Miozzo (Cts): «Regioni in ordine sparso, linee guida non rispettate»

Miozzo (Cts): «Regioni in ordine sparso, linee guida non rispettate»
Miozzo (Cts): «Regioni in ordine sparso, linee guida non rispettate»
di Mauro Evangelisti
Mercoledì 15 Luglio 2020, 01:11 - Ultimo agg. 16:46
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Ci sono gli esperti del Comitato tecnico scientifico che guardano l’andamento dell’epidemia in Italia e nel mondo, constatano che ogni giorno nel nostro Paese vi sono tra i 100 e i 200 nuovi casi positivi e cinque regioni hanno l’indice trasmissione sopra al livello critico di 1. E poi ci sono i governatori che fanno fughe in avanti e ad esempio riaprono le discoteche. Così nel Cts allargano le braccia: ma allora cosa restiamo a fare? Il dottor Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato scientifico, è diplomatico: «Mi faccia parlare da comune cittadino: si sta dimostrando che la modifica del titolo V della Costituzione, quando si deve affrontare un’emergenza nazionale, ha molti, molti limiti». Come dire: l’autonomia delle Regioni funziona fino a quando non c’è una minaccia straordinaria che interessa tutto il paese. «Se devo parlare da coordinatore del Cts - corre a precisare Miozzo - dico che il dialogo con le Regioni prosegue, non va tutto male, penso ai risultati importanti sulla capacità di individuare i focolai e tracciare i contatti dei positivi. All’inizio questo non c’era».

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Dottore, mentre l’epidemia macina nuovi casi ogni giorno, le Regioni con le varie ordinanze vanno in ordine sparso, non di rado con scelte differenti da quelle indicate dalle vostre linee guida. Siete preoccupati?
«Diciamo che è un elemento di preoccupazione se le Regioni vanno contro i pilastri fondanti delle politiche che abbiamo immaginato contro il coronavirus, come mascherine, distanziamento, igiene. Sono pilastri assolutamente validi e non sostituibili».

Le Regioni hanno riaperto le discoteche, ad eccezione di quelle in luoghi chiusi. Ma come si garantisce il distanziamento?
«Questo è il punto. Spero che le autorità politiche e locali si prendano le responsabilità perché ci sia sorveglianza prevista dalla norma. Sicuramente è uno degli ambiti associati alla famosa movida di grande preoccupazione».

Voi avevate date indicazioni differenti.
«Esattamente, noi abbiamo dato delle linee generali importanti. Capisco che possa diventare difficile mantenere alta la sorveglianza e la tensioni in quelle aree dell’Italia in cui si ritiene che l’epidemia sia meno grave. Ma per noi il paese è uno, anche perché la mobilità interna, da regione a regione, è comunque importante, significativa, soprattutto nel periodo estivo. La nostra funzione è anche quella di prevedere che durante le ferie estive ci saranno spostamenti da regioni che hanno alta circolazione del virus a regioni in cui è bassa. Per questo la vigilanza è importante».

Noi viaggiamo tra i 100 e i 200 casi al giorno, altre nazioni hanno bloccato intere città o regioni anche con numeri più bassi. Non sarebbe stato giusto avere una strategia unica per tutto il paese invece di scelte che cambiano da regione a regione.
«Questo è un problema, è innegabile. Sono numeri significativi, non possiamo negarlo. Le vorrei rispondere non da coordinatore del Comitato tecnico scientifico ma da comune cittadino: qui si vede il grande problema della modifica del titolo V rispetto al governo delle grandi crisi nazionali. Se c’è un grande limite nella regionalizzazione della sanità, è questa difficoltà. Lo dico da comune cittadino. In forma ufficiale, posso dire che il dibattito con le Regioni è sempre molto aperto, non solo tecnico ma anche politico. Non sta andando male».

Ma nel comitato non vi siete mai chiesti: noi che ci stiamo a fare se ogni Regione fa come vuole?
«C’è preoccupazione. Noi ci stiamo a fare quello che il governo ci chiede di fare, siamo istituiti da una ordinanza di protezione civile. Quando la crisi sarà superata il Comitato si scioglierà oppure sarà il governo o il ministro della Salute a decidere che destino ha questo comitato. Secondo me l’esperienza è stata positiva e il governo o il ministero della Salute dovrebbe guardare a un futuro non tanto per mantenere vivo questo comitato, ma un modello positivo. Però, certo, ogni tanto ci poniamo il problema “che ci stiamo a fare”. L’indirizzo di carattere nazionale è prevalente, poi però ci sono distinguo a livello locale».

Certo, vedendo spiagge affollate e assembramenti della movida, viene da chiedersi cosa resta delle linee guida.
«Ce lo aspettavamo al termine del lockdown. Però ci sono anche presidenti di Regione che intervengono. E nella popolazione la cultura di una discreta attenzione al rispetto di buoni comportamenti è entrata, questo è importante. Voglio indicare anche cose che funzionano: tutte le Regioni hanno attivato strumenti di individuazioni dei focolai e di tracciamento dell’epidemia, il sistema di sorveglianza è migliorato. E siamo partiti da una situazione poco efficiente».

Bisogna lavorare per trovare una maggiore armonizzazione tra le Regioni.
«Sì, non c’è dubbio. Boccia e Speranza si stanno impegnando molto. Settembre e ottobre è l’obiettivo più importante, da una parte la coincidenza con la stagione influenzale, dall’altra la riapertura delle scuole».
 

 
 


 

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