Coronavirus Roma, «Io, neo-mamma positiva al Covid-19 e l’abbraccio a mio figlio dopo 13 giorni»

Maria Cristina Sparagno, 38 anni, oculista, con il suo piccolo Lorenzo a dieci giorni dal parto, Roma
Maria Cristina Sparagno, 38 anni, oculista, con il suo piccolo Lorenzo a dieci giorni dal parto, Roma
di Stefania Piras
Sabato 25 Aprile 2020, 10:59 - Ultimo agg. 12:28
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Lorenzo ha 27 giorni. È nato il 28 marzo ma la sua mamma lo ha potuto abbracciare la prima volta il 10 aprile. A casa di Maria Cristina Sparagno, oculista e medico dirigente all’ospedale di Formia, stanno pensando di cambiare il compleanno «perché Lorenzo per me è nato due volte», racconta questo neomamma che quando ha partorito era ricoverata al Gemelli perché positiva al Covid-19. Cesareo d’urgenza, un mese e mezzo prima dei termini della gravidanza. 

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Ha pianto Maria Cristina quei giorni, isolata nel reparto di Ostetricia, sotto l’effetto dei farmaci: l’ idrossiclorochina, l’ antibiotico, due antiretrovirali e l’eparina. Era disperata: sua madre, positiva e ricoverata al Santa Maria Goretti di Latina, suo padre, positivo e in gravi condizioni al Gemelli. E il piccolo Lorenzo, nato prima del termine perché il suo minuscolo cuore ha iniziato a battere più lento quando la mamma ha iniziato le cure anti Covid. 

Maria Cristina ripercorre quei giorni. Ricorda la valigia fatta in quindici minuti aspettando l’ambulanza e l’abbraccio infinito con la primogenita Francesca, tre e anni e mezzo. «Mia figlia aveva già visto andare via il nonno e non voleva lasciarmi andare: le ho detto di fare la brava, che sarei tornata con il fratellino», ricorda. 
 
Questa è la storia di chi si è ripetuto la frase “Andrà tutto bene” tante volte, cercando di schivare l’incognita costante di quel futuro semplice, troppo semplice quando si parla di coronavirus. Sono stati 14 giorni di ricovero lunghissimi, una battaglia dura. 

Riavvolgiamo il nastro: Maria Cristina dopo il tampone positivo eseguito a Minturno il 22 marzo viene trasportata d’urgenza al Policlinico Gemelli che in quel momento è già punto di riferimento per donne in gravidanza e positive al Covid. Le analisi parlano chiaro: polmonite. La situazione si complica il 28 marzo. Quel giorno riesce con una telefonata in meno di un minuto ad avvertire il marito che sta per partorire. Arriva in una sala piena di medici bardati dalla testa ai piedi.

Partorisce, vede da lontano Lorenzo. Lo rivedrà il 10 aprile, quando tornerà a rivedere i fiori e a risentire il profumo dell’aria e del mondo fuori. «Ero entrata che era inverno, faceva un freddo, e sono uscita con la primavera».

Insieme a lei è stato dimesso quel giorno anche suo padre. «Quel giorno ho visto per la prima volta in faccia le ostetriche del Gemelli che mi hanno curata con una dolcezza infinita: ho visto chi era bionda e chi era mora». Poi è tornata a casa: «Sa cosa penso? Quello che non uccide fortifica, perché sono stata fortunata. Per me, grazie a quei medici, è andato davvero tutto bene».

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