Con il coronavirus che continua a correre e le varianti del Covid sempre più diffuse in tutto il paese, l'Italia si avvia verso nuove restrizioni: già venerdì, con i dati del nuovo monitoraggio, la maggior parte delle Regioni sarà in zona arancione o rossa. Più della metà degli italiani dovranno dunque fare nuovamente i conti con negozi chiusi, spostamenti limitati all'interno del proprio comune o vietati, milioni di bambini e studenti dall'asilo alle superiori in didattica a distanza. «A me sembra che tutta Italia, tranne la Sardegna, si stia avvicinando a passi lunghi verso la zona rossa» dice l'ex capo della Protezione Civile e attuale consulente della Lombardia Guido Bertolaso, esprimendo senza mezzi termini quella che è la preoccupazione della maggioranza dei governatori.
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La crescita
«Se questa crescita, avvenuta in 10-15 giorni, non trova un'accelerazione nella risposta, rischiamo di essere travolti» conferma il presidente dell'Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini, secondo il quale le restrizioni previste dalla «zona arancione classica» non bastano più.
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Rischio lockdown
A rischio arancione sono invece la Calabria, il Friuli Venezia Giulia e il Veneto, con Lazio e Puglia sul limite. Di fatto, in due terzi dell'Italia saranno in vigore le restrizioni più dure. Senza contare che già molti governatori sono intervenuti con proprie ordinanze, dichiarando zone rosse o arancioni locali. Bologna e Modena saranno in lockdown nelle prossime ore, ha annunciato Bonaccini, mentre le province di Udine e Gorizia passeranno in arancione da venerdì per decisione del presidente Massimo Fedriga che ha disposto la didattica a distanza per tutti gli studenti delle medie, delle superiori e delle università«. Niente scuola in presenza anche per i ragazzi delle seconde e terze medie e delle superiori del Piemonte. »Abbiamo una situazione che ci dice che quotidianamente le cose stanno peggiorando - sottolinea il presidente Alberto Cirio - Dobbiamo essere pronti ad intervenire chirurgicamente dove necessario«. .
La Sardegna in zona bianca
Nella Sardegna bianca, invece, da lunedì chiunque vorrà entrare nell'isola dovrà sottoporsi a tampone rapido. Chiusure e interventi che, da soli, non bastano però a fermare la curva del virus. Servono i vaccini e serve che la campagna di massa possa decollare. E sia la riunione al Mise in cui sono state gettate le basi per la produzione del siero in Italia entro 4-8 mesi, sia l'incontro in programma venerdì tra il ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini e le regioni, al quale parteciperanno il nuovo commissario per l'emergenza Francesco Paolo Figliuolo e il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio, vanno in questa direzione. »L'auspicio di tutti - ha sottolineato Bonaccini - è una svolta nelle forniture«. Che però dipende dall'Ue e da quanto Bruxelles riuscirà a fare pressione sulle case farmaceutiche. E va letta in quest'ottica la conversazione tra il premier Mario Draghi e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen con al centro proprio la necessità di un'accelerazione per quanto riguarda i vaccini.
A Figliuolo e Curcio spetta invece far funzionare la macchina delle somministrazioni seguendo quello che è stato l'input dato dal premier Mario Draghi: centralizzare e uniformare la campagna vaccinale. La riunione di venerdì sarà dunque un primo confronto per individuare come uniformare i vari sistemi individuati dalle regioni ma anche per mettere sul tavolo possibili soluzioni: dall'utilizzo dei drive in della Difesa a quello dei 300mila volontari della protezione civile fino al coinvolgimento delle farmacie nelle somministrazioni. Alle Regioni verrà inoltre ribadita la necessità di accelerare le iniezioni con Astrazeneca - del milione e mezzo di dosi consegnate ne sono state somministrate 442mila - anche in vista del probabile via libera al modello inglese per questo farmaco, dunque niente più scorte visto che il richiamo è previsto 12 settimane dopo la prima iniezione.
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