Covid, le mani delle mafie sul mondo del turismo: è allarme infiltrazioni

Covid, le mani delle mafie sul mondo del turismo: è allarme infiltrazioni
di Gigi Di Fiore
Giovedì 22 Aprile 2021, 16:51 - Ultimo agg. 23 Aprile, 11:32
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Un anno di chiusura da Covid è stato una mazzata per il turismo italiano, che ha registrato nel 2020 un calo di fatturato del 56 per cento. Un settore sulla carta del valore di centinaia di milioni, che non poteva non attirare gli appetiti delle mafie. Nelle strutture turistiche, è allarme infiltrazioni mafiose, legate alle difficoltà che gestori di alberghi e ristoratori affrontano per l’assenza di clienti, difficili crediti bancari e mancanza di liquidità. Con le informazioni raccolte dai dati della Procura nazionale antimafia, dell’Unioncamere e dell’Agenzia per le confische, l’istituto di ricerche «Demoskopika» ha esaminato il rischio che il settore turistico finisca nelle mani delle mafie italiane. Il risultato è da allarme: oltre 4450 sono, tra alberghi e ristoranti, le strutture dove camorra, ‘ndrangheta e Cosa nostra cercano di mettere le mani.

L’eccezionale boom di affluenze turistiche in Italia degli ultimi anni ha fatto gola al riciclaggio mafioso. Secondo l’analisi di «Demoskopika», il rischio è alto in sei regioni, dove si concentrano gli oltre 430 alberghi e ristoranti confiscati fino ad oggi: Campania, Lazio, Sicilia, Calabria, Lombardia e Puglia. Il caso Campania è particolare, con 101 alberghi e ristoranti confiscati per il 23,5 per cento del totale e oltre 11mila operazioni che odorano di riciclaggio. In basso alla classifica del rischio, c’è il Trentino Aldo Adige.

Dimostra che resta il Mezzogiorno l’area a maggiore rischio, in un settore che, poco prima dell’allarme Covid, ha registrato un flusso di arrivi da record, con 436,7 milioni di presenze stimate dall’Istat per un incremento dell’1,8 per cento rispetto al 2018. Una torta allettante, dove la criminalità organizzata si è intrufolata con successo, realizzando introiti per 2200 milioni. Un giro di affari che trova al primo posto la ’ndrangheta con 810 milioni di profitti pari al 37 per cento. Seguono la camorra, con 730 milioni, la mafia siciliana con 440 milioni e i gruppi di criminalità organizzata pugliesi e lucani con 220 milioni. 

Il settore turistico viene privilegiato dagli investimenti delle mafie, che lo considerano di facile accesso e gestione, come se non fosse un comparto industriale bisognoso di professionalità e conoscenze specialistiche. E avverte il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho: «Il rischio infiltrazioni nel settore turistico non è diminuito nel periodo della pandemia, anzi è cresciuto per la fragilità economica di molte imprese bisognose di liquidità». 

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In un giro totale di affari illegali per 1175 milioni, la Campania è ancora in vetta con 265 milioni, seguita dalla Lombardia e dal Lazio con 260 milioni. La pandemia ha reso più penetrabili a capitali mafiose le aziende del turismo, come conferma l’analisi di «Demoskopika» che stima 33mila imprese a rischio default, quindi più fragili a lusinghe di capitali non limpidi, per un fatturato di oltre 9,3 miliardi. Tra chi ha conti in rosso, quelle considerate a maggiore rischio infiltrazioni mafiose sono circa 4450. E quest'altra classifica trova ancora una volta la Campania in testa: 540 imprese più vulnerabili su 3400 a rischio default. La Puglia ne ha 290 su 2100. Anche nel Lazio cifre d'allarme, con 530 imprese a rischio infiltrazioni su 3600 vicine al default. Tre mesi fa, l'analisi del Cerved, agenzia di informazioni commerciali, non era meno allarmante, considerando 3mila su 8mila hotel gestiti da spa a rischio default. In questo panorama da crisi, le mafie sono pronte a metterci denaro liquido. E a fare buoni affari.

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