Cosenza, furto sacrilego in chiesa. Il vescovo di Cassano: «Restituite le ostie consacrate»

La chiesa di San Vincenzo Ferrer a Trebisacce (CS), teatro del furto sacrilego
La chiesa di San Vincenzo Ferrer a Trebisacce (CS), teatro del furto sacrilego
di Mario Meliadò
Lunedì 13 Novembre 2017, 17:55 - Ultimo agg. 14 Novembre, 09:06
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Empio furto in chiesa a Trebisacce, nell’Alto Jonio cosentino.
Ignoti malviventi si sono intrufolati nel tempio dedicato a San Vincenzo Ferrer – in atto, ospitato all’interno di un edificio di proprietà del Comune – forzando una finestra sul retro e hanno fatto letteralmente razzia. Scassinati basamenti per le statue e panche per violare le cassette destinate alle offerte dei fedeli; ribaltati e messi a soqquadro mobili e armadi; oscenamente scardinata e rovesciata una statua della Madonna.
Ma la cosa più grave, per la Chiesa per la comunità locale, è che i ladri non si sono accontentati di portar via i pochi spiccioli effettivamente rinvenuti negli appositi contenitori, ma hanno anche osato trafugare una teca contenente ostie consacrate.
 
E ci sono tutti i requisiti per non ritenerlo un atto frutto del caso o della concitazione del momento: il tabernacolo è stato individuato e strappato a forza dalla parete dalla quale pendeva, contenuto in una cassetta lignea.  
Un simbolo religioso fondamentale del Cattolicesimo è stato in questo modo violato mediante un furto sacrilego, considerato gesto talmente blasfemo da prevedere sempre preghiere e riti di “riparazione”; ma c’è anche come spiegarselo razionalmente, visto che il contenitore ha in tutto e per tutto la parvenza di una cassaforte. Evidentemente, balordi non troppo ferrati in tema di virtù teologali hanno pensato che le cose preziose all’interno fossero gioielli e oro, non ostie destinate all’Eucaristia.
 
Non solo. Ieri, malgrado fosse domenica, la Santa Messa non è stata neppure celebrata dal parroco don Michele Sewodo né da altri sacerdoti; «per motivi di furto», si legge in un cartello con una scritta a pennarello affisso all’esterno della chiesa. E se in termini profani e legalitari sono state avviate indagini affidate ai Carabinieri della stazione di Trebisacce, per parte sua il vescovo della Diocesi di Cassano Jonio (competente per le chiese di Trebisacce), monsignor Francesco Savino, ha già lanciato un accorato appello affinché «venga restituito il corpo di Cristo alla comunità».
 
Il fatto è – sottolineano dalla comunità diocesana – che i furfanti di turno, «nella ricerca di qualche spicciolo», si sono spinti a un gesto che «ci ferisce e addolora in quanto è stata portata via anche una cassetta in cui sono custodite le ostie consacrate della SS. Eucarestia». Nell’analisi dello sconcertato vescovo cassanese «il Corpo di Cristo, dono preziosissimo per tutti, cibo per la vita che è il Pane Consacrato, è custodito in un tabernacolo prezioso come una cassaforte soltanto per quanto contiene». In definitiva: più male di così, dei malviventi non potevano farci, riflettono fedeli e sacerdoti.
 
Di qui il singolare e intenso appello «a tutti i devoti cristiani, in particolare ai responsabili dello scasso perché, sotto l’azione dello Spirito Santo che opera incessantemente in ciascuno, questa cassetta-tabernacolo venga restituita e custodita per l’Adorazione». Il che si può ovviamente tradurre come un’esortazione rivolta direttamente agli autori del perfido furto, ma anche a un perentorio richiamo affinché “chi sa, parli”.
Non manca un invito a matrice più strettamente religiosa, a pregare «insieme in riparazione del gesto sacrilego, compiuto senza la consapevolezza che anche in un frammento di ostia consacrata ci siamo tutti perché c’è il Tutto, il Cristo Signore con la sua Chiesa».
 
«Un gesto vile e oltraggioso» quello compiuto nel tempio trebisaccese secondo il sindaco Michele Mundo, e però «senz’altro da ascrivere a qualche balordo o tossicodipendente». Sì, perché per i 9mila abitanti di questo centro del Cosentino è importante anche sentirsi rassicurati rispetto agli inquietanti boatos che vorrebbero l’asportazione del tabernacolo non frutto di “semplice” criminalità spicciola, ma oggetto di un furto su commissione per propiziare lo svolgimento di “messe nere”.  
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