Covid Campania, Liguria e Veneto: positivi e morti, altro picco. A rischio stretta arancione

Covid Campania, Liguria e Veneto: positivi e morti, altro picco. A rischio stretta arancione
Covid Campania, Liguria e Veneto: positivi e morti, altro picco. A rischio stretta arancione
di Marco Conti e Francesco Malfetano
Sabato 7 Novembre 2020, 09:22 - Ultimo agg. 14:36
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Il governo tiene il punto e le regioni pure. La conseguenza più immediata del braccio di ferro è che anche i 5S, con Paola Taverna, dicono che «il Titolo V va cambiato e che la sanità deve tornare allo Stato». Nel frattempo si va avanti con una buona dose di caos, ma il premier Conte rivendica la scelta di aver diviso l'Italia in tre fasce e che dietro le scelte non c'è «nessuno schiaffo», ma solo la logica dei numeri che però ieri non sono stati dati nel consueto appuntamento del venerdì con l'Istituto Superiore di Sanità.

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Cabina di regia

E' probabile che la cabina di regia si riunisca oggi o al massimo domani per valutare l'andamento dei casi nelle singole regioni. Le ultime 24 ore sono state tutto fuorché rassicuranti. Sono aumentati i casi (37.809, circa 3mila in più di ieri), le vittime (446), le terapie intensive occupate (+124, 2515 in tutto), i tamponi (234.245, 15 mila in più) e soprattutto il rapporto positivi-test effettuati che, nonostante l'incremento delle prove effettuate, è salito al 16,14% (contro il 15,69% di ieri). Non c'è però allarme a palazzo Chigi come al ministero della Salute dove si valuta il piccolo incremento tra ieri e oggi (più tremila) come un primo segno di una curva che si stabilizza e che non si impenna più come nei giorni precedenti. La sostanza però è ancora la stessa: alcune Regioni sono destinate a cambiare colore, e quindi livello di rischio. Indiziate principali («Hanno dati ballerini» filtra da ambienti di governo) sono Campania, Liguria, Veneto e Toscana (più staccate Umbria e Abruzzo) con Lazio e provincia autonoma di Trento in bilico ma messe meglio delle altre.

A preoccupare più di tutte è però la Regione guidata da Vincenzo De Luca, soprattutto per quanto riguarda la situazione di Napoli. Non è un caso se ieri il consulente del ministro della Salute Walter Ricciardi, dopo aver denunciato che «la situazione degli ospedali è drammatica più o meno in tutta Italia», è tornato a chiedere il lockdown per il capoluogo scatenando l'ira del sindaco De Magistris: «già 2-3 settimane fa avevo detto che andava chiusa. L'area metropolitana di Napoli è un'area a rischio, dunque ci vorrebbe un lockdown, perché i dati sono addirittura peggiorati». Non c'è però da aspettarsi un'ordinanza a brevissimo anche perché nel week-end già scatta una stretta nazionale. Possibile, quindi, che nuove scelte vengano fatte ad inizio della prossima settimana.

Polemiche

Il tentativo è anche quello di far placare un po' le polemiche. Parlando alla Camera, il ministro Speranza ha illustrato i 21 parametri - decisi lo scorso mese da governo e regioni - sulla base dei quali da ieri sono diventate zone rosse la Lombardia, il Piemonte e la Valle d'Aosta. «Nessun spirito punitivo». Chi vive nella zona gialla non può pensare di essere in «un porto sicuro». In Europa siamo arrivati «ad un infetto ogni 37 abitanti». L'obiettivo è quello di piegare la curva altrimenti «il personale sanitario non reggerà». I presidenti di regione continuano però a protestare. Compreso il governatore reggente della Calabria Nino Spirli il quale, dopo aver cambiato i criteri per il calcolo delle terapie intensive, continua a protestare anche se il suo leader nazionale, Matteo Salvini, ieri ha stemperato la polemica e ha comunque fatto sapere che qualora dovesse prendere il Covid pensa di curarsi con idrossiclorochina.

Tra le ordinanze restrittive regionali, spicca quella della Toscana dove, per fermare l'esodo nelle seconde case, è stato deciso che non ci si potrà più stare se non si ha nella regione il medico curante.
 

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Il dubbio che si stesse scoperchiando il vaso di Pandora ha preso a diffondersi mercoledì mattina. Il 4 di novembre, mentre il Dpcm aveva ormai assunto una forma definitiva, i numeri che avrebbero dovuto alimentare l'algoritmo - la formula con i famosi 21 indici a cui è demandata la responsabilità di "colorare" l'Italia dividendola in fasce di rischio - tardavano ad arrivare.


 
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