«Cosa Nostra è debole,
oggi comanda la 'ndrangheta»

«Cosa Nostra è debole, oggi comanda la 'ndrangheta»
di Gigi Di Fiore
Sabato 20 Aprile 2019, 10:03 - Ultimo agg. 16:07
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Procuratore capo a Messina, per otto anni sostituto alla Procura nazionale antimafia delegato a seguire Palermo e Caltanissetta, prima ancora pm a Palermo impegnato in inchieste sui rapporti tra mafia e colletti bianchi, Maurizio De Lucia è magistrato esperto e conoscitore delle vicende di Cosa nostra. Anche in Sicilia si spara poco. Cosa nostra ha cambiato pelle? L'analisi del procuratore De Lucia segue l'intervista al procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri.

Procuratore De Lucia, è vero che Cosa nostra acquista la cocaina dalla 'ndrangheta per lo spaccio in Sicilia?
«È proprio così, confermo le affermazioni del procuratore Gratteri. Cosa nostra si approvvigiona dagli 'ndranghetisti e, a livello personale, anche da qualche esponente della camorra. La mafia siciliana non è più in grado di organizzare una rete di traffico internazionale di droga, limitandosi a controllare lo spaccio sul territorio».

Anche la mafia siciliana oggi spara poco. Significa che è diventata un'organizzazione silenziosa, che fa più affari senza più frizioni interne?
«No, dalle nostre conoscenze non è così. Significa invece che la mafia corleonese, potente tra gli anni '70 e '90 del secolo scorso, è oggettivamente in grande difficoltà».

Perché?
«Trent'anni di pressione repressiva dello Stato, che dopo le stragi si è concentrato sulla mafia siciliana con un enorme sforzo investigativo, hanno provocato questo ridimensionamento. Quella stagione di sangue ha segnato l'inizio del crollo di Cosa nostra con tutti i suoi capi».

Non ci sono più capi pericolosi in libertà, in grado di ricostituire una pericolosa struttura mafiosa?
«Tranne Matteo Messina Denaro, tutti i componenti della commissione storica di Cosa nostra sono ormai in carcere. Qualcuno è anche morto negli anni della sua detenzione, come Totò Riina e Bernardo Provenzano, altri sono in carcere al regime del 41-bis con condanne durissime da scontare».

Non ci sono successori della stessa pericolosità?
«I gregari del passato, che aspiravano ad occupare ruoli di primo piano e a ricostituire la commissione provinciale di Cosa nostra, sono stati subito individuati, arrestati, processati e condannati».

 
La commissione provinciale dunque è davvero scomparsa?
«Due volte sono stati individuati dei tentativi di ricostituirla. L'ultima lo scorso anno, ma le indagini hanno subito stroncato il progetto».

Che tipo di mafia è oggi Cosa nostra?
«Un'organizzazione che cerca di sopravvivere attraverso le attività criminali tradizionali, come le estorsioni, il controllo del gioco d'azzardo e delle scommesse, lo spaccio di droga sul territorio. E si può ora dire che è stata proprio la struttura organizzativa della mafia siciliana a diventare il suo elemento di debolezza».

In che senso?
«A differenza della camorra, la mafia ha avuto sempre una struttura organizzativa piramidale, con una cupola e dei capi. Quando sono stati individuati e colpiti i vertici e le menti, tutta la struttura è entrata in crisi. Questo è più difficile con la camorra, organizzazione criminale più frammentaria e divisa».

Neanche al nord non esistono gruppi di Cosa nostra in grado di controllare affari e traffici criminali?
«Anche al nord, è stata la 'ndrangheta a prendere il sopravvento. In alcune regioni settentrionali, sono presenti pure alcuni gruppi della camorra».

Dove è finito il grande flusso di denaro guadagnato da Cosa nostra negli anni '80 del secolo scorso?
«Questo è un filone investigativo su cui si lavora, per individuare chi e come ha reso possibile investimenti e riciclaggi che hanno arricchito soprattutto i vertici mafiosi. Esiste un'area grigia, non così consistente come nel passato, che ha sicuramente agevolato l'impiego di questo denaro. E il flusso degli investimenti sporchi resta sempre oggetto di indagini».

La borghesia mafiosa si è mimetizzata?
«Esiste una tradizione storica di rapporto della borghesia con i mafiosi. I tentativi di relazionarsi sono continui, ma in questo periodo gli interlocutori mafiosi sono più deboli e contano meno del passato».

È un'altra conseguenza dei tanti arresti?
«Sì. La vera svolta c'è stata negli anni tra il 2006 e il 2010, dopo l'arresto di Provenzano. Un pizzino trovato in quell'occasione, firmato da Matteo Messina Denaro, diceva qui hanno arrestato anche le sedie. Sintetizzava bene quello che stava accadendo».

Neanche all'estero Cosa nostra riesce a conservare il suo potere criminale?
«Le strutture mafiose negli Stati Uniti e in Canada si sono staccate dalla casa madre. Non è più come in passato, quando i killer partivano da Palermo per uccidere gli avversari che si erano trasferiti negli Stati Uniti. In Canada, poi, sempre la 'ndrangheta ha eliminato i siciliani».

Insomma, Cosa nostra non spara solo perché è più debole?
«Stavolta, non è la mafia ad avere imposto una sua strategia, ma la repressione. L'unitarietà, la unicità, l'impunità, l'omertà, caratteristiche di Cosa nostra, sono venute meno per la forte azione dello Stato negli ultimi 30 anni. Qualcosa magari si muoverà sotto traccia, ma non è di certo più l'attività della potente Cosa nostra di ieri».
 
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