Covid, cinque milioni senza la terza dose: impennata di contagi e varianti più contagiose

Covid, cinque milioni senza la terza dose: impennata di contagi e varianti più contagiose
di Ettore Mautone
Giovedì 23 Giugno 2022, 23:58 - Ultimo agg. 24 Giugno, 10:11
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Aver ricevuto la terza dose (o primo booster) del vaccino anticovid è il “minimo sindacale” per affrontare con maggiore difesa quella che all’orizzonte si profila ormai come la sesta ondata pandemica trainata dalla straordinaria velocità infettiva della nuova variante virale (BA.5). Un ceppo di Sars-Cov-2, quest’ultimo, che coniuga le migliori performance infettive della discendenza Omicron ad alcuni caratteri, temibili, (un paio di mutazioni chiave appunto) della Delta, che pensavamo di avere definitivamente archiviato sei mesi fa. Ammalarsi oggi, ci dicono i clinici, privi di un’adeguata copertura vaccinale, significa sviluppare una malattia un po’ più seria del forte raffreddore o della simil-influenza sperimentata o immaginata con la recente fase di convivenza con Omicron. 

I dati giornalieri e le proiezioni settimanali non sono rassicuranti: ieri sono stati contati 56.166 nuovi contagi a fronte dei 53.905 di mercoledì scorso. Le vittime sono invece 75, in aumento rispetto alle 50 del giorno prima. Anche il tasso di positività al tampone è in aumento al 22,6%. Stabile, nel saldo tra entrate e uscite, il numero di pazienti ricoverati in terapia intensiva mentre c’è un boom di ricoveri nelle aree Covid, 117 in più. Dopo aver toccato il valore minimo di 4.076 ricoveri l’11 giugno, siamo risaliti rapidamente a 5.046, il valore più alto dal primo di giugno. Il monitoraggio della fondazione Gimbe rileva, nella settimana 15-21 giugno, un aumento dei nuovi casi (255.442) in tutte le regioni italiane. In 16 province l’incidenza superiore ai 500 casi per 100.000 abitanti. In salita anche gli altri indicatori ospedalieri con l’area medica che segna un incremento di oltre 700 posti letto Covid in 10 giorni mentre in calo ci sono solo i decessi (-19%). Presentarsi al fronte dell’attuale impennata dei contagi (+58,9% in una settimana), con le sole due dosi del ciclo iniziale di profilassi all’attivo, significa correre un più alto rischio (evitabile) di malattia che aggrava la capacità dell’attuale ceppo di “bucare” lo scudo immunitario. 

La campagna vaccinale è intanto in stallo: ferme le percentuali di chi ha ricevuto almeno una dose (88,1% della platea) e di chi ha completato il ciclo vaccinale (86,6% della platea). Attualmente sono a mani nude contro Sars-Cov-2 ancora 6,85 milioni i cittadini italiani non vaccinati di cui 2,82 milioni guariti e dunque protetti solo temporaneamente (i non protetti sono 4,03 milioni) mentre quasi 8 milioni hanno disertato l’appuntamento con la terza dose e di questi 2,5 milioni sono guariti da meno di 4 mesi e dunque non possono ricevere il booster nell’immediato; quindi a conti fatti ci sono 5,5 milioni senza terza dose. Secondo Nino Cartabellotta, epidemiologo e presidente della fondazione Gimbe con questi presupposti abolire l’isolamento dei positivi è «antiscientifico e rischioso per la salute pubblica». 

Ma torniamo alle terze dosi che mancano all’appello: si concentrano per 1,3 milioni nella fascia 12-19 anni scendendo progressivamente fino a dimezzarsi (circa mezzo milione di individui) tra 50-59 anni per scendere ancora in tutte le decadi anagrafiche successive.

Qual è l’identikit delle persone che dopo aver varcato per ben due volte un centro vaccinale non sono più tornate a porgere la spalla? «Il più consistente gruppo di individui – avverte Pina Tommasielli, medico di famiglia e già componente dell’unità di crisi Covid della Regione Campania - sono gli under 50 che non sono stati investiti dall’obbligo vaccinale. In questa platea ci sono anche tutti coloro che non avendo un lavoro stabile o uno stile di vita sociale e professionale soggetto a frequenti viaggi e spostamenti, sono stati investiti solo di striscio dalla necessità di esibire il green pass». 

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«Si tratta di persone – aggiunge Saverio Annunziata medico del Sumai con studio a Napoli, nella zona di Chiaia - che avrebbero dovuto sottoporsi alla terza dose a partire da aprile-maggio in poi e che, grazie al progressivo venir meno degli obblighi e delle restrizioni e della soggettiva percezione di rischio legato all’addio allo stato di emergenza, hanno deciso di soprassedere. Tra i miei assistititi molti quarantenni in buona salute, convinti di non avere fattori di rischio, con esperienza di conoscenti e parenti che hanno avuto il Covid in forma lieve e a cui è stato detto che è meglio contrarre l’infezione sub clinica che ripetere ancora la vaccinazione».

A giocare a sfavore ci si è poi messa la sintomatologia, più blanda, provocata dalle prime versioni della variante Omicron di Sars-Cov-2. Il calo drastico dei ricoveri e dei decessi, l’abolizione dell’obbligo dell’uso dei dispositivi di protezione, l’attesa di un annunciato, ma da venire, nuova versione aggiornata del vaccino in monodose più efficace sulle nuove varianti, hanno dato origine all’errato convincimento che la terza dose fosse pressoché inutile.

«Invece serve eccome – conclude Giuseppe Fiorentino primario del Cotugno di Napoli - sia perché aumenta il grado di sorveglianza immunitaria sia perché consolida la memoria immunitaria prolungando per 5 o 6 mesi la finestra di massima protezione».

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