Cura Di Bella, malati ancora in coda e il conto lo paga la sanità pubblica

Cura Di Bella, malati ancora in coda e il conto lo paga la sanità pubblica
di Maria Pirro
Lunedì 20 Gennaio 2014, 08:13 - Ultimo agg. 15:52
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Ricordate la cura Di Bella, nel 1998 bocciata senz’appello? Come una calamita potente, continua ad attrarre pazienti: a volte delusi dai risultati delle terapie tradizionali, altre volte spaventati dagli effetti della chemio.



A distanza di 15 anni dalla sperimentazione, gli ammalati sono ancora in coda davanti allo studio del professore dell’ultima speranza. E affollano pure le aule dei tribunali: in prima linea nella battaglia tra scienza e coscienza, con esiti persino più paradossali ed eterogenei di quelli segnalati di recente per il metodo Stamina. S’incrociano storie diverse, che attraversano l’Italia, a giudicare dai racconti e dai dati diffusi da Giuseppe Di Bella, medico al lavoro nel nome del padre: dal 1998 a oggi soltanto i pazienti curati per sentenza sono oltre duemila che hanno avuto concesso questo metodo su ricorso presentato alla magistratura. In questo caso, curati a spese dello Stato.



+++Sul Mattino in edicola leggi anche l'intervista al figlio del fondatore, Giuseppe Di Bella, e all'oncologo Cesare Gridelli che partecipò alla sperimentazione



Trattamenti gratuiti ottenuti in prima istanza e, spesso, bloccati nelle fasi successive del procedimento giudiziario. Com’è accaduto a Flora Nardelli, milanese, che a 50 anni si fa comprare le medicine dalla mamma anziana. Il suo lunghissimo calvario comincia nel 2000, quando si trasferisce a Bologna. «Ho dolore al braccio, vado di continuo al pronto soccorso». Più di dieci radiografie, poi la Tac. La diagnosi: mieloma multiplo. Un tumore del sangue. Segue la radioterapia, nel 2001, e il trapianto autologo, nel 2002. «Ma non ritrovo nemmeno la forza di alzare una pentola. E la pet, nel 2006, evidenzia un cancro al polmone, quindi l’operazione che riesce alla perfezione. Resta da sconfiggere il mieloma». Aggiunge: «È un otorino di una struttura pubblica che mi consiglia di tentare una cura alternativa. In assenza di una risposta dal reparto di ematologia dell’ospedale, fisso l’appuntamento allo studio Di Bella e, nel giro di 15 giorni, inizio la terapia chiedendo un prestito di 40mila euro a mia sorella. Solo di medicine, spendo dai 5000 ai 6000 euro al mese».



Costi insostenibili per Flora Nardelli, ex commessa che fa i conti con una pensione minima. «La fortuna è che, presentando ricorso in tribunale, ottengo un rimborso di 33mila euro, oltre alla garanzia della terapia. Tutto procede bene, fino a 6 mesi fa, quando mi viene sospesa la cura gratuita». Lo dispone, per l’appunto, la sentenza d’appello, questa volta su istanza presentata dall’azienda sanitaria locale. L’ultima parola spetta alla Cassazione. «Il problema è che i giudici si sono convinti che io sia guarita con la cura tradizionale, ma non posso interrompere il metodo Di Bella. Quindi sto pagando di nuovo di tasca mia le medicine: 2000-2500 euro al mese, familiari e amici ogni tanto fanno una colletta per consentirmi di continuare a prendere la somatostatina. Ho paura di non farcela». Racconta Nardelli che «al danno si aggiunge la beffa. Dovrei restituire l’intera somma percepita in questi anni per il metodo di Bella. Oltre 100mila euro». La donna dallo sguardo mite tenta questa semplice difesa: «Abito in una casa comunale, ma devo anche mangiare e pagare le bollette».



Anche Barbara Bartorelli, 41 anni, vive in provincia di Bologna. Fa la commessa e ha due figlie. Parla della malattia al passato: «Nel 2003 ho avuto un linfoma di Hodgkin. Ho seguito la chemioterapia, 12 sedute. Dopo 3 mesi la recidiva, dal secondo al terzo stadio della patologia. E la proposta di un trapianto di cellule staminali combinato con un altro ciclo di chemio più aggressivo. Ho rifiutato, piuttosto mi sarei lasciata morire. Nel 2004 ho iniziato la terapia Di Bella, conclusa dopo due anni e mezzo. Per i primi 8 mesi ho pagato il trattamento: 15mila euro, in totale. Con la regressione del tumore, ho presentato istanza in tribunale ottenendo gratis i farmaci, ma poi sono stata condannata a rimborsare l’Asl. 41.178,49 euro da restituire». Sospira: «Almeno sono guarita».



L’oncologo Antonio Giordano afferma: «Una regressione tumorale è possibile per effetto dei singoli farmaci che compongono il protocollo Di Bella, usati da tempo nelle cure tradizionali. Per dimostrare il successo del metodo, occorre avere un campione statistico rilevante. Ma andrebbero monitorati di più e meglio anche quei trattamenti aggressivi quanto inefficaci che vengono prescritti in ospedale. Di Luigi Di Bella resta un insegnamento di grande umanità nel rapporto medico paziente».



Annuisce Bruno Zanella, 68 anni, programmatore informatico: è di Fregona, provincia di Treviso. Di mattina, se non lavora al pc, adora passeggiare e di notte, durante la terapia, dorme come un ghiro. «Un piacevole effetto dovuto anche alla melatonina». Dice: «Quattro anni fa ho scoperto di avere un carcinoma alla prostata, senza metastasi. Ho sentito i guru di Milano e Verona: uno mi ha consigliato l'intervento chirurgico, un altro mi suggerito di tentare prima una cura ormonale fatta per 6 mesi in attesa di decidere tra chirurgia o radioterapia. Ma io ricordavo con emozione la vicenda Di Bella e ho preferito affidarmi a quel metodo che tra l'altro alcuni farmaci in comune con l'altra terapia proposta». Costi sostenuti senza mai presentare il conto allo Stato: «120 euro per la prima visita, ma per i controlli, allo studio in via Marconi a Bologna, chi se lo può permettere fa una offerta. Decisamente più alte le spese per i farmaci: 800 euro al mese, in principio e, e 350 euro, con i dosaggi ridotti a distanza di 6 mesi dalle prime verifiche e con una remissione completa del tumore».



Questa la terapia, rivista il 3 ottobre scorso, che segue un’altra ammalata, colpita da tumore al seno, che, dopo la diagnosi, ha subito scartato l'ipotesi chemioterapia, optando per il metodo Di Bella: «Retinoidi e melatonina 50 mg una volta al giorno, somatostatina 3 volte la settimana. Sandostatina Lar 20 mg ogni 28 giorni». E altri farmaci ancora. In questo caso i costi sono sostenuti dal sistema sanitario. Per effetto un dispositivo del Tribunale che il 27 ottobre 2011 ha ordinato alla Asl di Bari di «somministrare gratuitamente in favore della ricorrente il multitrattamento Di Bella così come prescritto nella certificazione medica».



Tra gli ammalati, c’è chi paga la terapia e chi no. L’avvocato modenese Maria Cristina Bergamini chiarisce il perché: «Una pronuncia della Corte Costituzionale, depositata nel 2003, sgancia la cura Di Bella dai precedenti decreti sulla sperimentazione dichiarata fallita. In pratica il protocollo terapeutico può essere somministrato alla pari di qualsiasi altro tipo di trattamento clinico, se il paziente dimostra i benefici ottenuti con quei farmaci, presentando specifica documentazione alla magistratura». Questo in base a una norma del 1996 che, interpretata secondo i dettami dall’articolo 32 della Costituzione, consente, «qualora non esista valida alternativa terapeutica, l’erogazione, a totale carico del servizio sanitario nazionale, dei medicinali da impiegare per una indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata dal prontuario». Ma, sul punto, prevalgono interpretazioni diverse: «Nonostante la chiara ordinanza della Consulta».



Il legale racconta la sua esperienza diretta: accade che, «quando vinco le cause in primo grado, le perdo in appello, poiché in quella sede prevale la convinzione che la cura Di Bella è già stata dichiarata fallita e inutile. Questo può comportare che gli ammalati, che hanno percepito le cure gratuite in base alla pronuncia in primo grado, debbano risarcire il servizio sanitario, ripagando l’intero ciclo di cura». Un’ipotesi che sembra, però, non frenare le istanze. Giudici in aula, scena che si ripete, confida l’avvocato: «Spesso, quando aprono il fascicolo con la richiesta, non riescono a trattenere un sospiro e un palese disappunto: “Ancora Di Bella?"».



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