Assegno disoccupazione, indennità
più pesante e estesa per le partite Iva

Disoccupazione, indennità più pesante e estesa agli autonomi
Disoccupazione, indennità più pesante e estesa agli autonomi
di Michele Di Branco
Venerdì 2 Luglio 2021, 21:48 - Ultimo agg. 4 Luglio, 10:25
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Un assegno di disoccupazione universale, capace di coprire anche gli autonomi, in grado di estendere le tutele ad una platea potenziale di 4 milioni di lavoratori attualmente esclusi. Il governo accelera sulla riforma degli ammortizzatori sociali. «Il provvedimento sarà pronto fra qualche settimana» ha spiegato il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, confermando che il pacchetto di norme che il suo dicastero, di concerto con il Mef, sta mettendo a punto sarà messo nero su bianco entro la fine di luglio. Anche Palazzo Chigi vuole accelerare. Con la fine del blocco dei licenziamenti (nonostante le eccezioni per determinati settori), in molti rischiano il posto ed occorre mettere mano al sistema delle tutele. Che è decisamente frammentario.

Assegno disoccupazione, la lista

In cima alla lista delle priorità, come detto, c’è la necessità di potenziare l’assegno di disoccupazione, leggasi Naspi, introdotta alcun anni fa per offrire un paracadute, in attesa di ritrovare una collocazione, a chi viene licenziato senza colpa. Il ministro Orlando punta a farne uno dei capisaldi del welfare italiano riformando lo strumento ed estendendone l’efficacia. 
L’idea che sta prendendo quota, innanzitutto, è trovare il meccanismo per garantire la Naspi anche ai lavoratori autonomi ed alle partite Iva che oggi non lo percepiscono. È vero che da luglio parte di questo segmento lavorativo incasserà l’indennità Iscro, il nuovo ammortizzatore sociale, gestito dall’Inps, per le partite Iva introdotto in via sperimentale fino al 2023.

Ma la sua efficacia è piuttosto limitata e l’indennità è alquanto ridotta visto che l’assegno (mai superiore al 25% della media delle retribuzioni percepite nell’ultimo semestre) può andare da 250 fino ad un massimo di 800 euro al mese. Insomma, in prospettiva occorre qualcosa di più concreto. E la Naspi appare come lo strumento più adatto. 

IDENTIKIT

Per averne diritto, norme alla mano, i lavoratori subordinati devono aver maturato contributi per 13 settimane nell’arco dei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione e devono poter vantare almeno 30 giorni di contribuzione da lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti l’inizio della disoccupazione. L’importo è pari al 75% della retribuzione mensile di riferimento se questa non supera l’importo stabilito per legge pari a 1.227 euro mensili, maggiorato del 25% della differenza tra la retribuzione mensile e quel tetto. L’importo massimo erogabile, per il 2021, è di 1.335 euro.

L’assegno può essere erogato fino ad un massimo di 24 mesi ed a partire dal quarto mese il trattamento viene ridotto del 3% ogni mese. Con il risultato che, a fine corsa, l’assegno viene decurtato oltre il 50% rispetto al suo valore iniziale. Ebbene, i tecnici del governo, oltre ad una estensione al mondo degli autonomi, punta ad un miglioramento mirato dell’assegno. In particolare, il taglio del trattamento partirebbe più tardi, non più dal quarto mese ma almeno dal settimo e la decurtazione non potrebbe comunque superare il 40%. Non solo: nei piani ci sarebbe anche un allungamento da 24 a 36 mesi della durata per gli over 55. Vale a dire quella categoria di lavoratori non più giovanissimi, ancora lontani dalla pensione e più in difficoltà nella ricerca di una nuova occupazione. Questo schema di azione governativo, ovviamente, deve fare i conti con le disponibilità finanziarie. Con il ridimensionamento del cashback, 1,5 miliardi di euro sono stati dirottati sul dossier degli ammortizzatori sociali aumentando la dotazione economica. Ma per realizzare una riforma davvero incisiva, che lasci un segno tangibile, serviranno almeno 8-10 miliardi di euro: mercoledì Orlando ne parlerà con il titolare dell’Economia Franco.

IL DATO

Nel menu, la carne da mettere al fuoco è davvero molta. Nei piani del ministro del Lavoro figura tra l’altro anche un cambiamento della cassa integrazione. Quella in deroga scomparirà lasciando sulla scena Cig ordinaria e straordinaria. E si punta ad abbassare la quota dei dipendenti in azienda necessaria (attualmente 15) per far scattare la cassa. Si potrebbe scendere fino a 5. Ma, fa ancora notare chi lavora sul dossier, questo dipenderà dalle risorse a disposizione e dal livello di coinvolgimento delle imprese. Quanto alle politiche attive, la riforma metterà nel mirino i centri per l’impiego che, all’interno dell’operazione Reddito di Cittadinanza, hanno mostrato limiti organizzativi e strutturali irriducibili.
 

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