Covid, la sfida del Lazio: «Un dossier sugli errori della Sardegna»

Covid, la sfida del Lazio: «Un dossier sugli errori della Sardegna»
Covid, la sfida del Lazio: «Un dossier sugli errori della Sardegna»
di Mauro Evangelisti
Venerdì 28 Agosto 2020, 01:18 - Ultimo agg. 16:18
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«Ancora dalla Sardegna non ci hanno inviato gli elenchi dei cittadini di Roma e del resto del Lazio che hanno frequentato i locali della Costa Smeralda, dal Billionaire al Sottovento. Così, non possiamo fare tracciamento e tamponi per rilevare il Covid. Ma vi pare possibile, dopo tanti giorni?» dice l’assessore alla Salute del Lazio, Alessio D’Amato

Sulla chat dell’assessorato alla Salute della Regione Lazio gira un grafico, di quelli a forma di torta: indica quanti casi positivi sono arrivati da oltre confine. Bene, quasi la metà sono tornati dalla Sardegna, 566 su 1.373, e nel conto mancano i 70 che si sono aggiunti ieri. Appare evidente che si sta correndo verso quota mille, con un flusso di persone contagiate in Costa Smeralda che mette insieme ventenni dei quartieri di Roma nord, dj, soubrette, calciatori, imprenditori. C’è però qualcosa che non torna, almeno dal punto di vista laziale, nella gestione dell’epidemia da parte della Sardegna. Per questo le aziende sanitarie del Lazio hanno iniziato una indagine per comprendere come mai il flusso non sia stato fermato prima, perché i controlli in Costa Smeralda non abbiano interrotto per tempo, prima che la pioggia si trasformasse in uragano, la catena di trasmissione del virus.

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Dice Alessio D’Amato, assessore regionale: «Ricordiamoci sempre che i primi ad accorgersi del focolaio della Costa Smeralda sono stati i servizi epidemiologici del Lazio, dopo che una ragazza era tornata a Roma contagiata. Il Lazio lo ha segnalato alla Sardegna. Ecco, ora vorremmo capire se si sia agito tempestivamente o se invece altre esigenze siano state più importanti, visto che la stagione turistica era al culmine. Sia chiaro che la politica non c’entra, si tratta di verifiche prettamente tecniche». Cosa si farà al termine dell’indagine interna, potreste presentare un esposto? «Vedremo, quello che conta ora è comprendere perché ogni giorno, dalla Sardegna, stiano tornando 60-70 persone contagiate».

Tra l’altro, l’intesa Lazio-Sardegna per svolgere i controlli con i tamponi rapidi non agli arrivi, ma alle partenze, in modo da evitare che sui traghetti il contagio si moltiplichi, è ormai fallita. «Ci hanno fatto solo perdere tempo», dice D’Amato che, anche se non lo dice apertamente, è deluso dal governo che non è intervenuto con un’ordinanza come invece ha fatto per chi torna da Croazia, Spagna, Grecia e Malta.

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Ieri il governatore della Sardegna, Christian Solinas, ha posto nuove condizioni, ribadito che i tamponi devono essere fatti in tutte le Regioni, altrimenti non se ne fa nulla. L’estate sta finendo e ormai è evidente che il controllo prima degli imbarchi dalla Sardegna non ci saranno. Ad oggi l’unico filtro esistente è quello agli arrivi del Porto di Civitavecchia, su base volontaria, e ai drive in sparsi a Roma e nel Lazio, a cui tutti coloro che rientrano dalla Sardegna sono invitati a presentarsi per il tampone. Scelte analoghe sono state fatte anche da Emilia-Romagna e Veneto.

Ieri Zaia, governatore veneto, ha spiegato: «Ho firmato un’ordinanza per rendere facoltativo il tampone a coloro che tornano dalla Sardegna. Non possiamo introdurre un elemento di obbligatorietà, ma i cittadini che vogliono possono fermarsi al point all’aeroporto o recarsi a un punto di accesso per fare il test e noi lo raccomandiamo». Senza un intervento del governo, si può agire solo su base volontaria, ma già nel Lazio hanno constatato che molti romani, tornati dalla Costa Smeralda, sono preoccupati e preferiscono mettersi in fila nello stand per il servizio dei tamponi al Porto di Civitavecchia. 
 


Nelle prossime ore, comunque, anche se la Sardegna non sta garantendo il principio di reciprocità, il Lazio effettuerà i test (si stanno usando i tamponi rapidi antigenici che danno una risposta in venti minuti) anche agli imbarchi dei traghetti che partono dal Porto di Civitavecchia. «Per noi le esigenze di salute pubblica arrivano prima di tutto - dice D’Amato - anche se la Sardegna non agisce, noi li faremo comunque». C’è un altro problema: in Costa Smeralda ci sono decine di romani bloccati perché sono risultati positivi e dunque non sono potuti tornare a casa. Rischiano di trascorrere molte settimane lontano da famiglia e lavoro, magari in case che avevano affittato solo per pochi giorni di vacanza. 

Il responsabile della Unità di crisi della Regione Sardegna, Marcello Acciaro, aveva spiegato: «È urgente un protocollo per il rientro protetto dei positivi asintomatici o di persone in quarantena: queste persone devono poter tornare a casa, hanno solo una valigia e vivono chiuse in una stanza, non è questa una condizione ottimale e dignitosa». D’Amato però è pessimista: «Eravamo pronti a siglare un’intesa con la Sardegna anche su questo, ma visto che tutto è saltato, ora mi pare difficile».
 

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