Virus Roma, Cecchignola vuota: solo 4 pazienti. È stato il primo centro anti Covid

Virus Roma, Cecchignola vuota: solo 4 pazienti. È stato il primo centro anti Covid
Martedì 2 Giugno 2020, 08:22 - Ultimo agg. 16:25
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È il 3 febbraio, quando i 56 italiani di Wuahn varcano l'ingresso del centro olimpico dell'esercito della Cecchignola, nella Capitale. A distanza di 4 mesi la struttura in Italia, che per prima ha affrontato l'emergenza Covid-19, ritorna alla normalità. Un buon auspicio. La prossima settimana, gli ultimi 4 pazienti ospitati nel centro, sanciranno la conclusione di una prima fase di impiego della Cecchignola. Nessuna smobilitazione insomma, parola odiatissima dai militari. Ma un ritorno alle origini per una struttura concepita per accogliere gli atleti. Ovviamente l'opzione che nessuno si augura, quella di una nuova impennata di contagi, potrebbe portare a spalancare le porte del centro olimpico dell'esercito.

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LA STORIA
Il 3 febbraio due pullman superano l'ingresso del centro dell'esercito a Roma sud. Dentro ci sono i 56 italiani appena sbarcati all'aeroporto di Pratica di Mare da un Boeing 767 kc. L'aereo dell'aeronautica militare era andato a prelevarli a Wuahn, città cinese di 11 milioni di abitanti, epicentro del Coronavirus.
L'intero Paese segue il rimpatrio con apprensione. Gli italiani osservano i connazionali quasi si trattasse di extraterrestri, come se l'intera faccenda li riguardasse solo da telespettatori o da lettori di giornali. Indossano le mascherine e i guanti. Al motto di «non lasciamo nessuno indietro» i 56 vengono fatti rientrare dal gigante asiatico mentre il Covid-19 sembra lontano. Una questione cinese, al massimo da relegare al continente asiatico. In realtà il virus aveva già iniziato a camminare nel nord dell'Italia. Fuori dalla struttura giornalisti e parenti dei quarantenati, la misura prevede 14 giorni di isolamento, cercano di incrociare da dietro il cancello del centro, presidiato dai soldati, uno sguardo. Di riuscire a scambiare anche solo una parola con uno dei 56.
IL CENTRO
Sono passati 4 mesi ma il contagio globale, diventato per il numero crescente, prima epidemia e poi pandemia, ha impresso alla storia una velocità tale che è difficile collocare il caso degli Italiani di Wuahn al 3 febbraio scorso. Nel frattempo, infatti, esplode il caso della Diamond Princess, la nave da crociera ormeggiata nella baia di Yokohama in Giappone, con 35 italiani a bordo. Un altro aereo con 8 italiani atterra a Pratica di Mare. Sono solo le premesse. La Cecchignola sparisce dai radar dell'informazione mentre il 23 febbraio il lodigiano diventa zona rossa. Isolata. Una sorta di anticipazione del lockdown che l'undici marzo cala su tutto il Paese. L'Italia si chiude, per uscire tutti indossano mascherine e guanti, proprio come gli italiani di Wuahn.
Alla Cecchignola si continua a lavorare senza sosta. La struttura cambia parzialmente assetto. Il centro non accoglie più solo pazienti da sottoporre alla quarantena ma anche chi il virus, in forma lieve, lo ha contratto. In totale vengono assistite e curate più di 340 persone, di cui 284 positive. Non un solo militare, dei 27 impiegati, contrae la malattia: 3 medici di area critica, 8 infermieri, 4 operatori sanitari e 12 persone orientate al sostegno logistico che hanno lavorato senza sosta. Il Comando logistico dell'esercito, e lo stato maggiore, mettono a punto una macchina perfetta. Lo stesso ospedale Spallanzani, eccellenza nella cura delle malattie infettive, quando i letti per i Covid-19 scarseggiano si rivolge alla Cecchignola nella consapevolezza della professionalità della sanità dell'esercito.
La stessa struttura si presta, di fatto, per l'isolamento, condizione indispensabile per evitare che il virus salti di persona in persona: 110 posti letto, stanze dotate di bagno.
Adesso rimangono 4 pazienti. Entro la metà di giugno l'intera macchina dovrebbe fermarsi e il centro dovrà essere completamente sanificato. L'auspicio è che ritorni alle sue funzioni originali, accogliere atleti. L'ipotesi da non escludere è uno stand by, nell'eventualità di una seconda ondata di contagi.
Giuseppe Scarpa
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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