Covid, è disastro Lombardia tra pasticci sui numeri, gaffe e migliaia di morti

Covid, è disastro Lombardia tra pasticci sui numeri, gaffe e migliaia di morti
di Gigi Di Fiore
Sabato 30 Gennaio 2021, 10:00 - Ultimo agg. 19:46
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Undici mesi di morti da record e scelte in affanno. La Lombardia, sin dall'inizio la regione più colpita dall'epidemia di Covid, è da mesi al centro di polemiche confluite in parte in sei inchieste giudiziarie. Nel mirino, la gestione regionale della pandemia, apparsa a volte inadeguata, alle prese, nell'area dal pil più alto d'Italia, con il più elevato numero di vittime. La Lombardia a lungo regione rossa, poi arancione e finalmente, dopo un lungo peregrinare tra recriminazioni a accuse, da ieri dichiarata zona gialla con restrizioni meno rigide.

L'Istituto superiore della Sanità ha dato il via alla polemica più recente, con dati che hanno fatto discutere e spiegavano che alla Regione Lombardia erano state trasmesse ben 54 segnalazioni su errori nelle comunicazioni ufficiali ricevute con «incompletezze e incongruenze nei dati trasmessi». L'ultima segnalazione si riferiva al 20 gennaio scorso, quando nelle comunicazioni lombarde era stato inserito un improvviso aumento di 12.779 contagiati asintomatici e la contestuale diminuzione di 17.654 sintomatici. Di fatto, un'accusa di superficialità nella raccolta e trasmissione dei dati sull'andamento della pandemia.

La replica del presidente Attilio Fontana non si è fatta attendere: «In difficoltà per le proprie mancanze, l'Istituto superiore non spiega il malfunzionamento dell'algoritmo per il calcolo dell'indice di contagiosità. Sono uscite a orologeria, con l'unico obiettivo di colpire la Lombardia».

Nell'ultimo mese, zona rossa poi trasformata in arancione in otto giorni il 23 gennaio dopo la correzione dei dati trasmessi, diventata gialla da sole 24 ore, subito dopo Natale la Lombardia ha mantenuto un costante tasso di contagiosità e un considerevole numero di positivi. Tra febbraio e giugno, la regione ha dovuto registrare la metà delle vittime nazionali. A ottobre, nei dati nazionali sui decessi per Covid la Lombardia ne aveva un quarto. L'indice è stato puntato sull'assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera, per le sue spesso improvvide affermazioni («Se l'indice Rtl è 0,50, per infettarmi devo incontrare nello stesso momento due contagiati»), ma anche per il fallimento della campagna di vaccinazione antinfluenzale. Alla fine, dopo mesi vissuti tra pressioni e polemiche, Gallera è stato avvicendato all'assessorato da Letizia Moratti. «Era stanco, sotto stress da mesi» la motivazione ufficiale.

Al flop della campagna di vaccinazione contro l'influenza si sono aggiunti i problemi nella vaccinazione anti-Covid rifiutata dall'11 per cento del personale sanitario. L'ex assessore Gallera è stato considerato responsabile del fallimento delle vaccinazioni contro l'influenza, per la somministrazione, a fine dicembre, di appena il 3,4 per cento delle dosi previste. Un flop spiegato con le ferie di medici e infermieri, ma anche con le insufficienti dosi ricevute. Una difficoltà affrontata anche in avvio della campagna di vaccinazioni anti-Covid. Tanto che una delle prime dichiarazioni dell'assessore Letizia Moratti, a poche ore dal suo insediamento, è stata una singolare proposta: «Assegnare le dosi di vaccino in proporzione al Pil delle singole regioni». Come a dire, in Italia prima la Lombardia poi le altre regioni. E giù le nuove polemiche.

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Travolta dall'esplosione improvvisa della pandemia a febbraio di un anno fa, la Regione Lombardia ha esitato a chiudere e a istituire zone rosse nei comuni più colpiti. In provincia di Bergamo, i comuni di Alzano e Nembro sono rimasti per giorni privi di interventi e solo una decisione del governo centrale li dichiarò zona rossa. Su questi ritardi, è nata un'inchiesta della Procura di Bergamo, accertando che il piano pandemico in vigore in Lombardia risale al 2006 e non è mai stato applicato in questi mesi. La provincia di Bergamo è stata una delle più colpite dalla pandemia, rimasta a lungo priva di restrizioni in alcune zone. E fece scalpore la dichiarazione del vice presidente della Regione, Fabrizio Sala: «Confindustria ha chiaramente chiesto di non chiudere tutte le sue attività». Un'affermazione poi smorzata, dopo precisazioni confindustriali. Così, furono disastrosi i numeri dei contagi negli ospedali, 2629 solo nei trenta giorni che seguirono il 17 marzo. Nelle case di riposo per anziani, le Rsa, solo nella provincia di Bergamo si registrarono 1600 ospiti deceduti.

Sei i fascicoli aperti in più Procure lombarde, sulla gestione dell'emergenza Covid. Si va dalla fornitura dei 500mila camici trasformata in improvvisa donazione dall'azienda del cognato del presidente Fontana, all'accordo tra il Policlinico di Pavia e la multinazionale Diasorin per i test sierologici. E poi: l'allestimento dell'ospedale prefabbricato nei padiglioni di Fiera Milanocity costato 20 milioni di euro, dove sono stati ricoverati solo una cinquantina di pazienti con personale distaccato da altre strutture in emergenza; l'idoneità di alcune mascherine prodotte dalla Fippi di Rho; la strage di anziani nelle Rsa, di cui si occupano venti diversi fascicoli giudiziari; l'inchiesta a Bergamo sulla mancata istituzione delle zone rosse nell'area della Bassa Valseriana come era invece avvenuto a Codogno. Quest'ultima inchiesta si occupa anche della gestione del pronto soccorso dell'ospedale di Alzano Lombardo, chiuso e poi riaperto in tre ore dopo i primi due casi di Covid.

Lombardia in difficoltà, sotto assedio in questi undici mesi. Hanno pesato i 76mila contagi accertati subito tra la fine di febbraio e aprile, con quasi 14mila morti ufficiali e la pressione sugli ospedali per 1300 ricoverati in terapia intensiva e 10mila nei reparti ordinari. Un terremoto, che ha messo in crisi un sistema sanitario che considera fulcro fondamentale l'assistenza ospedaliera, con elevata considerazione per la sanità privata. Ha avvertito a maggio la fondazione Gimbe, mentre si chiudeva il lockdown: «La Lombardia, così come il Piemonte e la Liguria, non è pronta per la riapertura».

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