 126 da ammalati di Coronavirus contro i 57 dello scorso 20 marzo. Solo a Roma sono cinque le strutture ospedaliere dedicate al Covid che ieri ospitavano ben 992 persone. La musica non cambia nella sostanza in Campania che all'inizio della crisi disponeva di 499 posti di rianimazione e che ora ne ha circa 650. Molti letti sono già pronti ma mancano i ventilatori che la Protezione Civile sta affannosamente distribuendo. In Campania ci sono 113 malati di Covid in rianimazione (contro i 61 del 20 marzo) e 456 malati nelle corsie dedicate.
 
 

Il virus (in proporzione agli abitanti) morde leggermente meno in Puglia e in Sicilia dove pure si sta correndo ai ripari. Negli ospedali pugliesi sono ricoverati in rianimazione 82 persone, alcune delle quali provenienti dalla Lombardia mentre i malati ospedalizzati ma meno gravi sono 530. In Sicilia i posti letto occupati in terapia intensiva causa Covid sono 75 (contro i 45 del 20 marzo) ma si stanno approntando strutture per accogliere fino a 600 malati gravi contro i 411 posti di rianimazione in campo a febbraio.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA